News
Master MICA - Analisi de "La casa lobo"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

LA CASA LOBO
di Samuele Galleri

L’opera, presentata al 68° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è stata realizzata con la tecnica della stop-motion. Il film è stato co-diretto da Cristobal León e Joaquín Cociña, due artisti cileni, attivi nei campi della scultura e della pittura: una delle molte particolarità de La casa lobo, infatti, è quella di essere stato girato in diversi musei e gallerie d’arte mediante dei set costruiti ad hoc per l’occasione. Questo ha permesso ai due registi sia di ricevere fondi per la produzione da diverse associazioni artistiche, sia di avere il supporto diretto del pubblico, sia di girare il film in ordine non cronologico.

Per capire al meglio le varie dinamiche che questo film vuole mostrare, è necessario conoscere la storia vera da cui l’opera trae ispirazione, e che riguarda un piccolo villaggio del centro del Cile, chiamato appunto Villa Baviera (in spagnolo Colonia Dignidad). Il villaggio ha alle proprie spalle una storia controversa e misteriosa: esso, infatti, venne fondato nel 1961 da un gruppo di immigrati tedeschi guidati da Paul Schӓfer, ex ufficiale paramedico della divisione aeronautica dell’esercito nazista. Una sorta di rifugio d’oltremare quindi, in cui alcuni nazisti, dopo aver perso la guerra, erano ancora liberi di vivere secondo il proprio credo. All’interno di Villa Baviera, tuttavia, non erano residenti solo immigrati tedeschi, ma venivano spesso accettate anche persone del luogo. Per i residenti era proibito uscire dal villaggio, che era circondato da una barriera elettrificata. Colonia Dignidad era, a tutti gli effetti, un piccolo mondo isolato da tutto il resto. All’interno di questo luogo, le persone erano prigioniere e venivano sottoposte ad una serie di torture ed esperimenti, condotti dallo stesso Schӓfer e da Josef Mengele, ex medico ufficiale delle SS, noto per le sue sperimentazioni umane all’interno dei campi di concentramento. Secondo diverse indagini condotte dalla polizia cilena e le numerose interviste rilasciate da chi è riuscito a fuggire dalla Colonia, i residenti si identificavano come membri di una setta religiosa, dove il capo spirituale era il dottor Schӓfer. Durante la dittatura militare di Augusto Pinochet, Colonia Dignidad è stata utilizzata come centro di tortura per le persone scomode al regime: si racconta che al suo interno la DINA (la polizia segreta di Pinochet) e anche alcuni residenti avessero praticato pene corporali di diverso tipo agli oppositori politici. A questo proposito, secondo le testimonianze di alcuni uomini della CIA, Villa Baviera è stata uno dei luoghi cardine della cosiddetta Operazione Condor, un’operazione di politica estera promossa dal governo degli Stati Uniti con a capo il presidente Richard Nixon, che prevedeva la repressione negli stati dell’America del Sud di tutte le correnti comuniste, per preservare l’establishment capitalista di influenza statunitense. Colonia Dignidad esiste tutt’oggi: dopo la fuga di Paul Schӓfer, è stato eletto come nuovo leader Peter Müller, che ha dichiarato alla stampa di aver modificato le regole di convivenza all’interno della Colonia e si è inoltre scusato a nome di tutti i residenti per i 40 anni di abusi e violazioni dei diritti dell’uomo.

Ciò che rende La casa lobo un film interessante, oltre all’animazione stessa, è il prologo del film. La casa lobo inizia infatti con un mini-documentario girato dagli stessi registi, che spiega le origini della Colonia: come è nata, che attività si svolgono, come le persone vivono al suo interno e quali sono le motivazioni che hanno spinto loro ad abitare lì. L’obiettivo di questo documentario, come dice il narratore stesso, è quello di mostrare la Colonia come un paradiso terrestre, nel quale le persone sono libere e vivono in armonia tra loro, rispondendo alle innumerevoli controversie che vedono protagonista il villaggio stesso. Il tono con cui viene messo in scena serve a questo proposito: la voce del narratore è melliflua e rassicurante, e le riprese mostrano persone allegre e ben curate. Un altro possibile motivo per cui il film sia iniziato con questo finto documentario è forse quello di immergere le persone al meglio nella narrazione, che è costruita su un modello role-playing, in cui ogni inquadratura è realizzata come se impersonasse lo sguardo della persona al centro dell’azione. Un’altra verosimile motivazione di questa scelta può essere di matrice storica: secondo alcune indagini, infatti, all’interno di Colonia Dignidad era presente un archivio di film, girati interamente nel villaggio e aventi i residenti come personaggi principali. Queste pellicole, tuttavia, non sono ancora state rese note al pubblico: in questo specifico caso, si può pensare che il documentario presentato all’inizio sia un’ipotetica imitazione dei film contenuti in questo archivio, creati per mettere in buona luce la vita a Villa Baviera.

