Se a vini pregiati, bevande gustose e drink ricercati, preferite un, comunque delizioso, bicchiere d’acqua fresca, magari bevuto tutto d’un fiato in un caldo pomeriggio d’estate, Chiamatemi Anna è quello che fa per voi.
Anne with an E, questo il titolo originale, è una serie tv canadese targata Netflix, giunta ormai alla terza stagione (già disponibile sul sito streaming), ma forse i bambini cresciuti negli anni ’90 ricorderanno il famoso cartone animato giapponese Anna dai capelli rossi, andato in onda su Italia 1.
Nelle prime due stagioni facciamo la conoscenza di Anna Shirley, una ragazzina di origine scozzese emigrata in Canada con i genitori, Walter e Bertha: purtroppo, a seguito di una grave malattia, i due muoiono, lasciando la bimba senza parenti. Anna, allora, viene affidata alla vicina di casa, la povera signora Thomas, il cui marito alcolizzato morirà ubriaco, investito da un treno. Dopo una rapida permanenza presso la misera casa della signora Hammond, la giovane viene affidata all’orfanotrofio di Hopetown. Lì passa un periodo terribile, dove Anna verrà vessata per la sua fervida immaginazione e trattata come una serva, senza nessun rispetto per la sua condizione di bambina.
Anna viene poi affidata, per un fortuito errore, agli onesti fratelli Marilla e Matthew Cuthbert, proprietari della fattoria Green Gables. Dopo un primo momento di scoperta, non privo di tensioni, nascerà tra loro un rapporto fortissimo e solido che porterà all’adozione legale della piccola Anna da parte dei Cuthbert, ormai divenuti inseparabili.
In questa terza stagione troviamo così una Anna cresciuta e sempre più consapevole di sè, tanto da sentire l’esigenza di scoprire le sue origini. Infatti Anna affronterà il suo demone peggiore, andando all’orfanotrofio di Charlottetown, luogo di maltrattamenti fisici e spirituali per lei, pur di conoscere la sua storia.

Sono molti e delicati i temi affrontati in questa terza stagione: oltre la crescita personale di Anna, si parla anche di quella dei suoi amici più stretti, come l’amica del cuore Diana, a sua volta alle prese con la scoperta di se stessa a fronte di una famiglia che la vuole sposata e basta. Viene riservato anche uno spazio alla questione “razzismo” con i problemi dell’amico di colore di Gilbert, Bash, e la terribile sorte dei bimbi indiani rinchiusi nelle scuole cattoliche per “educarli” (fatto, purtroppo, realmente accaduto).
Una puntata è dedicata alla questione dell’emancipazione femminile: Anna scriverà di nascosto un numero speciale del giornalino di Avonlia, reclamando l’indipendenza delle donne sia fisica che morale, suscitando non poco sdegno e sgomento in tutta la comunità.
Nonostante sia cresciuta, però, Anna è sempre la stessa. Una sognatrice dalla forte personalità, vigorosa e dal carattere deciso, che si distingue fortemente dalle meschinità e bassezze delle persone del mondo. Sempre pronta a difendere gli altri, dall’amica Josie, vittima di una molestia da parte del suo promesso Billy, alla piccola indiana discriminata perché tale.
E finalmente, dopo mille incomprensioni e incertezze, arriverà anche l’amore per Gilbert Blyte. Ma attenzione a non confondere Gilbert con un amato qualunque; anche il suo personaggio, infatti, subirà profonde evoluzioni. Per tutte e tre le stagioni riconosciamo in lui l’anima gemella di Anna, un ragazzo che si spende per gli altri e che studia per diventare medico.
Gli attori sono bravi e giovanissimi (sono tutti nati nei primi anni del 2000); Anna, inoltre, non è una bellezza canonica e, seppur abitiamo nel secolo che ha sdoganato il concetto di bellezza unilaterale dovuto agli antichi canoni maschili, la bravissima Amy Beth McNulty, scelta tra moltissime candidate, lo sa e non se si sforza di esserlo artificialmente, proprio come il suo personaggio.
Chi, osservando il trailer, ritenga che questa sia una serie stile La casa nella prateria è in forte errore. Infatti, rispetto a tanti show che si interrogano sulle conseguenze tecnologiche e ambientali del nostro tempo (pensiamo a Black Mirror per esempio), Chiamatemi Anna è davvero una boccata di aria fresca, pulita, necessaria.
Una fotografia curata nei minimi dettagli, con i meravigliosi paesaggi dell’Isola di Edoardo (sulla sponda est del Canada, dove è ambientata la serie), che si intrecciano ai sentimenti di Anna. La finestra della camera in cui lei sogna con i suoi lunghi e brillanti capelli rossi sembra una favola. E nella serie si riscontrano quei valori universali che in qualsiasi epoca saranno eterni. Come quando la comunità si stringe al capezzale della povera Mary, moglie di Bash a cui rimangono pochi giorni di vita, e ognuno si adopera per aiutare la famiglia e la piccola Delfine quasi orfana, come forse ancora si usa fare ormai solo nelle piccole comunità rurali del mondo.
Chiamatemi Anna è una serie tv che fa bene alla salute, da raccomandare in ogni caso e per ogni età. La capacità di stupirsi di Anna è vita: si torna alle origini ancestrali di noi esseri umani, a gioire del vento fresco in una gelida ma luminosa mattina invernale, a rimanere incantati da una semplice passeggiata nel bosco.
Anna ce lo dice chiaramente: non ha avuto niente, è stata maltrattata, ma ha gettato sempre il cuore oltre l’ostacolo e ha deciso di vedere quello che gli altri non sono più capaci di sentire. La straordinaria bellezza della normalità.

Una curiosità per concludere: anche per questa terza stagione i titoli degli episodi sono tratti da Jane Eyre, capolavoro di Charlotte Brontë che Anna legge durante i terribili anni trascorsi in orfanotrofio.
Caterina De Sanctis