Continua l'avventura online del ventiduesimo Far East Film Festival, con un martedì all'insegna della malinconia che si è comunque chiusa con una buona dosa di azione. La giornata si è aperta con il delizioso Lucky Chan-Sil, prima prova dietro la macchina da presa di Kim Cho-hee. La Chan-sil del titolo (una bravissima Gang Mal-geum) è una produttrice di film indipendenti, una donna che ha dedicato la vita al cinema e che, alla morte del regista col quale collabora da sempre, si ritrova improvvisamente senza lavoro e senza direzione. Lucky Chan-sil è un film intriso di realismo e di elementi biografici; la regista, infatti, ha prodotto diversi film per Hong Sang-soo (il cui stile ha avuto una grande influenza sul film), e descrive con ironia e amarezza la dura condizione in cui si trovano gli artisti indipendenti coreani (Chan-sil si offre di pulire la casa di un'amica attrice pur di sbarcare il lunario). Ma i momenti migliori del film sono quelli sospesi di un'atmosfera onirica, in cui la protagonista duetta con il fantasma di Leslie Cheung (rigorosamente in canottiera, come se fosse sbucato direttamente da un film di Wong Kar-wai), un po' come faceva Woody Allen con Bogart in Provaci ancora, Sam. Non manca un intreccio romantico, ma anche questa parte è gestita con delicatezza e senza melensaggini. E anche i numerosi riferimenti cinefili non stonano ma, piuttosto, aiutano a caratterizzare il mondo interiore della protagonista.
Entrambi giapponesi i film del pomeriggio. Cry è il secondo lungometraggio del ciclo dedicato al poeta del quotidiano Hirobumi Watanabe, summa degli elementi distintivi del regista: il bianco e nero saturo di Bang Woo-hyun, le musiche del fratello Yuji, il paesaggio sospeso tra campagna e industria della prefettura di Tochigi, e la presenza della nonna 102enne, recentemente scomparsa. Il film è il resoconto quasi documentaristico della settimana tipo di un allevatore di maiali, interpretato dallo stesso regista, il cui ciclo quotidiano comprende la colazione con la nonna, la cura dei suini, un pranzo al sacco, il ritorno a casa, di nuovo a cena con la nonna e una breve lettura prima di coricarsi. Il film è quasi interamente senza dialoghi, ma abbonda di suoni: il grugnito dei maiali, le sferzate del vento, le percussioni martellani di Yuji Watanabe. Il corpulento regista dona al proprio personaggio una dimensione stoica, e lo segue con inquadrature sempre più strette, a sottolineare il contrasto della sua individualità con l'ambiente che lo circonda. Musica e immagini concorrono a immergere lo spettatore in una dimensione quotidiana che, rispetto alla sua ripetitività, nasconde sempre la promessa di un evento inatteso. Il ciclo si spezza la domenica, giornata delle eccezioni: la musica si fa più dolce, le persone parlano e il protagonista si gode uno spettacolo al cinema, dove viene proiettato I'm Really Good, il film successivo di Watanabe. Cry si arricchisce così di un elemento metalinguistico e contribuisce alla costruzione di un personale universo cinematografico.
Il secondo film giapponese della giornata, My Sweet Grappa Remedies, racconta invece la quotidianità dal punto di vista di Yoshiko (Yasuko Matsuyuki), donna introversa che cura la propria malinconia scrivendo un diario e sorseggiando distillati. Le giornate sono raccontate in una sussurrante voce over dalla stessa protagonista, e i giorni sono scanditi dalle diverse scarpe e vestiti indossati dalla donna. Man mano che il film progredisce, Yoshiko si apre sempre di più, grazie alla spensieratezza di una collega e all'amore per un uomo di vent'anni più giovane. Se Yoshiko è una donna estremamente empatica, capace di commuoversi per ogni piccolo avvenimento, il film fallisce nel comunicare allo spettatore quello stesso senso di magia che la protagonista coglie nel quotidiano e la regista Akiko Ohku non riesce a evitare che il film derivi nel melenso.
Tutt'altro che quieto il film della sera, Ip Man 4: The Finale, ultimo capitolo della fortunata saga di arti marziali dedicata al leggendario maestro di kung fu. Dietro e davanti la macchina da presa tornano rispettivamente l'esperto Wilson Yip e l'attore Donnie Yen. Un'operazione dal sapore internazionale, col maestro impegnato in una trasferta a San Francisco. Alla ricerca di una buona scuola per il figlio, Ip Man rimane coinvolto nella faida tra l'associazione cinese locale e Bruce Lee (Danny Chan), accusato di globalizzare il kung fu. Ma il nemico principale è un sergente americano (Scott Adkins), determinato a dimostrare la superiorità del karate sull'arte marziale cinese. Combattimenti ben coreografati e azione continua sono il fulcro del film, ma non mancano spunti di riflessione sull'attualità: gli americani sono talmente cattivi che sembrano usciti da un cartone animato e sono rappresentati come estremamente razzisti nei confronti della comunità cinese. La testa va ovviamente a Black Lives Matter, ma anche all'ondata di pregiudizio che ha colpito la comunità cinese, vista come appestatrice. E nel film sono proprio i soprusi dei militari americani a unire la comunità locale, che ha contribuito a costruire gli Stati Uniti e vuole essere riconosciuta piuttosto che ghettizzata. Nel finale fanno capolino spezzoni dei film precedenti, a costituire un ricordo del maestro.
La giornata si è chiusa con il filippino Sunod, horror che vanta un buon comparto tecnico ma che, tristemente, manca il bersaglio nel reparto spaventi. Un peccato, perché il regista Carlo Ledesma ha qualcosa da dire sulla società filippina, in cui le persone sono costrette ad accettare lavori al minimo salariale e senza assicurazioni per garantirsi le spese mediche. Ed è bella l'idea di un call center "maledetto", in cui le persone e gli abusi di tutti i giorni fanno più paura dei fantasmi. Ma alla fine tutti i buoni spunti si perdono nella solita banale storia di possessioni, e la sensazione è quella di un prodotto che si eleva di poco dagli horror direct-to-video.
Piatto forte di oggi è il double feature serale dedicato all'assassinio del presidente Park Chung-hee, con la versione restaurata di The President's Last Bang e il recentissimo The Man Standing Next. Ma per i più cinefili l'appuntamento da non perdere è la proiezione del caleidoscopico Labyrinth of Cinema, ultima fatica del regista cult Nobuhiko Obayashi, scomparso lo scorso aprile.
Marco Lovisato