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I migliori film di John Ford: la nostra Top 5

John Ford, «tra gli autori più studiati e ammirati, contribuisce in maniera fondamentale a definire il western, genere di riferimento per tutta la sua lunghissima carriera cinematografica, che inizia nel 1917 e termina nel 1966».

Il 1° febbraio 1894, a Cape Elizabeth, nel Maine, nasceva il grande regista americano: cogliamo l'occasione per celebrare la sua prolifera carriera con una top 5 dei suoi film migliori!

5) Furore (1940)



Ford consegna alla storia del cinema una delle sue opere più grandiose e iconiche, un racconto impregnato di umanesimo che è insieme road movie, film d'impegno civile e affresco dell'America disperata della Grande Depressione. Si mette in scena l'odissea di una Nazione che, come il nucleo familiare dei Joad, si sfalda e perde la propria innocenza.

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4) Sfida infernale (1946)




Ford rielabora la vicenda prendendosi molte libertà rispetto ai fatti storici e interessandosi poco all'evento in sé per focalizzarsi maggiormente sui personaggi e regalare loro una allure irresistibilmente romantica. Quella ritratta è un'America virginale, come la candida Clementine, e pre-civile, come la Tombstone che si staglia in mezzo alle rocce della Monument Valley; brutale, come la furia animalesca dei Clanton ,e colorita, come i suoi eroi immortali.

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3) L'uomo che uccise Liberty Valance (1962)



«This is the West, Sir. When the legend becomes fact, print the legend». Nel motto del cronista, che sa di non poter scrivere la verità prosaica sulla morte del bandito, si racchiude il senso dell'ultimo grande capolavoro di John Ford, della sua intera poetica e, forse, della cultura americana. Cultura che si abbevera alla fonte del Mito e affonda le proprie radici nella violenza, anche quando l'arcaica legge della Frontiera (incarnata, in senso rispettivamente positivo e negativo, da Doniphon e Valance) si arrende all'avanzata del progresso (rappresentato da Stoddard).

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2) Ombre rosse (1939)



Semplicemente, il western più famoso della storia del cinema. Dal racconto Stage to Lordsburg di Ernest Haycox, influenzato da Boule de Suif di Guy de Maupassant, Ford crea l'archetipo per eccellenza del genere, a partire dalla sua dimensione spaziale (la Monument Valley diventa imprescindibile simbolo iconografico) e divistica (la consacrazione della stella John Wayne). Ma sono soprattutto la perfezione e l'universalità del racconto a farne un capolavoro destinato all'immortalità: grazie alla magistrale sceneggiatura di Dudley Nichols (inficiata dal pessimo doppiaggio italiano) va in scena un dramma da camera on the road costruito sulle personalità dei nove protagonisti, in cui deflagra un conflitto sociale dove a trionfare sull'ipocrisia perbenista sono gli outsider in cerca di redenzione (la prostituta, il fuorilegge, l'alcolizzato).

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1) Sentieri selvaggi (1956)



Insieme a Ombre rosse (1939), il maggiore cult di John Ford, venerato e citato da registi come Scorsese, Lucas, Milius, Wenders e Tarantino. Lo splendore figurativo dell'autore tocca probabilmente l'apice, regalandoci inquadrature capolavoro che consolidano definitivamente l'iconografia del genere (si pensi solo alla “finestra” che apre e chiude il film o all'uso dei colori e dello spazio plastico in funzione dei personaggi e delle loro emozioni). Classico e moderno al contempo, tinge di amara crudezza il tema del conflitto tra wilderness e civilization: è chiaro che, in Ford, l'idealismo positivo dei decenni precedenti sta lasciando spazio a un crepuscolarismo di stampo pessimista.

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