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Hayao Miyazaki: l’animatore che sognava di volare
Nella poetica dello Studio Ghibli, sin dagli esordi (e in realtà ben prima, se si pensa anche al finale di Lupin III – Il castello di Cagliostro) il volo ha ricoperto un’importanza fondamentale: in ogni opera, infatti, c’è almeno una sequenza in cui i protagonisti si librano nell’aria, che sia su un velivolo, che possano volare con le proprie ali, su un drago o su una scopa.

«Quello di volersi librare nel cielo è il sogno dell'umanità, ma è anche un sogno maledetto. Gli aeroplani portano il peso del destino di divenire strumenti di massacro e distruzione»

 
Il sogno: questa la parola chiave. Perchè il giovane Hayao Miyazaki sin da bambino sognava di diventare un aviatore, e questo dialogo di Si alza il vento – la sua opera più intima, e non solo per la somiglianza fisica tra lui e il protagonista – lo racconta in maniera chiara. Tuttavia, anche per lui è un sogno maledetto: la miopia gli ha impedito di coronare il suo desiderio, portandolo quindi a modificare i suoi progetti, portando il volo all’interno delle sue opere. E non solo, in questa frase si parla anche della guerra, ed è quindi immediato pensare a Porco Rosso, in cui il protagonista è un aviatore italiano, Marco, che vive a cavallo tra le due guerre mondiali, come dimostra la rivista Cinema datata 1929. Non solo, però, perché anche Il castello errante di Howl parla di conflitti, dell’umanità che utilizza gli arei per bombardare e portare distruzione, mentre Howl stesso sorvola le vittà grazie alle sue ali per cercare di riportare la pace.  



«Ascoltami ragazzo giapponese: gli aeroplani non sono né degli strumenti di guerra, né un mezzo di profitto commerciale. Gli aeroplani sono uno splendido sogno. Il progettista è colui che conferisce forma al sogno»



Il sogno, il desiderio, la propria vocazione. Come una ricerca di identità che trova nell’aria l’unico strumento per trovare una risposta ai propri dubbi, alle proprie incertezze. Come nel caso del dragone bianco de La città incantata, che vaga alla ricerca del suo vero nome, o di Kiki – Consegne a domicilio dove la piccola Kiki, partita per far praticantato come strega, attraversa un periodo di forte crisi e non riesce più a volare sulla sua scopa. Ma di ricerca si parla anche in Il castello nel cielo, in cui il viaggio e il volo sono più che protagonisti per riuscire a scoprire le origini e le radici della giovane protagonista e della misteriosa pietra che porta al collo. 

 
«Io con quest'ultimo volo me ne vado in pensione. L'arco di durata di una vita creativa è di un decennio. Sia per gli artisti sia per i progettisti è lo stesso. Il tuo decennio vivilo dando fondo alle tue forze»

 
Naturalmente il percorso di Hayao Miyazaki si conclude con il suo ultimo film, Si alza il vento, in cui Jiro e Giovanni Battista Caproni dialogano in diverse sequenze oniriche (amplificando ulteriormente l’idea del volo da intendersi anche come metafora) e quest’ultimo dialogo sembra proprio parlare dell’artista stesso, che dichiarava di voler smettere di realizzare film. Un’opera personale, intima, in cui Miyazaki ha inserito tecnicismi e tutta la passione per gli aereoplani, tra biografia e finzione, tra realtà e immaginazione. Su un filo leggero, come quello sul quale volteggiano Mei e Satsuzki in Il mio vicino Totoro: che si tratti di un gattobus o di un Totoro, la magia dell’evasione dalla realtà si manifesta nella delicatezza poetica di sequenze incantevoli. Dopotutto, il progettista è colui che conferisce forma al sogno. Nel caso di Miyazaki, ai nostri sogni.

Lorenzo Bianchi

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