Dopo il brillante esordio con Sesso, bugie e videotape (1989), che lo ha reso il regista più giovane ad aver ricevuto la Palma d’oro al Festival di Cannes, la carriera di Steven Soderbergh si è sviluppata alternando prodotti per il grande pubblico a opere indipendenti. All’ultimo Festival di Venezia ha presentato Panama Papers, con Meryl Streep, Gary Oldman e Antonio Banderas.
L’uscita su Netflix del film, dopo un breve passaggio nelle sale, è l’occasione giusta per una classifica delle sue opere migliori:
5) Ocean’s Eleven
Remake del film Colpo grosso (1960) di Lewis Milestone. Soderbergh gira un heist-movie tutto fascino e colpi di scena, con protagonista George Clooney (che riprende il ruolo che fu di Frank Sinatra nel film originale) affiancato da un cast all-star. Sceneggiatura intrigante e ben costruita (firmata da Ted Griffin), supportata da una regia virtuosistica per un film che ha il merito di usare un parco attori eccellente senza sprecarlo: anzi sono tutti al servizio di un piacevole intrattenimento.
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4) Dietro i candelabri
La vera storia di Liberace è raccontata dal regista con delicatezza e forte trasporto emotivo, riuscendo così a rendere una storia d'amore gay e un ordinario biopic in qualcosa di più profondo e stratificato. Un inno al guardare oltre (e il titolo in questo caso è quanto mai azzeccato), a vedere dietro i luccichii e il glamour dello showbiz per trovare la bellezza e la complessità dei rapporti umani. I due protagonisti sono accomunati da un disperato bisogno d'affetto che nasconde un profondo egoismo: così Liberace cerca di plasmare Scott come sua copia più giovane e bella prima ancora che suo amante, una figurina in cui rispecchiarsi e da cui ottenere trastullo negli anni della vecchiaia. Al contempo Scott vede il suo sentimento verso Liberace sgonfiarsi lentamente e inesorabilmente (vedendo in lui prima un mentore e poi un padre padrone), restando a lui vicino per mera convenienza economica.
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3) Bubble
Girato con attori non professionisti e senza una vera sceneggiatura, Bubble è stato presentato alla Mostra di Venezia nel 2005, per poi uscire in contemporanea in sala e su altri formati. Della durata di soli 70 minuti, è un film anomalo nella carriera di Steven Soderbergh, piccolo per definizione (pochi dialoghi, cast e set ridotti ai minimi termini) e vanitosamente indie a tutti gli effetti. Nonostante possa apparire a tratti autocompiaciuto, è un prodotto riuscito, agghiacciante nella sua messinscena asettica e distaccata, capace di inquietare e di coinvolgere come pochi altri lavori firmati in carriera dal regista statunitense.
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2) Panama Papers
Magnificamente sceneggiato da Scott Z. Burns (già collaboratore di Soderbergh per The Informant!, Contagion ed Effetti collaterali), sulla base del libro Secrecy World: Inside the Panama Papers Investigation of Illicit Money Networks and the Global Elite a firma del giornalista Jake Bernstein, il film, rivisitando in maniera briosa e personale i codici della canonica pellicola d'inchiesta, getta un lucidissimo sguardo sulle dinamiche più sconvolgenti che stanno alla base del capitalismo selvaggio 3.0, votato in maniera tanto ossessiva quanto subdola al culto del dio denaro. L'approccio tagliente di Soderbergh, pur senza rinunciare a punte di efficacissimo sarcasmo, immerge lo spettatore in un microcosmo conosciuto spesso in maniera solo superficiale, attraverso le sommarie coordinate fornite dai media.
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1) Sesso, bugie e videotape
Opera d'esordio del ventiseienne Steven Soderbergh, che al primo film è riuscito ad aggiudicarsi la Palma d'oro a Cannes nel 1989. Partendo da un dramma che analizza i vizi e le ipocrisie di una famiglia perbene e borghese, il film gira attorno alla tematica del sesso, visto sia come elemento fondante della sfera privata, sia come argomento da sdoganare. Dall'eterna lotta tra desiderio erotico e amore all'importanza dei rapporti intimi nelle relazioni di tutti i giorni, Soderbergh imbastisce un'opera torbida e ad alto tasso erotico, in cui tutti i personaggi sono repressi e disperatamente soli e dove il rapporto fisico diventa l'unico modo possibile per riscoprire se stessi. Volutamente voyeuristico, sempre in bilico tra il morboso e l'elegante, il film lascia spazio anche alla presenza di un sentimento autentico nella parte finale. Uno degli esordi più importanti che siano stati realizzati a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta
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