Heat – La sfida, iperrealismo e astrazione nell'epica noir di Michael Mann
05/12/2020
Los Angeles. In una stazione metropolitana di superficie, un treno sbuca dal fumo e avanza lento nella notte. Le livide luci al neon permettono di vedere solo la silhouette del metallico paesaggio urbano circostante. Il convoglio si ferma, le porte si aprono. Robert De Niro, con indosso un camice da dottore, si dirige furtivo verso l'ospedale (l'inquadratura plongée diventa una sorta di prolessi filmica nel suggerire una fatidica svolta futura), passa dal buio al bianco asettico, percorre a passo veloce i corridoi, vede un ingente carico di sofferenza attorno a sé e sembra esserne vagamente turbato ma procede inarrestabile verso il suo obiettivo: rubare l'ambulanza. Non è un medico, bensì un criminale.


«Se vuoi fare il lavoro del rapinatore, non devi avere affetti o fare entrare nella tua vita niente da cui non possa sganciarti in trenta secondi netti se senti puzza di sbirri dietro l'angolo»



Già dal suo folgorante incipit, Heat – La sfida delinea i tratti cinematografici essenziali (regia, atmosfera, gestione dello spazio, conflitti individuali) che accompagneranno lo spettatore durante tutta la visione del film. Abbracciando con straordinaria coesione interna action e poliziesco, la pellicola si è imposta, in maniera sempre più significativa con il passare degli anni, come un riferimento assoluto all'interno del cinema americano contemporaneo, rielaborando i codici di genere partendo dai classici hollywoodiani, con particolare attenzione però anche al noir esistenziale di Jean-Pierre Melville, per dare vita a un'opera totalizzante, un classico senza tempo, un film-manifesto su cosa sia lo spirito immutabile del cinema, al di là di ogni effimera moda.

Grande affresco sull'incomunicabilità emozionale, struggente, ammantato da un romanticismo utopico, Heat – La sfida rappresenta appieno lo stile fiammeggiante di Michael Mann. Ancor prima di approdare alle sperimentazioni visive supportate dalle potenzialità del digitale, Mann ha sempre orientato la sua poetica verso una esperienza cinematografica capace di affiancare iperrealismo formale e astrazione, freddezza ed emozione, riflessione sulla transitorietà del presente e sospensione temporale metafisica. Trovando in un personalissimo mood noirish la tela su cui dipingere il suo quadro espressionista. Ed è proprio da queste prerogative che prende vita Heat – La sfida, monumentale affresco metropolitano, epico e crepuscolare, in cui bar e diner, non a caso due luoghi tipici del noir, giocano un ruolo fondamentale, facendo da sfondo ai momenti chiave in cui si delineano gli aspetti più intimi dei caratteri dei due protagonisti.



Storia di una caccia che coinvolge due uomini apparentemente antitetici tra loro ma legati da una curiosa simbiosi: la dedizione totale verso il proprio lavoro. Una vera e propria ossessione che porta a mettere in secondo piano tutto il resto, a partire dai legami affettivi. Una carenza che si rispecchia, con esiti diametralmente opposti, nei rispettivi rapporti con le donne, figure sofferenti consapevoli della precarietà del mondo che le circonda. Vincent (Al Pacino) e Neill (Robert De Niro) sono due professionisti intransigenti, perfezionisti e stoici, pressoché infallibili nell'adempiere il proprio dovere ma fondamentalmente inadatti alla vita, incapaci di relazionarsi col prossimo, dilaniati da un malessere interiore che li tiene sempre vigili e, al contempo, li aliena.

Vincent (Al Pacino), detective irrequieto, impulsivo e testardo, nonostante il piglio sanguigno si rivela essere, in realtà, un implacabile calcolatore, che raggiunge il suo scopo nella vita proteggendo la sua angoscia e rinnegando l'amore, ovvero il sentimento assoluto («Tu non vivi con me, vivi in mezzo a spoglie di gente morta. Quello che non riesco a capire, è perché mi ostino ad amarti» gli rimprovera l'amante). Neill (Robert De Niro), gangster cinico e glaciale segnato da una disperata vena romantica («Sono un solitario, ma non mi sento solo»), è un moderno samouraï che paga a caro prezzo il suo senso di giustizia, fronteggiando a testa alta un fatalismo che non lascia spazio a illusioni di salvezza. È in auto, pronto per fuggire nel buio della notte, al fianco dell'amata Eady (Amy Brenneman), che vive il suo istante di pace interiore, illuminato da un accecante bagliore quasi divino, fugace e al tempo stesso sospeso all'infinito, prima del fatale detour che cambierà per sempre il suo destino.



Distanti anni luce dai granitici eroi del cinema d'azione a stelle e strisce degli anni '80, che dovevano riflettere la virile superiorità dell'America reaganiana nel panorama geopolitico internazionale dell'epoca, i due protagonisti superano ogni convenzione di genere, ingaggiando un duello bigger than life entrato nella storia del cinema. A sfidarsi sul grande schermo sono Al Pacino e Robert De Niro, due totem hollywoodiani che simboleggiano l'essenza stessa del cinema moderno, il cui mito tende all'eternità proprio come accade ai personaggi che interpretano. Tra i due, non ci potrà mai essere uno sconfitto e un vincitore. Rimarranno uniti mano nella mano, per sempre.

Davide Dubinelli

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