Abbiamo incontrato la regista di L'ombra di Stalin (Mr. Jones) Agnieszka Holland, in occasione dell'uscita del film in home-video e nei digital stores a partire dal 19 agosto.
Con protagonisti James Norton, Vanessa Kirby e Peter Sarsgaard, il film racconta la storia del giornalista gallese Gareth Jones e del suo viaggio alla ricerca di risposte nella Russia di Stalin.
Il trailer e la sinossi ufficiale:
Gareth Jones (James Norton), un giovane e ambizioso giornalista che divenne famoso per aver intervistato Hitler, va in Russia alla ricerca della sua prossima grande storia. Si concentra sull'utopia sovietica chiedendosi come Stalin stia finanziando la rapida modernizzazione dell'Unione e decide allora di recarsi a Mosca con l'obiettivo di ottenere un'intervista con il capo di Stato. Una volta nella capitale, ha modo di incontrare Ada Brooks (Vanessa Kirby), una giornalista britannica che gli rivela come la storia del regime sia del tutto diversa da quella che trapela. Apprendendo della carestia indotta dal governo, Gareth riesce a eludere le autorità e si reca clandestinamente in Ucraina, dove è testimone di una delle più grandi atrocità della storia: milioni di persone vengono lasciate morire di fame per rivendere il grano all'estero e finanziare con i ricavi il partito.
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Presentato in concorso al Festival di Berlino 2019, L'ombra di Stalin nasce dalla volontà della regista di Raccolto amaro (Bittere Ernte, 1985) ed Europa Europa (1990) di denunciare, partendo dalla sceneggiatura di Andrea Chalupa, l’Holodomor, nome attribuito alla carestia ucraina del 1932-1933. Uno sterminio di milioni di persone che è avvenuto nel più totale silenzio mass-mediatico sia passato che presente, con poche eccezioni tra le quali Mr. Jones.
Quanto della sua esperienza personale di attivista c'è in questo film?
Non ho mai rischiato la mia vita, ma ho sempre cercato di essere attiva nel difendere la verità, nel difendere alcuni valori che credono siano importanti anche se poco popolari o ignorate dai governi. È questo il caso di Mr. Jones che è un esempio di senso della giustizia, di coraggio e mi ritrovo nello spirito di questo giornalista. Ma io, a differenza sua, non sono certo un’eroina.
Quando ha letto per la prima volta la sceneggiatura cosa ha pensato e cosa l'ha spinta a sceglierla?
La prima volta che ho ricevuto lo script ero abbastanza scettica perché ho già diretto tre film sull’olocausto e spesso ricevo sceneggiature di produttori o scrittori che cercano di raccontare alcune delle grande tragedie dell’umanità come il genocidio armeno o le stragi in Ruanda. Ma nessuno di questi testi riusciva a suscitare qualcosa in me. La sceneggiatura di Andrea [Chalupa] mi ha rapito per diversi motivi: in primo luogo la storia è sconosciuta al grande pubblico e credo che servisse raccontarla per denunciare i crimini di Stalin, dato che tutti conoscono bene quelli di Hitler. Inoltre il film non si concentra solo sulle vittime, ma parla della nostra stessa contemporaneità. Questo giovane e curioso giornalista gallese è un punto di vista interessante nel rapporto tra i media del passato e del presente. Credo infatti che il ruolo del giornalismo durante la guerra e durante i regimi e la loro propaganda sia un possibile parallelo a quello che stiamo vivendo oggi nella manipolazione mediatica di popolazione e governi. Oggi giorno molte cose ci avvicinano agli anni ’30 del Novecento e quindi la combinazione tra sofferenza umana e la necessità di parlare dell’onestà e dell’importanza dell’informazione sono state decisive.
Qual è la sua posizione sull’importanza del cinema dal punto di vista politico e di sensibilizzazione?
Dipende dall'epoca e dalla disponibilità del pubblico nel reagire a queste storie. Non credo che un film possa cambiare il mondo, ma credo possa aiutare a capire più chiaramente l’imminente pericolo di una politica distratta. Il passato stesso per me non è passato, è parte del presente e condiziona il futuro. Nella fase di preparazione della storia sono venuta a conoscenza del fatto che attualmente in Russia il più popolare capo di Stato della storia del paese è ancora Stalin. Sarebbe la stessa cosa se i tedeschi rispondessero al sondaggio indicando Hitler, e i nuovi partiti di estrema destra sono manifestazione di questo sentimento. I populismi sono un rischio enorme in un periodo di cambiamenti climatici, gender revolution, globalizzazione: è un enorme pericolo in un mondo in trasformazione dove è facile, se le persone sono in difficoltà, cadere in soluzioni semplicistiche. Il cinema può aiutare ad avvicinarsi alla realtà, alla verità, solo se l’empatia riesce a toccare il pubblico e aiutarlo a prendere un punto di vista inedito.
Il giovane Jones matura passando dalla ricerca della verità alla necessità di denunciare quanto vissuto. Come avete lavorato sulla rappresentazione contrapposta dell’opulenza di Londra e Mosca e la miseria delle campagne ucraine?
All'inizio è semplicemente curioso in quanto giornalista, ma poi a contatto con le persone capisce che è necessario parlare e raccontare ciò che ha visto. Abbiamo lavorato su diverse palette cromatiche ma non volevo nemmeno essere eccessivamente esplicita. Siamo arrivati in Ucraina per girare nel marzo del 2018, cioè nello stesso periodo in cui si era recato Jones, e abbiamo trovato un paesaggio naturale innevato e freddo. Non abbiamo dovuto ritoccare i colori, gli esterni del film sono monocromatici perché rispettano la realtà dei luoghi in cui abbiamo girato.
Quali fonti avete utilizzato oltre agli articoli di Mr. Jones?
Principalmente ci siamo basati su testimonianze orali perché scarseggiano quelle scritte, su alcune poche fotografie e sulla testimonianza di altri giornalisti che, come Jones, parlarono della vicenda. Moltissimi ucraini, infatti, scapparono in Polonia e alcun di loro riuscirono a raccontare la storia in cerca di aiuti internazionali. Non è stato difficile reperire informazioni su quello che accadeva, è più difficile oggi risalire al numero dei morti che si stima possa essere tra i 3 milioni e mezzo e i 9! Il Partito ha fatto sparire qualsiasi documentazione sulla vicenda. Questo vuol dire che praticamente milioni di persone sono morte senza più un nome, è come se fossero sparite dalla storia. Non ci sono statistiche, solo racconti di qualcosa di atroce.
Il film ha un grandissimo cast e durante la sua carriera ha lavorato molto con Ed Harris, nel vostro futuro ci sarà un altro progetto assieme?
Sono stata fortunata perché abbiamo trovato, dopo molto lavoro, il cast perfetto con James Norton ideale per la parte. Alla fine, abbiamo raggiunto un budget di 9 milioni ed è stato possibile realizzare il film così come lo volevamo e avere Vanessa [Kirby] e Peter [Sarsgaard]. Ed Harris e io siamo come fratello e sorella, siamo nati lo stesso giorno e abbiamo già fatto tre film assieme. Poche settimane fa ero assieme a lui a Los Angeles e, dopo che molte idee negli scorsi anni sono sfumate, ci siamo promessi di lavorare ancora una volta assieme prima di diventare entrambi completamente impotenti sul fronte creativo. È una delle persone più profonde ed oneste che abbia incontrato nel mondo del cinema.
Si ringrazia la casa di distribuzione Blue Swan Entertainment.
A cura di Andrea Valmori