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Inside Out 2: l’adolescenza raccontata attraverso il fluire delle emozioni
Pánta rheî, tutto scorre: sembrerebbe che Disney/Pixar, dopo aver rivisitato la filosofia di Platone nell’ante mondo di Soul, richiami Eraclito per raccontare uno dei periodi più complessi delicati dell’evoluzione umana, ossia l’adolescenza. L’immagine del fluire, che richiama inevitabilmente l’idea di mutamento continuo, ma anche di quella che James Joyce definiva stream of consciousness, è probabilmente la chiave che permette di capire al meglio Inside Out 2, arrivato nelle sale a 9 anni di distanza dal precedente capolavoro con il rischio di non essere all’altezza di un’opera a tutti gli effetti rivoluzionaria. Kelsey Mann, sceneggiatore di Il viaggio di Arlo e animatore di Monsters University e Onward – Oltre la magia, fa il suo esordio dietro la macchina da presa raccogliendo l’eredità di Pete Docter, seguendone la traccia e lo stile, regalando un sequel coerente e naturale evoluzione del capitolo precedente.



In tal senso, l’introduzione del “Senso di sé” è quantomai efficace: Gioia nutre Riley selezionando i ricordi migliori, inviando nel subconscio ciò che vuole dimenticare e portando i rinforzi positivi lungo un fiume in cui affondano le radici della personalità della ragazza, che nella sua mente appare come un albero rigoglioso in cui rimane cristallizzata l’idea di essere una persona buona. La pubertà, è inutile dirlo, cambierà tutto. 

«Ciao, io sono ansia. Dove metto le mie cose?» 


 
Sin dall’uscita del primo trailer, in cui venivano annunciate le emozioni nuove, Ansia è senza dubbio quella che da subito ha rubato la scena, quella che molte persone hanno dichiarato di riconoscere come propria principale emozione guida. Al di là dell’(ab)uso improprio e troppo spesso inflazionato del termine ansia, la Pixar conosce perfettamente questa dinamica e riesce a dare a questa emozione una dimensione complessa e stratificata, che vede nella preadolescenza e nell’adolescenza il periodo più fertile in cui poter fiorire. L’ansia è infatti definibile come uno «stato di agitazione, di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa» o anche «il particolare stato d’incertezza e di timore, che può riguardare specifici oggetti o eventi oppure non averne alcuno di riconoscibile»: nel caso specifico, l’Ansia di Riley riguarda l’hockey e il timore di non riuscire a farsi accettare nella nuova squadra, in una nuova scuola in cui non ci saranno le amiche di sempre. Nonostante i tentativi di Gioia, Ansia prende il sopravvento e inizia a condizionare ogni decisione della ragazza, che presto snatura se stessa per riuscire a farsi accettare daglia altri.



Da questo momento, Riley diventa personificazione di un’emozione universale, di una condizione che a partire dall’adolescenza chiunque ha provato, proprio a partire dal desiderio di farsi accettare dai propri coetanei, spesso arrivando a rinunciare al proprio Io o a nasconderlo, per timore di non piacere: un’emozione legata inevitabilmente all’Invidia (“come vorrei essere come...”) e all’Imbarazzo di non sentirsi mai adeguati. Inside Out 2 ne parla con una delicatezza tale che possa arrivare anche ai più piccoli, benché resti il forte dubbio che sia un film non così accessibile e che, invece, sia in grado di parlare soprattutto agli adulti. Ansia è anche protagonista di due sequenze a dir poco memorabili: la prima in cui ordina alla mente di produrre animazioni terrificanti in relazione al futuro, ergendosi a specchio di una contemporaneità che mostra il domani come fosse solo un tetro paesaggio di incertezze, la seconda in cui si evolve al punto da diventare panico, immobilizzando se stessa e Riley. 

«Forse succede così: col tempo, da adulti, si affievolisce la gioia»

 
Gioia e Ansia non sono altro che due facce della stessa medaglia di imposizioni della società sull’individuo: da un lato l’obbligo di essere sempre felice, allegro e soddisfatto di ogni cosa (tema già affrontato comunque nal primo film, in contrapposizione alla Tristezza), dall’altro la costante incertezza per un domani dalle tinte sempre più nere, in cui azzerare l’individualità per conformarsi a un collettivo in cui sopravvivere per essere quantomeno accettati. Il “Senso di sé” creato dalle due nella mente di Riley è infatti parziale e dannoso per la ragazza, ed è interessante notare come in questo film le emozioni si evolvano: Gioia, ad un certo punto, arriva a piangere disperata perché pensa che per lei non ci sia più spazio nella mente di Riley, e di riflesso nella mente e nel cuore di ciascuno di noi. Se si ha il coraggio di mettersi in gioco nella visione di Inside Out 2, si comprende come anche in questo caso si tratti di un’animazione che parla anche ai più piccoli ma soprattutto agli adulti, e che si rivolge ad un adolescente che necessita di essere guidato nella visione per prendere coscienza delle proprie emozioni, riconoscerle e saper dare loro la dimensione migliore.



Non basta un film per farlo, senza dubbio, ma è un ottimo punto di partenza per far sì che realmente vi sia multifomrità emotiva e che ogni emozione abbia uguale dignità e importanza, fermo restando che in ogni persona ci sarà comunque una parte dominante, come mostrato in entrambi i film. Opere preziose, gioielli unici capaci di toccare le corde profonde dell’anima e di trasformare lo schermo in uno specchio capace di farci guardare dentro di noi.
Se al termine della visione un preadolescente non si mostrerà entusiasta è solo Ennui che prende il comando. Ed è tutto perfettamente normale.

Lorenzo Bianchi

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