Riguardo alla figura del lupo, essa permane per tutta la durata della pellicola: una figura onnipresente, citata più volte dalla protagonista. Ma chi è questo lupo? L’interpretazione più ovvia non può che rimandare a Paul Schӓfer: l’ex soldato e medico nazista, come è stato spiegato prima, era infatti il leader di questa setta all’interno di Villa Baviera, un uomo che abusava fisicamente e mentalmente dei propri sottoposti. Le circostanze secondo cui il lupo rappresenti Schӓfer sono confermate da due principali indizi: il primo è dato dal fatto che il lupo parla sia spagnolo che tedesco, Il secondo riguarda invece una sequenza dopo che Maria, nel finale del film, invoca l’aiuto del lupo, nella quale viene mostrata una fotografia che ritrae un pastore tedesco. Risulta chiaro quindi che Maria, all’inizio del film, stia cercando di scappare da Schӓfer stesso.

Un altro possibile elemento su cui si può ragionare è la casa nella quale Maria si rifugia dopo essere scappata dalla Colonia. Questa casa, oltre ad essere molto simile a quella tipica delle fiabe, nel film può simboleggiare qualcos’altro: l’animazione in stop-motion si presenta in maniera diversa da quella a cui si è abituati, i disegni e i pupazzi utilizzati, infatti, sembrano formarsi nel momento in cui la cinepresa si concentra su un determinato punto nello spazio. Il rifugio di Maria potrebbe rappresentare non solo un luogo fisico nel quale nascondersi da Schӓfer, ma anche la mente stessa della protagonista, che cerca di scappare dagli orrori scaturiti dal proprio inconscio a causa delle varie torture subite. Un primo indizio a favore di questa interpretazione è dato appunto dalla tecnica di animazione stessa: Maria costruisce tutti i vari elementi della casa proprio nel momento in cui se li sta immaginando nella propria testa, come se stesse creando un luogo protetto nella sua psiche dove proteggersi dall’influenza di Schӓfer. Il secondo indizio è dato da una linea di dialogo nel finale, quando il lupo, chiamato dalla protagonista in pericolo, si presenta nella casa come una voce fuoricampo, svelando che in realtà egli è sempre stato presente dentro quella casa, dentro la mente di Maria stessa: d’altronde, il titolo del film si traduce letteralmente come La casa del lupo, indicando che il lupo risulta essere il vero padrone della metaforica dimora.

Maria e il lupo non sono gli unici personaggi presenti nel film: quando Maria entra nella casa nel bosco, al suo interno trova due maialini, un maschio e una femmina, i quali si trasformeranno dopo in due umani, che chiamerà Pedro e Ana. La presenza di questi due porcelli può rimandare in primo luogo alla storia di Maria raccontata nell’incipit all’inizio del film, in cui si dice che la protagonista abbia fatto scappare tre suini dal proprio recinto e per questo doveva essere punita, motivo per cui ha deciso di scappare dalla Colonia. In secondo luogo, questi due animali potrebbero essere un altro dei richiami del film al mondo delle fiabe, in questo caso alla favola dei Tre Porcellini, la quale, guarda caso, vede come antagonista proprio un lupo.

Sempre nel corso della pellicola, il lupo si rivolge spesso direttamente a Maria come voce fuoricampo, chiamandola diverse volte “uccellino”. Alla luce di questo, vi sono due scene che assumono un significato molto importante. La prima mostra una piccola gabbia nella quale è intrappolato un uccellino, che vi svolazza al suo interno in modo confuso, quasi come se stesse cercando di capire in che modo ci fosse finito dentro e per quale motivo si trovi lì. La seconda scena invece arriva proprio negli ultimi istanti del film, con l’intervento del lupo stesso, che non solo si sbarazza di Ana e Pedro, ma riesce pure a salvare Maria, la quale poi si tramuta lei stessa nell’uccellino visto precedentemente. Stavolta, tuttavia, l’animale sembra più tranquillo. Una plausibile lettura delle due sequenze descritte può essere questa: all’inizio Maria, scappata dalla Colonia, è come se fosse un uccellino in gabbia, in quanto è costretta a rimanere dentro la casa nel bosco e non sa se e come riuscirà a sopravvivere. Nonostante Maria sia fuggita per avere più libertà, non riesce mai veramente a sperimentarla, anzi, è forse più soggetta di prima all’insicurezza e alla paura. Una volta che il lupo fa il suo ingresso, liberando Maria, ella si rende conto che quella libertà che andava cercando poteva provarla solamente all’interno della Colonia, dove è protetta dal suo leader. Un tema molto interessante, sul quale sono stati fatti anche numerosi studi, come quello sull’esistenza della Sindrome di Stoccolma: quando una persona viene sottoposta ad un elevato stato di stress psicofisico prolungato, non solo l’individuo è portato inconsciamente ad accettare la convivenza in un ambiente minaccioso, ma vi è anche una regressione negli stadi di sviluppo della sua personalità. L’individuo reagisce allo stato di stress a cui è sottoposto trovando una certezza di salvezza nell’Autorità, che interverrà nel caso in cui le cose dovessero andare male. 

