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I dannati di Minervini: un'analisi storica
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo di Michele Gibin su "I dannati" di Roberto Minervini


Da un paio di settimane nelle sale al cinema c'è una cosa piacevolmente curiosa: un film di un regista italiano, Roberto Minervini, sulla Guerra Civile Americana.
Non è una mega-ricostruzione storica come il "Gettysburg" di Ron Maxwell, né il Lincoln di Spielberg o il "Free State of Jones" di Gary Ross, per citare alcuni titoli.
I Dannati, presentato a Cannes 2024, è una piccola storia di frontiera. Una pattuglia di volontari dell'Esercito degli Stati Uniti, le "giubbe blu" o nordisti o Yankee che dir si voglia, è inviata in Montana, lontano da tutto, nel 1862 per perlustrare una terra che all'epoca non era ancora un stato federale né un "territory" federalmente riconosciuto. Qui, la piccola squadra di volunteers marcia verso nord, ammazza le lunghe ore d'inazione tra chiacchiere, turni di guardia, riflessioni sulla guerra in corso così lontana e sul senso del proprio ruolo in essa. La loro missione? Superare la prossima altura e vedere cosa c'è oltre il prossimo passo, senza mai incontrare anima viva, neppure un indiano.
La Guerra Civile Americana si combatté tra il 1861 e il 1865 e fece oltre 600mila morti. E come ben sappiamo la vinse il Nord, guidato da Abraham Lincoln e più industrializzato e ricco rispetto alla Confederazione degli Stati del Sud, i ribelli o "sesech". E si combatté su tre fronti: quello dell'Est con le battaglie tra l'Armata nordista del Potomac e l'armata della Virginia Settentrionale del leggendario Generale Lee (si, quello della macchina di Bo & Luke in Hazzard). Quindi il teatro del Trans-Mississippi, a Ovest del grande fiume, e il teatro occidentale (Western Theatre) a Ovest dei Monti Appalachi e tra Kentucky e Tennessee, per il controllo di città come Memphis e Nashville e per il corso più a Nord del Mississippi.
Nel 1860, con "West" in America si definiva ancora quello che oggi è il midwest, la regione a ovest dei grandi laghi tra Illinois, Missouri, Tennessee, Arkansas e i territori indiani, l'Indian County dove c'erano solo pochi forti militari, le carovane dei pionieri e le bande di nativi americani delle Grandi Pianure. L'epopea del Far West sarebbe iniziata solo dopo la grande guerra.
La grande guerra americana che nel film di Minervini resta sullo sfondo, la si cita solo nelle motivazioni che alcuni dei soldati protagonisti svelano per la loro decisione di arruolarsi. E quando il veterano del gruppo cita la battaglia di Glorieta Pass (26-28 marzo 1862), che pose fine alle operazioni nel New Mexico.
Cosa ci ha colpito de "I Dannati"? Minervino è un documentarista e il piglio alla regia è quello del documentario, una scelta azzeccata. La fotografia è spettacolare grazie ai paesaggi unici di questa zona di mondo, e il sonoro, assieme alle riprese dalle spalle o accanto ai soldati, ci getta con loro tra le alture desolate e la neve, col suo riverbero naturale.
E non si possono a nostro modo di vedere non notare almeno due influenze principali, ovviamente con le dovute proporzioni.
L'attesa di un nemico che non arriva, che forse non c'è, non può non far pensare al "Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati. E il lento incedere, non via fiume ma via terra, dei militari sembra proprio quello dei conquistadores del nulla di "Aguirre, Furore di Dio", di Werner Herzog.

Michele Gibin 
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