Accolto da grandi applausi in occasione delle due proiezioni stampa della mattinata, La La Land ha ufficialmente aperto la settantatreesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Il film di Damien Chazelle è stato poi presentato ai giornalisti in occasione della conferenza stampa cui hanno presenziato lo stesso regista e la co-protagonista Emma Stone: assente, invece, Ryan Gosling, impegnato sul set di Blade Runner 2.
Ecco il resoconto della conferenza stampa di La La Land:
Damien, La La Land è un musical che omaggia il passato ma è inserito nel presente. Perché hai deciso di confrontarti con un genere così rischioso e così poco frequentato dal cinema americano negli ultimi anni?
Credo che in questo momento storico, ora più che mai, abbiamo bisogno di speranza, di gioia e romanticismo sul grande schermo e credo che il musical sia un genere particolarmente funzionale in tal senso. Solo i film riescono a farti sentire bene in una certa maniera e solo i musical sanno farlo in modo particolare. Il cinema è il linguaggio dei nostri sogni e i film sono uno strumento di espressione in cui le emozioni possono rompere le regole della realtà.
Per molti anni si è detto che il musical è un genere che sta morendo e la cosa è strana, visto che è quello che tu dici del jazz nel film. Il jazz diventa una metafora del genere musicale che deve essere rivitalizzato e rivisto in una chiave nuova per avvicinare al genere un nuovo pubblico e mi sembra che questo sia quello che hai fatto con La La Land.
In realtà credo sia il contrario. C’è un motivo per cui la vecchia musica è senza tempo e ha a che fare con la semplicità, con la capacità di essere originali nella scrittura di una canzone, di mantenersi fedele alle emozioni che si intende trasmettere. Come giustificare il musical oggi? Tornare indietro alla tradizione gloriosa di questo genere, senza stravolgerne stilemi e linguaggio, ma valorizzando la sua universalità e farlo con passione e un pizzico di incoscienza.
Emma, come è stato per te confrontarsi con questo genere per te inedito?
Una nuova e splendida esperienza. Ho amato i musical da sempre, fin da quando ho mosso i miei primi passi su un palcoscenico a 8 anni e ho sempre sognato di far parte di un film del genere, quindi sono molto grata a Damien per avermi reso partecipe di tutto ciò.
Emma, hai un ricordo significativo dei tuoi esordi, di quando stavi cercando di diventare un’attrice? Nel film si vedono benissimo le difficoltà quotidiane di questi due ragazzi che cercano di affermarsi e quindi vorremmo sapere se anche tu hai affrontato lo stesso percorso tra frustrazioni e mancate realizzazioni.
Quando mi sono trasferita a Los Angeles a 15 anni, cercando di diventare attrice, in realtà non ho avuto molte esperienze umilianti, ma quello che ammiro maggiormente di Mia è la sua capacità di mettere in gioco se stessa anche nell’atto creativo. Io, ad esempio, non ho mai scritto nulla e mi sono messa completamente a nudo davanti al mondo come fa lei. Credo sia davvero una persona brillante e coraggiosa, forse più di quanto lo sia mai stato io.
Damien, Los Angeles è davvero una città così castrante per chi ha un sogno da coltivare e prova a realizzarlo come emerge dal tuo film?
L.A. non è una città facile in cui ambientarsi. È molto facile sentirsi soli e abbandonati quando non conosci nessuno e la città non è molto amichevole con i nuovi arrivati. In questo film ho cercato di riunire tutto ciò che amo e odio di Los Angeles: ho messo insieme tutti i clichè che spesso e volentieri mi fanno ridere di questa città come il traffico o quegli orrendi party o la cultura della celebrità. Al tempo stesso credo si tratti di una lettera d’amore per L.A, ho cercato di far emergere quella bellezza nascosta da quanto si vede in superficie. Credo ci sia molto di poetico in questa città.
È molto particolare, inoltre, il modo in cui è stata fotografata Los Angeles: le luci, i colori, una ricerca visiva decisamente ricca e profonda e si vede in ciascuna immagine.
Devo molto al nostro direttore della fotografia Linus Sandgren. Anche lui è arrivato da outsider a Los Angeles e nel modo in cui ha fotografato la città credo che si rispecchi il punto di vista di chi è arrivato in un posto a lui estraneo e per certi versi ostile, ma al tempo stesso filtrato da un occhio fresco e quasi entusiasta dei scoprire un mondo nuovo. Ha cercato di mettere in immagini quelle che sono le prime sensazioni che si possono provare quando si arriva a L.A. per la prima volta: nel bene e nel male. Il film è un sogno ambientato nel mondo reale.
