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Il profondo rosso del cinema di Dario Argento tra giallo e horror
Voyeurismo, violenza, serialità dell'ossessione, ricerca iperbolica del virtuosismo stilistico, sessualità deviata. Sono alcuni degli elementi ricorrenti nell'imprescindibile (anche se diseguale) cinema di genere firmato Dario Argento.

«Susy Benner decise di perfezionare i suoi studi di balletto nella più famosa scuola europea di danza. Scelse la celebre accademia di Friburgo. Partì un giorno alle nove di mattina dall'aeroporto di New York e giunse in Germania alle 22:45 ora locale...». (Suspiria, 1977)


Figlio del produttore Salvatore, Dario Argento coltiva, fin dalla giovane età, la passione per la Settima arte e inizia a lavorare come critico cinematografico. Nel 1968 partecipa alla stesura del soggetto di C'era una volta il West insieme al regista Sergio Leone e a Bernardo Bertolucci. Grande ammiratore di Alfred Hitchcock, debutta dietro la macchina da presa con il thriller L'uccello dalle piume di cristallo (1970), che inaugura la cosiddetta “Trilogia degli animali”: seguono infatti Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio, entrambi del 1971. Dopo una pausa di stampo storico con Le cinque giornate (1973), interpretato da Adriano Celentano, Argento inaugura la svolta horror grazie a Profondo rosso (1975) con David Hemmings e la compagna Daria Nicolodi. Svolta ribadita negli anni successivi con titoli come Suspiria (1977, oggetto di un altrettanto notevole remake nel 2018 ad opera di Luca Guadagnino), Inferno (1980) e Phenomena (1985, primo ruolo da protagonista per Jennifer Connelly dopo la partecipazione a C'era una volta in America di Leone). Nel 1993 dirige Trauma, scegliendo come protagonista la figlia Asia Argento, la quale torna anche nei modestissimi La sindrome di Stendhal (1996), Il fantasma dell'Opera (1998) e La terza madre (2007). Questi i tratti essenziali di una carriera a dir poco altalenante, segnata da grandi (quando non grandissimi) film tra gli anni '70 e la prima metà degli anni '80, destinata a spegnersi mestamente nei decenni successivi, tra flop annunciati e incursioni nello scult.

Ecco la nostra classifica dei cinque migliori film di Dario Argento:

5) Inferno (1980)



L'americana Rose Elliot entra in possesso di un libro scritto da un architetto alchimista e incentrato sulle Tre Madri (Mater Suspiriorum, Mater Lacrimarum, Mater Tenebrarum), sorta di demoni che dimorano rispettivamente a Friburgo, Roma e New York. Il suo assassinio coinvolgerà nella vicenda il fratello Mark. Secondo capitolo della “Trilogia delle Madri” ispirata al Suspiria De Profundis di Thomas De Quincey, Inferno è un puro delirio visivo nel quale i passaggi logici e narrativi sono volutamente ignorati a favore di un'atmosfera cupa e angosciante. Dario Argento trascura la sceneggiatura per dedicarsi alla realizzazione di sequenze oniriche e surreali (l'orribile e assurda morte di Sacha Pitoëff) e scenografie labirintiche (i sotterranei del palazzo in cui abita Rose) e colpisce nel segno, creando un universo immaginifico morboso e ipnotico. Cast variegato e discretamente in forma; peccato per il gran finale che scade nel puro kitsch, tradendo aspettative ben più alte. Eccessiva ma coerente la colonna sonora di Keith Emerson degli Emerson, Lake & Palmer.

4) Phenomena (1985)


Svizzera. Un brutale serial killer fa strage di ragazze; l'adolescente Jennifer, arrivata dall'America per studiare in un collegio, riuscirà a smascherare l'assassino grazie ai suoi poteri telepatici (è in grado di comunicare con gli insetti) e all'aiuto dell'entomologo paralitico John McGregor. Fiabesco e orrorifico iter di formazione con più di un rimando a Suspiria (1977), Phenomena conferma la tendenza di Dario Argento a indagare sugli orrori della vecchia Europa. Il tema è affascinante, alcuni momenti sono di grande impatto visivo (la strepitosa sequenza di apertura con l'omicidio di una studentessa interpretata da Fiore Argento, figlia del regista), la riflessione su diversità e solitudine riesce a evitare stereotipi e banalizzazioni, ma l'insieme appare leggermente datato e la conclusione è appesantita da troppi finali. In ogni caso, un racconto ancora oggi spaventoso e inquietante, girato con grande maestria. Ottima fotografia di Romano Albani.

