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I migliori film di Béla Tarr

Nei giorni in cui ricorre il decennale dalle prime presentazioni del suo ultimo film Il cavallo di Torino, abbiamo pensato di dedicare una classifica a Béla Tarr, uno dei più grandi registi del cinema contemporaneo. 

Ecco i nostri cinque film preferiti da lui diretti:

5) Perdizione

Una pellicola caratterizzata da un dialogare rancoroso e straniato, sovraccarico di elementi morali, sottotesti, implicazioni filosofiche di vario genere: un flusso ininterrotto che dona al film un fascino apocalittico, amplificato oltre ogni misura dall'approccio di Tarr. Viscerale e metafisica, cupa e disperata, un'opera che non rinuncia alla tangibilità ruvida dei propri fotogrammi, a dispetto di quanto di solito l'assenza di colore induce a fare.

4) L'uomo di Londra

Un'altra grande opera di Béla Tarr, che adatta l'omonimo romanzo di Georges Simenon spostando l'ambientazione da Dieppe, in Normandia, a Bastia, in Corsica. Una ulteriore conferma dell'impressionante profondità di sguardo di un autore unico, in grado come nessun altro di forgiare immagini costruite in maniera tanto calibrata e rifinita quando potente e destabilizzante, orchestrando una sinfonia di patimenti e ossessioni che restituisce come meglio non si potrebbe il fascino incessante delle suggestioni della pagina scritta. 

3) Il cavallo di Torino

Un cinema che ammutolisce nella sua sommessa potenza, che usa il tempo morto come sommo strumento di elaborazione immaginifica e psicologica. Gli inserti esterni alle azioni dei due personaggi principali, un padre e una figlia che lo affianca e lo cura, assumono il valore di presagi mortiferi: il visitatore e il suo discorso pieno di immagini oscure e ombrose, gli zingari e le loro proteste, il modo disarticolato con cui la donna legge un libro fornitogli da uno di quei vagabondi, secondo il regista ungherese una specie di Bibbia rovesciata. L'evento clou, tratto da un fatto realmente accaduto nella vita di Nietzsche, è tenuto fuori campo e viene rammentato nelle primissime battute dall'evocativa voce narrante.

2) Le armonie di Werckmeister

Pietra miliare assoluta del cinema contemporaneo, nonché uno dei massimi punti di riferimento per tutti gli anni 2000, Le armonie di Werckmeister mette in scena, in termini allegorici e metaforici, un apologo pessimista ma profondamente poetico sugli uomini e il loro destino, trasfigurando le storture più atroci e i simbolismi più amari in pagine di grande cinema del sentimento, che nasconde un cuore evidentemente pulsante sotto la scorza apparentemente rigida generata dell'oltranzismo formale. Il villaggio del film, caratterizzato da scontri e ostilità, è prigioniero di una figura mostruosa ma reticente (il principe, invisibile ai più), che si macchierà di terribili delitti: un'evidente allusione ai regimi totalitari che hanno caratterizzato la storia del Novecento, dei quali il film di Tarr vuole ergersi a opera di denuncia, ma senza mai sbilanciarsi direttamente sul territorio del pamphlet, preferendogli semmai le nebbie, tutt'altro che consolatorie, del ricordo e della reminiscenza. 

1) Satantango


Un film sulle bugie del potere, sull'inconcludente natura dolente dell'esistenza, sul baratro dal quale nessuno può dirsi esente, in quanto abitante del pianeta Terra soggetto alle vessazioni di un fato mefistofelico e delle strutture coercitive che, giorno dopo giorno, ne scandiscono la quotidianità, scavando delle fosse sempre più profonde dalle quali è davvero difficile sottrarsi. Tutto avviene senza infingimenti, in una visione nella quale la temporalità è resa col massimo del realismo e della verosimiglianza attraverso piani-sequenza interminabili e scene infinite: non un tour de force fine a se stesso, ma un'esperienza alla quale abbandonarsi con il corpo e con lo spirito, sprofondando nelle secche e nei tantissimi momenti preziosi di una messa in scena irripetibile, a metà tra onirismo malato e agghiacciante verismo. L'Apocalisse è (già) qui, è ora, è arrivata e non ce ne siamo nemmeno accorti.

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