"C'era una volta a .... Hollywood": le vostre analisi!
02/12/2021
Durante il workshop dedicato all'analisi del film di Quentin Tarantino abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi di "C'era una volta a ... Hollywood": ecco i lavori che hano meritato la pubblicazione!

“You are a good friend” “I try”
di Giulia Pugliese

Gigi Marzullo: “La vita è sempre più bella di un bel film?” Woody Allen: ”No, anche un brutto film è migliore della vita” 

Tarantino fa un film su “i bei tempi andati” (per citare una frase di Sharon Tate-Margot Robbie) di Hollywood, che sono già compromessi dalla televisione e dal mondo che cambia. Il film è soprattutto un tributo a tutto quel cinema che è fuori dai riflettori, ai lavoratori del cinema che stanno dietro le quinte e fanno grande il cinema. Oltre che una bellissima storia di amicizia maschile. 

“C’era una volta a Hollywood” è un tributo ad un'epoca travagliata di Hollywood, ma la fine degli anni ’60 è la fine di tante cose: della Summer of love, della Hollywood classica e della società fatta di imperativi morali; il mondo non sarà più quello di prima e neanche Hollywood. 

Due storie si intrecciano quella dei Polanski, belli, cool, che vanno a tutte le feste di quelli giusti, che fanno il vero cinema e quella di Rick Dalton, un attore in declino costretto controvoglia ad andare a girare gli spaghetti western a Roma. La storia si mescola con la narrazione, il falso con il vero, l’alto con il basso e il film rispecchia fedelmente la confusione dei tempi di ieri e di oggi. 
È una regia molto stratificata che costruisce scena per scena e ci regala veri spettacoli tecnici come la scena al ranch. Tarantino rigira brutte scene di serie tv banali con sapienza, quando Rick Dalton-Leonardo Di Caprio va a girare il pilota di una serie western, Tarantino non si limita al campo e al controcampo nella scena del dialogo, ma gira intorno all’altro personaggio per inquadrare Rick Dalton-Leonardo Di Caprio, come a dimostrare che anche quello che è “brutto” può essere fatto bene.
La scena di Sharon Tate-Margot Robbie che va al cinema è un vero tributo alla sala cinematografica, ma anche alla bellezza del cinema di per sé. All’inizio la diva non viene riconosciuta, ed è come se lei stessa trasmessa fosse diversa da quella della realtà, come se le due fossero effettivamente due persone diverse. Quello che è sullo schermo è diverso e migliore da quello che è fuori dallo schermo. Bellissime sono le scene al tramonto dei protagonisti che tornano alle loro case. Ci sono moltissime scene in macchina e per certi versi “C’era una volta a Hollywood” è un road movie, perché i protagonisti si muovono sempre e intraprendono un viaggio (anche interiore), ma rimanendo per lo più a Hollywood. 

Il rapporto tra Rick Dalton e Cliff è un pezzo importante della storia, il rapporto non si limita a subalterno e a capo. Cliff c’è sempre per Rick, lo consiglia, lo aiuta a migliorarsi, quando Rick gli dice che non può più tenerlo a lavorare da lui, è lo stesso Cliff che gli dice che è un buon piano. Cliff più che un amico, è una specie di angelo custode. Lo stuntman non sembra mai preoccuparsi o lamentarsi della sua vita: nonostante viva in una roulotte con il suo cane Brandy, lei stessa una specie di stuntman canino, la gente pensi che abbia ucciso la moglie e praticamente non lavora più. Cliff forse è semplicemente contento di far parte di quel mondo fatto di lustrini, sogni e di contribuirne almeno un poco. Tarantino ci vuole raccontare che il mondo del cinema è anche fatto  da una gran parte di persone che non stanno sotto i riflettori e che lavorano duro per portare a casa il risultato, la pagnotta, lo fanno con dedizione e passione.
Il divo Rick Dalton invece sembra essere perennemente insoddisfatto, è autodistruttivo e piagnucolone. La terza protagonista è l'adorabile Sharon Tate che sembra volteggiare leggera verso un futuro radioso come se la cosa non la toccasse più di tanto; come se in fondo essere toccata dal divismo di Hollywood poi non le importasse. Lei dolce ragazza del Texas che chiama i film porno film sporchi, che fa salire gli autostoppisti sulla sua macchina, che è sempre gentile e sorridente con tutti. Diva quasi inconsapevole di essere tale. 