3) L'uccello dalle piume di cristallo (1970)



Sam Dalmas, scrittore americano trasferitosi a Roma per recuperare l'ispirazione, assiste al tentato assassinio di Monica Ranieri. Coinvolto nelle indagini dal commissario Morosini, metterà in pericolo la sua vita e quella della compagna Giulia. Il debutto ufficiale di Dario Argento dietro la macchina da presa è un thriller serrato e angosciante, intriso di violenza e contaminato da un umorismo beffardo che aumenta la tensione invece di stemperarla. Primo episodio della “Trilogia degli animali”, ispirato al romanzo La statua che urla di Fredric Brown, il film gode di una sceneggiatura fluida e trascinante, di una tecnica sorprendente (soprattutto nelle sequenze degli omicidi) e contribuì a lanciare il tormentone tipicamente argentiano del “particolare che sfugge”, espediente narrativo su cui si regge la vicenda. Con l'unico e non del tutto trascurabile limite di ricalcare un po' troppo le soluzioni di Mario Bava, nonostante a sua volta sia diventato il modello di riferimento per una infinita serie di mediocri epigoni. Memorabili le soggettive del serial killer che si avvicina alle prede e gli incalzanti frame dei ricordi di Dalmas. Fotografia di Vittorio Storaro, musiche di Ennio Morricone. Un piccolo classico.

2) Profondo rosso (1975)



Marc Daly, giovane pianista inglese trapiantato a Roma, è testimone dell'efferato omicidio ai danni di una sua vicina di casa, la sensitiva Helga Ulmann: ossessionato da un particolare che non riesce a ricordare, tenterà di risolvere l'enigma con l'aiuto della giornalista Gianna. Dario Argento contamina il thriller con l'horror soprannaturale e realizza uno dei suoi film migliori, teso, violento e realmente terrorizzante: la struttura narrativa procede a climax, aumentando di sequenza in sequenza il senso di angoscia e claustrofobia, e l'uso sapiente della macchina da presa (che adotta il punto di vista del protagonista) riesce a creare un'atmosfera straniante e ipnotica che, d'improvviso, precipita nell'incubo delirante di una mente malata. Tecnica da manuale e numerose sequenze da antologia (la scoperta del cadavere della Ulmann da parte di Daly, la visita di quest'ultimo nella vecchia villa abbandonata, lo sconvolgente confronto finale con l'assassino). Daria Nicolodi, impegnata in gustosi ma improbabili siparietti sessisti con David Hemmings, era all'epoca compagna di Argento. Magistrale fotografia di Luigi Kuveiller, colonna sonora cult di Giorgio Gaslini e i Goblin. Un capolavoro del genere, più volte imitato ma mai nemmeno lontanamente eguagliato.

1) Suspiria (1977)



Susy (Jessica Harper), giovane ballerina americana in trasferta a Friburgo, inizia presto a sospettare che nell'Accademia di danza dove studia c’è qualcosa di sinistro: ne avrà conferma dopo le morti di alcune compagne, scoprendo che le responsabili sono streghe. Primo capitolo della "Trilogia delle Madri", ispirata al Suspiria de Profundis di Thomas de Quincey e proseguita con Inferno (1980) e La terza madre (2007), Suspiria segna il passaggio di Dario Argento dal thriller all'horror puro. La struttura favolistica (una ragazza compie un processo di formazione e crescita affrontando il Male) è un pretesto per mettere in scena uno spiazzante e maestoso delirio visivo in cui l'immagine è inondata di colori saturi e dominata dal rosa degli ambienti e dal rosso del sangue. La protagonista si muove come in un sogno tra ambienti claustrofobici e irreali (le stanze, i corridoi, i passaggi segreti della scuola) che amplificano la dimensione allucinatoria della vicenda, diventando il simbolo di paure infantili e ancestrali. Alcuni passaggi narrativi sono un po’ frettolosi, ma è complessivamente un cult degno della sua fama, con diverse sequenze indimenticabili. Cast internazionale (Alida Valli è Miss Tanner, Joan Bennett è Madame Blanc, Udo Kier è il dottor Mandel) e disturbante colonna sonora dei Goblin. La voce narrante che introduce la vicenda è dello stesso Argento. Straordinaria fotografia di Luciano Tovoli. Assolutamente imprescindibile.
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