A meno di una settimana dall’inizio della prestigiosa kermesse tedesca, LongTake vi propone il decalogo dei film della Berlinale 66 da non perdere per nessun motivo al mondo.
1) Ave, Cesare! di Joel e Ethan Coen: il film di apertura del festival è un’attesissima dramedy musicale ambientata nella Hollywood degli anni ’50, che aderisce alla perfezione allo stile stralunato e cinéphile dei suoi due autori. Noir, western, peplum e molto altro, il tutto miscelato con grazia e graffiante sarcasmo. Con George Clooney, Josh Brolin, Ralph Fiennes, Jonah Hill, Scarlett Johansson, Frances McDormand, Tilda Swinton, Channing Tatum.
2) Midnight Special di Jeff Nichols: il regista statunitense, al suo quarto lungometraggio dopo Shotgun Stories (2007), Take Shelter (2011) e Mud (2012), esplora con il consueto talento visivo il genere sci-fi, tenendo d’occhio la lezione di John Carpenter e la magia del cinema di Spielberg. Un uomo in fuga con il proprio figlioletto dotato di poteri soprannaturali: la trama del film diventa ben presto un pretesto per portare avanti un discorso su violenza e paranoia nella provincia americana. Con Michael Shannon, Adam Driver e Kirsten Dunst.
3) A Lullaby to the Sorrowful Mystery di Lav Diaz: il grande regista di Datu Paglas, tra i più influenti autori contemporanei, si addentra ancora una volta nella storia del suo Paese, concentrandosi sulla figura di Andrés Bonifacio y de Castro, rivoluzionario filippino considerato un eroe nazionale nella lotta all’indipendenza delle Filippine dalla colonizzazione spagnola. Uno straordinario viaggio in bianco e nero di 485 minuti, tra mito e sospensione metastorica.
4) Chi-Raq di Spike Lee: il regista di Atlanta si confronta con la commedia greca antica, segnatamente con la Lisistrata di Aristofane, scrivendo e dirigendo un dramma antinaturalistico e modernissimo (recitato in versi) ambientato nel sottobosco malvitoso della città di Chicago, nello slang conosciuta come Chi-Raq (giocando con Iraq) per l’altissimo numero di morti violente quotidiane. Violenza, sesso e femminismo nel cuore dell’America.
5) Miles Ahead di Don Cheadle: allontanandosi dalle convenzioni del biopic tradizionale, l’attore di Kansas City, al suo esordio dietro la macchina da presa, si concentra su due giorni della vita del leggendario Miles Davis, quando il grande jazzista, alla fine degli anni ’70, era fuori dal giro da diverso tempo e, diviso tra alcool e droghe, stava pianificando di ritornare sulla scena. Un ritratto dolente dal grande spessore emotivo.
6) Zero Days di Alex Gibney: il documentarista newyorkese, premio Oscar per Taxi to the Dark Side (2007), indaga la vulnerabilità dei sistemi informatici e le connessioni nel cyber spazio, tra infezioni e contagi all’interno di una realtà in cui il destino del mondo può dipendere da un codice binario. Attualissimo e spiazzante.
7) A Quiet Passion di Terence Davies: la storia della poetessa americana Emily Dickinson, dagli albori quando era una studentessa fino ad arrivare agli ultimi (sofferti) anni della sua parabola artistica. La classe e la raffinatezza del regista di Liverpool per una indagine sulla solitudine e la disperazione di una donna costretta a vivere in un mondo dominato dagli uomini.
8) Things to Come di Mia Hansen-Løve: la regista e sceneggiatrice francese, moglie di Olivier Assayas, cerca di applicare la filosofia alla vita di tutti i giorni, attraverso le vicende di una insegnante parigina, divisa tra famiglia e dedizione al proprio lavoro, costreta a reinventare la propria vita. Cinema intellettuale ma profondamente vitale, con Isabelle Huppert splendida protagonista.
9) The Commune di Thomas Vinterberg: padre putativo del Dogma 95 insieme a Lars von Trier, il regista danese addolcisce il proprio cinema e porta sullo schermo la propria esperienza autobiografica, in uno spaccato sui delicati equilibri tra individualismo e collettività ambientato nella Danimarca degli anni ’70. Libertà, tradizione e ricerca della felicità, non senza qualche sorpresa.
10) Fuocoammare di Gianfranco Rosi: dopo il generoso Leone d’oro alla 70ª Mostra del Cinema di Venezia per Sacro GRA (2013), un nuovo documentario per l’autore italiano nato ad Asmara (Eritrea). Il dodicenne Samuele vive a Lampedusa, terra brulla e per certi versi fuori dal mondo, frontiera isolata che unisce quotidianità degli isolani e destino (senza speranza) di chi vi approda come migrante. Un ritratto aspro di una realtà drammaticamente attuale.