Poi c’è un altro livello d’analisi: se Cliff che vive in una roulotte, fa piccoli lavoretti, vive alla giornata rappresenta i b-movie e tutto quel cinema che non sta sotto i riflettori, e quindi Rick Dalton rappresenta invece la grande Hollywood che però è arrivata al capolinea, che non ha più niente da dire, che si lamenta che tutto va male e che cerca l’impossibile; quindi l’Europa e l’estero sono la novità e un possibilità di rinnovamento per il cinema di oggi e di ieri (se negli anni ’60 erano gli spaghetti western e Polanski, oggi potrebbe essere il cinema coreano di Bong Joon Ho, che sbanca la notte degli Oscar del 2019). Forse nuovamente l’industria cinematografica cambia e sta cambiando come succedeva negli anni ’60 e con essa il mondo (vedi alla voce pandemia mondiale). 

Ma sarà sempre la finzione, lo splatter e il pulp a salvare tutto, o forse chi ha meno da perdere, chi in fondo, a suo malgrado, si ritrova a fare sempre il lavoro sporco: la principessa Sharon Tate si salva e Rick potrà entrare nella cerchia dei Polanski. La favola ha il suo lieto fine. Sarebbe bello se fosse davvero andata così. 

C'era una volta a Hollywood Roman Polanski: un cortocircuito tra due dei più importanti autori contemporanei
di Alessandro B.

Nel suo nono film Quentin Tarantino continua il progetto avviato con Inglourious Basterds (2009) e proseguito con Django Unchained (2012) in quella che è stata definita la trilogia del revisionismo storico.
Si parte da un periodo storico ben definito e ricostruito minuziosamente, con tanto di date e didascalie, e poi si combinano personaggi realmente esistiti (addirittura Adolf Hitler e tutto lo stato maggiore nazista nel primo film) con altri frutto della sua fantasia di sceneggiatore. Il cinema riesce a rileggere la storia, la cambia con situazioni impreviste ed il finale viene totalmente riscritto dal regista, in modo che gli innocenti riescano a salvarsi o ad ottenere una rivincita sui cattivi di turno. In Inglourious Basterds la protagonista ebrea, si dà fuoco facendo strage di nazisti e non è un caso che tutto avvenga all'interno di un cinema, grazie ad una montagna di pellicola. In Django Unchained è l'intera popolazione afroamericana ad avere la propria rivincita dopo secoli di sfruttamento e razzismo, grazie ad un film. In C'era una volta a ...Hollywood (2019) Tarantino ci porta nella Los Angeles di fine anni Sessanta ed affida il ruolo dell'eroe risolutore ad una delle figure più marginali di tutto il mondo del cinema, una controfigura. Non sorprende in questo contesto vedere apparire nel film uno dei più importanti registi contemporanei.
Il personaggio di Roman Polanski, interpretato dall'attore Rafal Zawierucha compare solo in alcune brevi sequenze iniziali, ma gli avvenimenti descritti fanno tornare alla memoria una terrificante pagina della sua vita. La sua biografia è ben nota, qui riassumiamo brevemente i passaggi che lo portano nel 1969, a 36 anni, a trasferirsi ad Hollywood come uno dei registi più promettenti della sua generazione, nelle parole di Rick Dalton/Leonardo DiCaprio: "The director of Rosemary's fucking Baby, the hottest director in town right now, probably the world."
Roman Polanski nasce a Parigi nel 1933 da una coppia di ebrei polacchi. I suoi genitori prendono la sciagurata decisione di rientrare in patria alla vigilia della guerra e dell'occupazione nazista. Il piccolo Roman cresce nel ghetto di Cracovia; prima della liquidazione finale il padre riesce a salvarlo affidandolo ad una famiglia di contadini cattolici; la madre morirà nel campo di Auschwitz, mentre il padre riuscirà a sopravvivere in quello di Mauthausen. ma i rapporti col figlio non saranno mai più sereni. Queste tragiche esperienze sono evidenti nel suo film più personale, Il pianista (2002) e anche nel più convenzionale Oliver Twist (2005). Nel dopoguerra Roman è un ragazzo intraprendente ed estroverso, che ha saltato molti anni di scuola e che decide di tentare una carriera da artista. A sorpresa viene ammesso nella prestigiosa Scuola di Cinema di ĹódĹş, dove si diploma nel 1959. Dopo il folgorante esordio come regista con Il coltello nell'acqua (1962) riesce a lasciare la Polonia ed inizia la sua carriera internazionale, tra Francia e Gran Bretagna. Dalla fruttuosa collaborazione con lo sceneggiatore francese Gérard Brach avranno origine  Repulsion (1965), Cul-de-sac (1966) e Per favore non mordermi sul collo (1967), una parodia dei film di vampiri. Sul set di questo film conoscerà la bellissima Sharon Tate. La coppia si sposerà a Londra l'anno successivo prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove Polanski girerà uno dei suoi film più noti e di maggior successo: Rosemary's Baby (1968).