Come è possibile intuire dalla prima parte di questa analisi, ne La casa lobo un ruolo di importanza centrale è ricoperto dal simbolismo, in cui molti elementi narrativi e stilistici della pellicola rimandano a concetti esterni. Nella prima parte del film, quando Maria si immagina di arredare la casa, si nota che una delle finestre, nel momento in cui si sta materializzando sulla parete, va a formare una svastica, il simbolo nazista per eccellenza. Un altro elemento, già citato in precedenza, riguarda la fotografia del pastore tedesco: la scelta di mostrare proprio questa razza di cane è forse un rimando al cane accudito da Adolf Hitler, il quale possedeva anche lui un pastore tedesco, come segnalato dalle numerose fotografie dell’epoca che li ritraggono insieme. Ma l’influenza nazista si può ritrovare anche in una delle linee narrative della trama, e riguarda la trasformazione dei maiali Pedro e Ana. Questi due animali, dopo la metamorfosi, vengono ritratti come due umani dai capelli e dagli occhi marroni e la pelle abbastanza scura. La protagonista allora si impone di “migliorarli”, e per fare ciò si servirà di un vasetto di miele (un rimando alla storia vera di Villa Baviera, in cui una delle principali attività era proprio l’apicoltura, come mostrato nel documentario di prologo). Dopo essersi cibati della dolce pietanza, Pedro e Ana mutano in due umani dai capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara, un riferimento appunto alla teoria della superiorità della “razza ariana” divulgata dai nazisti. Solo quando Pedro e Ana mutano i propri tratti somatici, i tre personaggi si ritrovano a cantare tutti insieme appassionatamente un brano (tratto da un album rilasciato da Villa Baviera stessa), come una vera famiglia felice.

Nel finale del film, come già accennato, il lupo appare per salvare Maria proprio da Pedro e Ana: nonostante i tre formassero una famiglia felice, nel momento in cui finisce il cibo la protagonista si sente minacciata dagli altri due, che infatti la legano al suo letto, pronti per mangiarsela. Solo l’intervento del lupo scongiura il pericolo. In questa parte finale, le interpretazioni che si possono fare sono molte, e alcune sono già state dette. Tuttavia, si possono sottolineare due ulteriori elementi: il primo deriva dalle lamentele di Pedro e Ana nei confronti di Maria, una volta scoperto che il cibo è finito. I due maiali vogliono avere gli stessi diritti della protagonista, la quale viene addirittura considerata una privilegiata: il possibile messaggio dietro queste parole è di indottrinamento, se a tutte le persone si danno gli stessi diritti, allora c’è la possibilità che il mondo torni ad una morale pari a quella degli animali. Il secondo è invece legato ancora una volta al mondo delle fiabe: mentre nella tradizione, infatti, è il lupo a voler mangiare il protagonista o i protagonisti della storia, in questo caso vi è un ribaltamento delle aspettative, con il lupo che viene a salvare Maria dalla possibilità di essere divorata.

La casa lobo è un film che rappresenta al meglio le tendenze del cinema contemporaneo. In primo luogo, è un film d’animazione: un genere cinematografico che solo dagli anni 2000 in poi ha iniziato ad essere considerato sia dalla critica che dal pubblico generalista, tanto che molti film animati, negli ultimi anni, sono stati candidati o hanno vinto premi importanti nel circuito dei festival cinematografici. L’animazione è sempre stata snobbata, e spesso fortemente limitata dal pensiero collettivo nel quale i film erano associati ai cartoni animati, quindi prodotti creati con una sola tecnica e che hanno come proprio target soprattutto i bambini. Probabilmente, il film è stato concepito come animato anche per lanciare questo tipo di provocazione, in quanto poco adatto ad un pubblico infantile. Oltre a ciò, La casa lobo è un film in stop-motion, una tecnica che prevede l’utilizzo di pupazzi o altri oggetti i cui movimenti sono realizzati da un animatore. Un metodo artigianale, che rimanda al cinema delle origini, e che oggi ottiene importanti risultati economici al botteghino e in generale nell’intera filiera di sfruttamento. In secondo luogo, il film è frutto dell’industria cinematografica cilena: dopo la fine della dittatura di Pinochet, avvenuta nel 1990, contrassegnata dal divieto di realizzare opere cinematografiche politicamente impegnate, il cinema cileno fiorisce in una nuova Nouvelle Vague. La rivoluzione artistica cilena è guidata principalmente dal regista Pablo Larraín, a cui però Cristobal León e Joaquín Cociña hanno detto di non essersi ispirati: una dimostrazione del fatto che la produzione cinematografica cilena, dopo la dittatura, ha sviluppato modalità di fare cinema anche molto differenti dal suo autore più apprezzato. A questo proposito, merita una menzione la casa di produzione cilena Diluvio, legata ai due autori del film sin dall’uscita del loro primo cortometraggio animato The Witch and The Lover, e produttrice anche dei loro film successivi, tra cui appunto anche La casa lobo.
Maximal Interjector
Browser non supportato.