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Far East Film Festival 22 - Il racconto della quarta giornata. Tra storie d'amore complicate e nuovi autori, il cinema coreano cala un nuovo asso

La diretta one night only di I WeirDO, portata a termine dopo qualche intoppo tecnico, ha rappresentato l'evento cardine della quarta giornata di questa edizione online del Far East Film Festival. L'esordio del regista taiwanese Liao Ming-yi ha suscitato curiosità per la scelta di girare il film con un iPhone XS (e ce lo ricorda costantemente con un product placement piuttosto sfacciato) e perché racconta l'amore tra due persone afflitte da disturbo ossessivo compulsivo, germofobiche, maniache della pulizia e sempre dotate di mascherina, accessorio che fa da triste memento dell'attuale pandemia. Il regista ha talento e modelli di tutto rispetto: gioca con i formati come Dolan e con i colori primari come Park Chan-wook; ma non riesce a gestire il repentino cambio di registro del film, che passa da stramba rom-com a dramma relazionale. E il finale lascia con l'amaro in bocca e la sensazione di occasione persa, nonostante la simpatia dei protagonisti.

Una storia d'amore complicata, costante di questa prima parte di festival e anche della giornata di ieri, che si è aperta con il titolo programmatico Crazy Romance. Opera prima della coreana KIM Han-kyul, il film parla dell'amore ai tempi di WhatsApp, della difficoltà di gestire il fardello delle relazioni passate e di mantenere la lucidità in un mondo che premia la perdita dell'individualità e che vede l'ufficio come fulcro e barometro della vita personale. Il tono è leggero, con una colonna sonora jazz che accompagna le situazioni sempre più ambigue in cui si trovano due colleghi d'ufficio dalla sbronza facile e dal cuore spezzato. La buona alchimia tra i due protagonisti rende il film piacevole senza comunque sollevarlo dalla solita formula screwball contemporanea, con le conversazioni su smartphone che invadono il quadro e hanno lo stesso peso degli scambi di persona.

Sempre leggero, ma dal sapore amaro, A Beloved Wife di Shin Adachi, storia di uno sceneggiatore perdigiorno maltrattato dalla moglie, che vede in una gita di famiglia l'occasione per ricucire un rapporto logorato. Adachi usa la struttura tipica del road movie per costruire un'escalation di frustrazione tra i due coniugi, che coinvolge anche la figlioletta della coppia. Il film è ricco di ironia e di situazioni al limite del grottesco, ma il quadro che dipinge è cinico e i due protagonisti sono rappresentati entrambi sotto una luce negativa.

Restando in Giappone, colpisce I'm Really Good, primo film del tributo dedicato al giovane cineasta Hirobumi Watanabe. Girato in bianco e nero, con l'eccezione della scena iniziale, il film segue da vicino la giornata della piccola Riko, bimba vispa e intelligente che si muove tra campi e abitazioni, riprese dall'interno con uno stile che guarda direttamente a Ozu. Watanabe, che compare anche nel ruolo di un losco venditore porta a porta, appiccica la macchina da presa alla protagonisa, a volte in campi lunghi e altre con carrellate e camera a mano, e lascia che i suoi piccoli personaggi si esprimano spontaneamente, fornendo solo una traccia di sceneggiatura. Il bianco e nero serve a isolare gli elementi del quotidiano e a ridurli all'essenzialità; e la bella musica del fratello e coproduttore Yuji avvolge il film di un tono spensierato e malinconico, che nasconde però la minaccia della perdita dell'innocenza, come ci ricordano i cimiteri sullo sfondo e i notiziari che sottolineano i problemi del governo Abe.

I faeasters che hanno resistito fino alla notte seguendo il calendario ufficiale sono stati premiati dal film più bello fra quelli finora proposti in concorso. Beasts Clawing at Straws, impressionante opera prima di Kim Yong-hoon, conferma lo straordinario momento di forma del cinema di genere coreano, che può permettersi di proporre un neo-noir corale e ricco di cliché rendendolo allo stesso tempo assolutamente imprevedibile e coinvolgente. Il canovaccio è quello tipico del cinema pulp, con diversi sconosciuti le cui vicende si intrecciano intorno a una borsa piena di denaro. I personaggi sono stereotipi ambulanti: c'è l'impiegato frustrato, la ragazza che sogna un futuro migliore, il furbone indebitato, la femme fatale e lo strozzino spietato. Sono loro le "bestie" del titolo, trasformate in fiere feroci dal denaro e dalle prospettive che offre. Ritmo serrato, temporalità frammentata, colonna sonora azzeccata e interpreti bravissimi (tra cui Jeon Do-yeon, forse la più grande attrice coreana, qui in una convincente veste dark) sono gli ingredienti di un film che farà parlare di sé e che si candida a fenomeno coreano dell'anno.

Tra i film in concorso del martedì da segnalare anche il dramma malesiano Victim(s), mentre il programma odierno propone come piatti forti il quarto e ultimo capitolo della saga di Ip Man e Cry, secondo film del ciclo dedicato a Hirobumi Watanabe, autore che continueremo a seguire con interesse.

Marco Lovisato

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