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Mary Poppins, la tata praticamente perfetta che non doveva salvare (solo) dei bambini
«Vento dall'est | la nebbia è là | qualcosa di strano fra poco accadrà | Troppo difficile capire cos'è | ma penso che un ospite arrivi per me»

 
Chiuque conosca e ami Mary Poppins non può non leggere queste parole canticchiandole come farebbe Bert (Dick Van Dyke), parole che risuonano nell’inconscio come la melodia dell’Overture dei fratelli Sherman: un ricordo lontano, che riecheggia nota dopo nota, andando a formare una sagoma inconfondibile, quella della tata più famosa del grande schermo, di un’icona assoluta, di Mary Poppins. 



Dalle pagine di Pamela L. Travers (1934) alla trasposizione cinematografica fortemente voluta da Walt Disney sono passati moltissimi anni, 30 per la precisione, stando a quanto raccontato da John Lee Hancock in Saving Mr. Banks, anche molta pazienza e fatica di Disney per convincere l’autrice a cedere i diritti di un’opera per lei così personale. A quanto sembra, però, non ha mai perdonato a Disney una versione che, a suo dire, ha mancato totalmente di rispetto allo spirito originale dell’opera.

«Praticamente perfetta. Sotto ogni aspetto».

 
Impeccabile, iconica, Mary Poppins è entrata nell’immaginario universale con il volto angelico di Julie Andrews, scelta da Walt Disney in persona dopo averla ammirata a Broadway e dopo aver pensato anche a Bette Davis e Angela Lansbury: una decisione talmente forte da aspettarla durante il periodo di gravidanza, offrendo a suo marito, Tony Walton, il ruolo di costumista e scenografo (per il quale ha ricevuto la nomination all’Oscar). Un fatto confermato dalla stessa attrice alla Mostra del Cinema di Venezia del 2019, quando ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera e ha raccontato diversi aneddoti sulla sua esperienza a Hollywood. Per la sua interpretazione di Mary Poppins, Julie Andrews riceverà l’Oscar e il suo primo Golden Globe, cui seguiranno quelli per Tutti insieme appassionatamente e Victor Victoria.  

«Resterò finché non cambia il vento»

 

Quella di Mary Poppins, a tutti gli effetti, è la metafora perfetta di quel che è il lavoro di un educatore: rimanere finché non cambia il vento, finché il lavoro non è finito, finché la situazione non sia risolta. Finché, a conti fatti, non ci sia più bisogno del suo operato. Quello che però non rimane chiaro ad un’occhiata superficiale è a chi sia rivolto questo aiuto, e la domanda sembra trovare la sua risposta nelle parole che la stessa Pamela Travers (interpretata da Emma Thompson) rivolge a Walt Disney (Tom Hanks) nel film di John Lee Hancock: «Secondo Lei Mary Poppins è andata a salvare i bambini, signor Disney?». No, o meglio, non solo: perché una madre suffragetta assorbita dalla politica – idea dei Fratelli Sherman per giustificare la sua assenza – e un padre assente schiacciato dal suo lavoro in banca sono delle figure (loro malgrado) poco presenti per i loro figli. Per cui, a conti fatti, è la famiglia intera che necessita di essere salvata. Una tematica che non appare evidente, nascosta dietro alle strepitose canzoni create dai fratelli Sherman e all’innovativo e rivoluzionario incontro tra animazione e live action, tra realtà e magia, tra immaginazione e vita vissuta: un tema attuale nel 1964 e che oggi risulta ancora calzante, forse ancora di più.

Un’opera eterna, senza tempo, capace di far ancora ridere, commuovere, emozionarsi e volare. Come un aquilone.

Lorenzo Bianchi
Maximal Interjector
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