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L’Alice che è in Noi di Jordan Peele

11.11 è ora di dormire.

Per la famiglia Wilson il tempo è chiuso nel buio di un accesso luciferino. Come l’orifizio interminabile dove è caduta una bimba bionda per correre dietro a un Coniglio Bianco che scappava dall’orario fermo di un orologio rotto.

E si profilano i manti bianchi dei conigli di Peele in uno sfondo buio come quello della fiaba di Carroll. “Questo è un classico”, fa il capofamiglia – Winston Duke – che guida verso la spiaggia di Santa Cruz. Sì, è un classico dal rhythm and blues.

Nella cittadina sulla costa dell’Oceano Pacifico ha inizio la tragedia circense quando gli altri Noi si appostano fuori casa. Con delle forbici minacciano di tagliare via qualche pezzettino alla protagonista se non si fosse ammanettata al tavolo.

Avrebbe potuto tagliarle la testa l’Altra lei? Forse. Come la Regina di Cuori che nel Paese delle Meraviglie minacciava di tagliare la testa a chiunque le avesse disobbedito.

Le meraviglie di quel paese fantastico e mostruoso, ricordano vagamente il luna park infernale dove la piccola Adelaide nel flashback iniziale entra nella casa dei divertimenti con fuori scritto Find Yourself e si perde, proprio là dove trova un’altra sé. Il suo doppio.

Anche Alice si perde cercando sé stessa e il Bianconiglio era solo un alibi curioso frutto della smania di sapere, della brama di estrosità. Del capriccio per l’inconsueto, la fame per lo straordinario.

Così, mentre le carte da gioco dipingono le rose bianche con la vernice rossa, anche in Us gli abiti degli attori si macchiano di sangue nella truce battaglia contro gli altri Noi in un’alternanza di chiaro scuro dove il manto bianco dei conigli si fa promotore per una catena di antinomie narrative dove la corporeità prestante di Lupita Nyong’o va in contrapposizione a quella ingombrante del marito, la musica classica lotta con quella rap della sorte cruenta, la comicità contamina la catastrofe, la sclera bianchissima degli occhi diverge col nero della pelle e  laddove è ora di dormire, Alice si sveglia dal sogno per non morire.

Anche a Santa Cruz potrebbe essere il 4 di maggio – compleanno (o non compleanno) della bimba che ispirò il personaggio, la cosa certa è che l’orologio del Bianconiglio è due giorni indietro, due come il numero undici che accresce e valorizza il numero due, il doppio di Noi, appunto, dove l’undici allo specchio riflette un numero uguale.

Adelaide Wilson, da bambina, non era forse finita nella casa degli specchi? E il seguito del primo romanzo di Carroll non aveva forse un prosieguo dal titolo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò?

 

Hilary Tiscione

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