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Marcello Baretta: toccare con mano i propri sogni grazie a E.T. e alla magia del cinema analogico
È il 1982, precisamente l’11 giugno, quando Steven Spielberg regala al mondo della settima arte una delle sue pellicole più iconiche, tanto da divenire anche simbolo della sua Amblin Entertainment, oltre che fonte di numerosi omaggi, l’ultimo dei quali è sicuramente Eleven della prima stagione di Stranger Things. Tra gli spettatori incantati e profondamente segnati dalla visione di E.T. – L’extra-terrestre c’è anche Marcello Baretta, "regista pratico" che proprio grazie all’influenza di E.T. ha capito che la strada della regia sarebbe stata la sua vocazione: «Ha accompagnato tutta la mia infanzia perché credo che sia la figura che maggiormente incarna gli anni ’80, un personaggio che è riuscito a commuovere le persone come se fosse un attore vero. Ricordo che quando si usciva dal cinema si tentava in ogni modo di ricostruire il protagonista dell’opera. Io per primo credo di aver tentato di realizzare E.T. utilizzando ogni sorta di materiale: dal pongo, al das, passando per la carta pesta e al momento non mi rendevo conto che quel personaggio avrebbe segnato in maniera così forte la mia vita». Al punto che lo scorso anno è riuscito a dare vita alla sua versione dell’extra-terrestre ideato e creato da Carlo Rambaldi (per il quale l'artista italiano ha vinto l'Oscar), ricreandone il volto e riuscendo ad animarlo.




«Il mio E.T. è diverso e allo stesso tempo simile alla versione originale, ma l’obiettivo è che fosse uguale il può possibile a quello del 1982: con una sola testa ho provato a raggiungere una gamma di espressioni che magari all'epoca erano realizzate utilizzando più teste. Per esempio, le labbra possono contrarsi come quando si dà un bacio e inoltre c’è anche un occhio con pupilla dilatabile, mentre la testa ha 18 articolazioni azionate tramite 25 cavi meccanici e 2 tubi che alimentano 4 sacche pneumatiche per far pulsare le tempie». Baretta passa poi alla descrizione dettagliata della creazione della sua opera: «È stato realizzato in più fasi, che hanno richesto diversi anni di lavorazione. I meccanismi, ad esempio, li ho iniziati nel 2013 e la meccanica è diversa da quella dell’originale. La modellazione è stata realizzata nel 2017 e ho utilizzato la plastilina, mentre l’originale è in creta, mentre per gli stampi ho utilizzato calchi in vetroresina e uno stampo in silicone. Un’ulteriore differenza riguarda la struttura che sostiene la pelle e i meccanismi, che in originale era costituita da fibra di vetro mischiata a resina, mentre nel mio caso si tratta di smoothcast». Parlando della fase di realizzazione, il regista non dimentica di ringraziare Chiara Mariani: «Ho collaborato con lei per la fase di calco, in quanto esperta di effetti speciali e direttrice di Midian Lab».




La testa di E.T. è stata utilizzata per scopi didattici – Baretta la utilizza anche nelle masterclass sugli effetti speciali – ma soprattutto per un esperimento svolto con dei bambini, volto a mostrare il fascino che il cinema pratico può ancora esercitare sugli spettatori, anche sui più giovani, abituati a un immaginario ormai totalmente digitale. I piccoli – di età compresa tra i 6 e gli 8 anni – sono stati invitati dentro a una sala cinematografica e, come ha raccontato Baretta, «per alcuni di loro si trattava di un’esperienza inedita».  La testa di E.T. è stata poi presentata ai bimbi: «Volevo che vedessero i cavi, che non c’era alcun corpo, e sembravano essere in crisi perché lui ai loro occhi sembrava reale, ma allo stesso tempo non lo era, provocando confusione». Interessante, inoltre, la richiesta fatta dal regista agli animatori presenti: «Volevo che E.T. reagisse come uno specchio delle emozioni provate dai bambini perché desideravo creare empatia e alla fine quel che è prevalso è stata l’emozione: c’è chi ha pianto, chi ha riso, ch si è spaventato, ma nessuno voleva lasciare il set perché erano meravigliati. Era come se fossero entrati nel film, ma non è ciò che vorremmo tutti?»



 
«La missione di Go Practical», brand fondato dallo stesso Baretta, «è proprio far sì che ciò che vediamo sullo schermo possa esistere anche fuori. L’esigenza di fondare Go Prcatical è nata proprio quando mi sono reso conto che al cinema avevo smesso di meravigliarmi o di emozionarmi, in quanto mi sono accorto che esistono sempre più effetti ma sempre meno speciali». Inoltre, «Go Practical non è solo E.T. o Harry Potter, è una visione più ampia del cinema. Per me la regia è qualcosa che viene ben prima della produzione, della fotografia o della direzione dell’attore: essere regista è qualcosa di indipendente dal prodotto, è un modo di essere». In particolare l’attenzione viene posta sul regista pratico: «Si tratta di una nuova figura di regia, da non confondersi con il creatore degli effetti speciali. Potremmo definirlo come un artista che ha lo spirito dell’artigiano e che racconta storie che parlano di uomini e del loro rapporto con la tecnologia». Un esempio è The Craftsman, cortometraggio di Baretta, che «è girato senza effetti speciali e potremmo definirlo come il primo corto steampunk in Italia. Le parti animate sono state create con il teatrino delle ombre, senza utilizzare nulla di digitale: è tutto girato in controluce con pupazzi mossi tramite l’uso di bacchette, mentre la pianta meccanica è una sorta di animatronic». Conclude: «Quello che cerco sono semplicità e originalità, che sono alla base del cinema analogico di cui mi sono innamorato ed è ciò verso cui cerco di sensibilizzare le nuove generazioni».



A cura di Lorenzo Bianchi

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