E’ il primo dei due Leoni d’Oro alla carriera di Venezia 73, il maestro polacco Jerzy Skolimowski (l’altro è il leggendario attore francese Jean-Paul Belmondo), presente già lo scorso anno in concorso al Lido con il suo ultimo 11 minutes.
Nel dialogare con la stampa insieme al regista di Essential Killing, il direttore della Mostra Alberto Barbera ha ricordato l’amicizia di lunga data che lo lega a Skolimowski: “Il nostro legame dura da molto tempo. Ricordo l’esperienza in giuria insieme a Salonicco, che fu tra le altre cose un tour de force alcolico incredibile. Jerzy tra l’altro mi ha insegnato a bere la tequila come si deve. Ma, scherzi a parte, non gli sarò mai grato abbastanza per avermi fatto conoscere da molto vicino un artista del calibro di Michael Cimino, che ho avuto modo di avvicinare grazie a lui: è stata sicuramente una delle conoscenze più importanti e proficue della mia vita. Trovo anche che la grandezza del suo cinema non sia ancora stata riconosciuta appieno, per cui questo Leone d’Oro alla carriera che ho deciso di conferirgli proponendolo alla Biennale è anche un doveroso risarcimento nei suoi riguardi”.
Interrogato sul filo conduttore che unisce tutti i suoi film Skolimoski non ha alcun dubbio: “I miei film si occupano di outsiders, di coloro che vengono dimenticati dalla società, di coloro che vivono ai margini. Anche io sono stato un migrante in passato, so cosa vuol dire lasciare il proprio Paese ed essere costretti a farlo. Credo che in questo periodo siano proprio i migranti, in ogni parte del mondo, a meritare la mia e la nostra attenzione. Oltre che la nostra empatia”.
Sul prestigioso riconoscimento il regista polacco dice di essere “onorato per questo premio, valido per il passato, naturalmente, ma di sicuro pure per il futuro. Credo di dover ancora dimostrare di meritare il Leone d’Oro attraverso i miei film”. L’ultimo film del regista, 11 Minutes, parlava anche e soprattutto della frammentazione selvaggia e ossessiva del visibile all’epoca delle immagini di massa, all’interno di una lezione di cinema dal sapore apocalittico e profetico nella quale il singolo pixel veniva apparentato a un cancro perfettamente individuabile, a un vero e proprio “punto morto”. Se gli si chiede del futuro del cinema, Skolimowski mostra però, almeno a parole, un atteggiamento più disteso: “Oggi i film vengono guardati a pezzi, è verissimo, su piccoli schermi, a volte anche in strada sul cellulare. Ma credo che sia comunque un ottimo segnale il fatto che tanta gente abbia voglia di vedere film, in qualsiasi modo lo faccia”.