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Il Nibbio: una verità scomoda e il sangue di Calipari sull’asfalto di Baghdad
"Il Nibbio" di Alessandro Tonda ci trasporta nel cuore pulsante di una storia vera, dove il coraggio e la dedizione si intrecciano con il destino inesorabile della guerra. È un'opera cinematografica che affonda le sue radici in uno degli episodi più drammatici e controversi della recente storia italiana: il rapimento della giornalista Giuliana Sgrena e il sacrificio dell'agente dei servizi segreti Nicola Calipari, compiuto per salvarla. Il film si propone di esplorare le complesse dinamiche tra l’informazione, la guerra e le tragiche conseguenze che possono derivarne. Tonda ci trascina quindi nel cuore di una vicenda che ha scosso l'Italia e il mondo intero, mettendo in luce il coraggio, la dedizione e il sacrificio di coloro che operano nell'ombra per garantire la nostra sicurezza e informazione.

Nel 2005, l'Iraq era un paese lacerato dalla guerra, teatro di conflitti incessanti e di una situazione politica estremamente instabile. In questo scenario, numerosi giornalisti internazionali si recavano sul campo per documentare la realtà del conflitto, spesso mettendo a rischio la propria vita. Giuliana Sgrena, inviata del quotidiano "Il Manifesto", era tra questi coraggiosi reporter. È il 4 febbraio 2005 quando viene rapita a Baghdad. Per un mese intero, l'Italia trattiene il respiro, sospesa tra la speranza e la paura per la sorte di una donna che ha scelto di raccontare l'orrore. Poi, l’alba. In questo scenario di tensione e incertezza, emerge infatti la figura di Nicola Calipari, un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio del Paese. Conosciuto per la sua integrità e il suo impegno, Calipari si assume la responsabilità di riportare a casa Giuliana. La sera del 4 marzo 2005, dopo intense trattative, la giornalista venne liberata grazie all'intervento dei servizi segreti italiani. Ma il destino ha in serbo una prova ancora più dura. Durante il trasferimento verso l'aeroporto di Baghdad, l'auto su cui viaggiava insieme a Calipari e Andrea Carpani fu colpita dal fuoco delle forze statunitensi. In un ultimo atto di eroismo, Calipari si getta su Giuliana, proteggendola con il suo corpo e sacrificando la propria vita.

La sua morte suscitò profonda commozione in Italia, trasformandolo in un simbolo di dedizione e sacrificio, e sollevando tensioni diplomatiche tra l'Italia e gli Stati Uniti, mettendo in luce le difficoltà e i pericoli delle operazioni in zone di conflitto. La strada per l'aeroporto di Baghdad era nota come una delle più pericolose, e incidenti come questo evidenziano la complessità delle situazioni sul campo. Il suo gesto eroico, volto a proteggere una vita umana, evidenziò le complesse e pericolose dinamiche presenti nelle zone di guerra, dove spesso le linee tra amico e nemico si confondono tragicamente.

Il film adotta una struttura narrativa che si sviluppa su tre livelli distinti: la prigionia di Giuliana Sgrena, gli sforzi di Nicola Calipari per la sua liberazione e il rapporto personale dell’agente con la sua famiglia. Questa scelta permette quindi al regista di mantenere un ritmo avvincente, evitando eccessi emotivi e focalizzandosi sulla realtà dei fatti. La sceneggiatura di Sandro Petraglia si distingue per la linearità e la precisione, offrendo una ricostruzione fedele degli eventi, senza indulgere in abbellimenti superflui. Claudio Santamaria offre una performance intensa e misurata nel ruolo di Calipari, delineando un personaggio che incarna integrità e dedizione. Il film evita di trasformarlo in un eroe idealizzato, presentandolo invece come un uomo con un forte calore umano, impegnato nel suo lavoro e profondamente legato alla sua famiglia. Questa rappresentazione autentica consente al pubblico di connettersi emotivamente con lui, percependo la sua umanità e il suo senso del dovere. Il Nibbio riesce quindi nell'intento di commemorare Calipari senza cadere nella retorica, offrendo una spy story solida e doverosa, che si segue con facilità e amarezza. La sua figura emerge come un baluardo di buon senso e intelligenza diplomatica, un uomo la cui parola, credibilità e coerenza sono state moneta preziosa nel corso di rapporti delicati e trattative spinose. Rappresenta un tributo rispettoso e coinvolgente, riuscendo a trasmettere con autenticità il messaggio centrale della sua storia.

Pone inoltre una lente d'ingrandimento sull'importanza del giornalismo in contesti bellici. I reporter come la Sgrena si assumono il compito cruciale di documentare e raccontare al mondo le realtà spesso nascoste dei conflitti, dando voce a chi non ne ha. Tuttavia, questa missione li espone a rischi elevatissimi, rendendoli bersagli sia per le forze ostili sia, talvolta, per quelle alleate. Il film evidenzia come l'informazione possa essere "punita", sia attraverso il rapimento da parte di gruppi armati, sia mediante incidenti causati dal fuoco amico, sottolineando la fragilità della posizione dei giornalisti in tali contesti. E il caso di Giuliana non è isolato. Numerosi giornalisti hanno subito la stessa sorte in zone di conflitto. Ad esempio, nel 2002, il reporter statunitense Daniel Pearl del Wall Street Journal fu rapito e successivamente ucciso in Pakistan, mentre indagava su collegamenti tra militanti islamici. Nel 2012, il giornalista statunitense James Foley fu sequestrato in Siria. La sua esecuzione nel 2014 ha scosso il mondo intero, ricordando a tutti noi il prezzo altissimo che alcuni sono disposti a pagare per portare alla luce la verità. Nel 2013, il giornalista italiano Amedeo Ricucci viene sequestrato, sempre in Siria, insieme ad altri tre colleghi. Per undici giorni vivono l'incubo della prigionia, fino alla loro liberazione. Ricucci, con una carriera dedicata a raccontare le verità scomode dei conflitti, è sempre stato a conoscenza dei rischi del mestiere, ma la sua passione per la verità lo ha sempre riportato in prima linea. Questi esempi sottolineano i pericoli incessanti affrontati dai giornalisti che operano in territori ostili, mettendo in luce la necessità di proteggerli. Proprio come fa tutt’oggi Giuliana.

Ed è per questo che Il Nibbio non è solo un film, ma una riflessione profonda sul costo umano dell'informazione in tempo di guerra. Attraverso le storia di Giuliana Sgrena e Nicola Calipari, il film ci invita a considerare il valore della verità e il prezzo che alcuni sono disposti a pagare per essa, ricordandoci l'importanza di offrire sicurezza e onorare coloro che rischiano la vita per raccontare le storie che il mondo ha bisogno di conoscere.


Carmen Apadula
Maximal Interjector
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