Questo è il tuo secondo film incentrato sul mondo della musica: è un mondo che ti interessa in maniera particolare e perché? Quando scrivi i tuoi film li pensi come un brano musicale?
Io sono anche un musicista; ho studiato musica prima ancora di diventare un regista e quella è una parte del mio essere che sarà sempre con me, che ha segnato tutte le mie esperienze e tutto quello che ho fatto e che farò. Non scrivo i miei film come se fossero brani musicali, ma sicuramente credo che ogni immagine abbia della potenziale musicalità al suo interno, così come ogni storia. Io cerco di combinare questi due aspetti e miei due interessi.
La sequenza iniziale è davvero impressionante. Ti sei per caso ispirato al famoso video dei R.E.M, Everybody Hurts?
Sicuramente, ma quel video a sua volta è ispirato alla più bella sequenza di apertura della storia del cinema: quella di 8 ½. Ho sempre amato il lavoro di Fellini, le interpretazioni di Marcello Mastroianni e in generale il cinema italiano. La scena iniziale di La La Land è un omaggio a tutto ciò e a tutto ciò che quell’opera d’arte ha ispirato: incluso il video dei R.E.M!
Emma, questo film è un grande omaggio al cinema, ma anche un inno al romanticismo, troppo spesso considerato come qualcosa di superfluo, superato e perfino sciocco oggi giorno, non credi?
È una grande gioia far parte di tutto ciò e aver realizzato un film del genere. Io sono una persona romantica e sono stanca di chi pensa che il romanticismo e il mettere a nudo le proprie fragilità e i propri sentimenti sia segno di debolezza, qualcosa da denigrare. Spero possa essere un messaggio positivo per tutte le giovani generazioni: non abbandonare le proprie speranze, le proprie passioni e i propri sogni. Invece è necessario darsi da fare, mantenendosi romanticamente ingenui e impegnandosi a fondo per ottenere ciò che si vuole, invece che crogiolarsi in un facile cinismo e nel disincanto.
Damien, spesso hai dichiarato che questo è un progetto al quale ti sei sempre sentito legato come una specie di sogno che si realizza.
Ed è stato assolutamente così: un sogno! Unire le mie due passioni più grandi, la musica e il cinema, ancora una volta, omaggiando i grandi del passato, ma al tempo stesso cercando di creare un musical originale che non fosse semplicemente derivativo. E lavorare con questo incredibile cast credo sia il regalo più bello per qualsiasi regista.
Emma, questo è il tuo terzo film con Ryan (Crazy, Stupid Love e Gangster Squad gli altri due): come è lavorare con qualcuno che si conosce così bene professionalmente?
Lavorare con Ryan è incredibile e ogni volta è un’esperienza nuova, stupefacente e la nostra alchimia migliora di volta in volta. Siamo anche grandi amici, quindi quando lavori con qualcuno a cui sei affezionato lavori anche meglio e riesci a dare sempre il meglio di te. Ogni giorno sul set con Ryan è una nuova scoperta e, credetemi, se si vuole davvero conoscere qualcuno, il ballo è la soluzione più indicata. E Ryan è davvero un ottimo ballerino.
Nel film si alternano momenti di grande spettacolo con altri di maggiore malinconia: quest’ultimo aspetto sembra prendere il sopravvento nella seconda parte del film. Come mai hai deciso di operare questa scelta?
Nel film c’è una amarezza di fondo dall’inizio alla fine ed è una cosa voluta, perché credo che La La Land sia una specie di sogno inserito nella quotidianità, nella realtà di tutti i giorni. E tutti i nostri sogni prima o poi devono affrontare la realtà in cui viviamo e possono venire ridimensionati, smontati o realizzarsi, ma devono comunque sempre confrontarsi con la vita. E la vita è così: amara e per certi versi spietata, per questo i momenti di felicità assumono maggior valore, perché non sempre il lieto fine è dietro l’angolo, anzi non lo è quasi mai.
Tu stesso hai detto che in questo film ci sono parecchi omaggi alla tradizione cinematografica di diverse epoche del musical. Ti senti più vicino alla sensibilità e allo sguardo di uno Stanley Donen o di un musical alla Grease?
Sicuramente Stanley Donen è uno dei miei modelli di riferimento e un grande ispiratore di questo film. Direi che, per quanto mi piaccia Grease, Donen è colui ho guardato maggiormente nel girare La La Land. I suoi fluidi movimenti di macchina, la maniera in cui musica e immagini si fondono perfettamente, la capacità di sfruttare al meglio tutto il potenziale dello spettacolo cinematografico. Questo è quello che ho cercato di fare o quanto meno di omaggiare.