Quanto avvenuto nella notte tra l'8 ed il 9 agosto 1969 al 10050 di Cielo Drive è stato ricostruito in dettaglio in decine di articoli ed interi libri ancora reperibili ad oltre 50 anni di distanza. Per descrivere quel periodo utilizziamo le parole dello stesso Polanski nel lungo documentario-intervista con l'amico e produttore Andrew Braunsberg - Roman Polanski: A FILM MEMOIR (2011). [mia trascrizione]

RP - A un certo punto Sharon rimase incinta. Era qualcosa completamente nuovo per me. Avere un figlio, per quella che era stata la mia vita fino a quel momento, era inconcepibile. Mia madre era incinta quando la portarono ad Auschwitz. Mettere incinta una donna era una catastrofe in quel periodo e io ero cresciuto con questa idea. Ma all'improvviso mi resi conto che tutti intorno a me facevano figli e che quindi anch'io potevo averne uno e potevo avere una vita normale.
AB - Prima della sua gravidanza eri diventato una superstar. Rosemary's Baby cambiò completamente il corso della tua carriera, perché prima di tutto ebbe un enorme successo e poi fu realizzato negli Stati Uniti, a Hollywood. Eravate sotto i riflettori. Eravate diventati una coppia di successo e devo dire anche molto amata. Mi ricordo che trovaste questa bellissima casa in Sierra Drive.
RP - La vita in quegli anni era idilliaca, era l'inizio della "liberazione totale", compresa quella sessuale. La gente si sentiva libera. C'era tanta gioia, ci si divertiva...
AB - Nessuno chiudeva le porte a chiave, sembrava un sogno.
RP - Era troppo bello per essere vero.
AB - Stavamo scrivendo una sceneggiatura a Londra...
RP- Sharon e io volevamo che nostro figlio nascesse in America. Sharon era quasi al termine della gravidanza, era oltre l'ottavo mese e non poteva prendere l'aereo. Così decidemmo che avrebbe viaggiato sulla Queen Elizabeth, una nave fantastica. La accompagnai a bordo prima della partenza. Ricordo che, quando ci salutammo, ebbi una strana sensazione perché era tutto molto triste. sarei dovuto partire con lei, non mi sentivo per niente tranquillo. Ricordo che mentre ci salutavamo ebbi il presentimento che forse non l'avrei più rivista. Quel presentimento non avrebbe significato niente se l'avessi rivista. L'avrei dimenticato, non sono superstizioso. ma poiché quella fu l'ultima volta che la vidi, me lo ricordo.
AB - Ricordo dove ero seduto, vicino al telefono, risposi ed era Bill Tenant, il tuo agente. Pensai "È' l'alba a Hollywood" Capii subito che era successo qualcosa di terribile, mi disse "Sono morti, sono tutti morti" a sentire quelle parole mi si gelò il sangue e ti passai il telefono con una grande apprensione e ansia, perchè sapevo di chi stava parlando: si trattava di Sharon.
RP - Vidi che mi passavi il telefono e pensai che fosse accaduto qualcosa di terribile, tipo che avessero annullato il film. Appena lui me lo disse, pensai che fosse stata una frana. ricordi come era posizionata la casa? proprio dietro il parcheggio c'era una collina. pensai che la collina fosse franata quando mi disse che erano tutti morti.
