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Disclaimer: frammenti di una realtà inconoscibile – La recensione della serie di Alfonso Cuarón
All’81esima Mostra del cinema di Venezia si è vista quest’anno nella sua integralità Disclaimer, la serie che il regista messicano Alfonso Cuarón ha creato e girato per Apple TV+, piattaforma streaming sulla quale approderà il prossimo 11 ottobre. Si tratta di un ambiziosissimo progetto in sette puntate con cui il cineasta di Roma si è inserito nel solco della serialità per fornire un racconto muscolare e originale in cui è evidente tanto la dimensione sfacciatamente romanzesca quanto il desiderio di riflettere sui meccanismi stessi che da sempre costituiscono le pulsioni narrative. 

Il titolo fa riferimento a una clausola editoriale che porta all’esclusione di responsabilità ed è già di suo una scelta di campo molto interessante, avendo a che fare, nell’arco dei 330 minuti di durata, con uno storytelling che quella responsabilità la rimpalla e la fa saettare attraverso i personaggi, moltiplicando dettagli e punti di vista come fossero frammenti di una realtà inconoscibile e mai adeguatamente e pienamente comprensibile. 

Un portato teorico che prende le mosse dal romano di Renée Knight, uscito in Italia nel 2016 col titolo La vita perfetta ed edito da Piemme, e che Cuaron ha sottolineato lui stesso nelle note di regia: “Occhio alla narrazione e alla forma! Il loro potere può avvicinarci alla verità, ma sono anche una forte arma di manipolazione che può renderci complici servendosi dei giudizi che formuliamo e delle nostre convinzioni più profonde”.




Protagonista della serie è l’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft, interpretata con un carisma come sempre statuario e fuori dal comune da Cate Blanchett, che a una stretta distanza temporale da Tár di Todd Field torna ad affrontare il ritratto controverso di una donna alle prese con più di uno scheletro nell’armadio, confermando la volontà di sporcarsi le mani con personaggi obliqui e ombrosi, pieni di chiaroscuri e non detti. 

Quando riceve un romanzo dal titolo eloquente, The Perfect Stranger, da un autore sconosciuto inorridisce nel rendersi conto di essere lei, ora, protagonista di una storia che espone i suoi più oscuri segreti. Nel suo affannoso tentativo di scoprire la vera identità dello scrittore, è costretta a fare i conti col proprio passato prima che distrugga sia la sua vita sia i rapporti con il marito Robert (un Sacha Baron Cohen cui la macchina da presa sta addosso con alcuni traballanti zoom alla The Office, sottolineando la confusa impotenza del “maschio”) e il loro figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee).

Della trama non si può dire molto di più avendo Cuarón stesso di evitare gli spoiler, che in un racconto di questo tipo, pieno di sorprese e ribaltamenti, sono chiaramente fondamentali non solo per l’economia della storia ma anche per ciò che la serie porta avanti in termini di presa e racconto, che ha anche una cospicua, drammatica e tesissima parte italiana ambientata tra Forte dei Marmi e Pisa, luoghi cari al regista. Di sicuro i temi non mancano, a cominciare dalla frattura tra l’immagine idealizzata di sé e le pulsioni e le rimozioni che affollano le vita di esseri umani prigionieri di crudeli traiettorie del destino, ma è anche vero che la sovrabbondanza letteraria e romanzesca costringe in più di un’occasione le immagini come sempre perfette, rifinite e iper-elaborate di Cuarón ad annaspare in un profluvio di voice-over in più di un’occasione stucchevole e ridondante. 

Il cast fa a ogni modo tutti gli sforzi possibili per traghettare Disclaimer dalle parti della prestige tv comunque di altissimo livello, con un Kevin Kline tornato su livelli altissimi, e la fotografia affidata a Emmanuel Lubezki e Bruno Delbonnel tocca vette assolute in tanti tagli di luce e in più di una sequenza, confermando la perizia assoluta di questi due maestri. Da segnalare, in mezzo a qualche strizzata d’occhio a Harry Potter, di cui Cuaròn diresse il terzo capitolo, Il prigioniero di Azkaban, e all’Hellboy dell’amico Guillermo del Toro, anche un ritorno preponderante all’erotismo di Y Tu Mamá También, in particolare alla fine di questo episodio, che dimostra ancora una volta come l’autore messicano sia sempre in grado di maneggiare sequenze ad alto tasso di seduzione plasmandole e dilatandone in maniera memorabile. 

Davide Stanzione
Maximal Interjector
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