AB - Ma con tutti i traumi che hai avuto nella tua vita, che sono stati incredibili...
RP - Questa è stata la più grande tragedia, non c'è alcun dubbio. Mi è crollato il mondo addosso.
AB - Non ha cambiato solo la tua vita, la stessa Hollywood cambiò quella notte. quando arrivammo a Los Angeles, era un posto diverso. "Chiuditi a chiave, porta una pistola, non ti fidare di nessuno." I nostri amici erano i sospettati numero uno.
RP - Avevamo tantissimi amici, molti di loro vennero al funerale, ma avevano paura. Eravamo alla follia. Io volevo andare a casa. Volevo assolutamente vedere cosa fosse successo, cosa ci fosse lì, per capire. Era rimasto tutto com'era, c'era ancora il sangue. E c'era PIG scritto con il sangue sulla porta. la polizia brancolava nel buio. c'erano tanti indizi, ma niente che si avvicinasse alla verità.
AB - Tu collaborasti con la polizia...
RP - Ero convinto che fosse stato qualcuno del nostro ambiente. Non riuscivo a credere che ci fossero delle persone che lo avessero fatto per il gusto di uccidere. Impiegarono un sacco di tempo per arrivare a Manson.
AB - Qual era la ragione per cui avevano preso di mira la vostra casa?
RP - Prima ci abitava Terry Melcher. Manson voleva diventare un musicista. Compose dei pezzi e li fece ascoltare a Terry, nel periodo in cui abitava lì. Credo che glieli bocciò e Manson deve essersi sentito umiliato e desideroso di vendetta, così quando mandò quelle persone, le mandò proprio in quella casa.
AB- Quindi è stato solo un terribile colpo di sfortuna, aver affittato la casa sbagliata. non ti sei più ripreso da allora, hai imparato a conviverci.
RP - Mi ci è voluto moltissimo tempo, non sono più stato me stesso per anni...

Al momento della presentazione al Festival di Cannes Quentin Tarantino ha spiegato di non avere mai contattato Roman Polanski durante la scrittura e la realizzazione del film, sostenendo che quegli avvenimenti vanno considerati ormai di importanza storica, al di là della tragedia personale, che qualsiasi tipo di contatto avrebbe potuto influenzarlo negativamente e che comunque non aveva intenzione di chiedere alcun permesso. Sembra invece che Polanski si sia interessato al progetto mostrandosi semplicemente curioso e non arrabbiato e che un suo amico abbia potuto leggere la sceneggiatura, per dimostrargli che non conteneva nulla di cui temere.
L'ultima tessera di questo cortocircuito riguarda il libro che Margot Robbie passa a ritirare prima di andare al cinema: si tratta di Tess dei d'Uberville (1891) di Thomas Hardy, la drammatica storia di una ragazza che deve combattere contro le convenzioni sociali nell'Inghilterra di fine Ottocento. Sharon Tate voleva effettivamente farlo leggere al marito per un possibile adattamento ed era interessata al ruolo di protagonista, che sarà invece ricoperto da Nastassja Kinski quando Polanski girerà Tess dieci anni dopo, nel 1979.

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