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Master MICA - Analisi de "Ritratto della giovane in fiamme"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

PORTRAIT DE LA JEUNE FILLE EN FEU
di Federica Gentile

Il film (2019) è stato scritto e diretto dalla regista francese Céline Sciamma. Si avvale di un cast tutto al femminile, protagoniste Noémie Merlant e Adèle Haenel. Ci troviamo nella Francia del diciottesimo secolo. Marianne è stata commissionata per dipingere il ritratto di nozze di Héloïse.  Inaspettatamente però, le due si innamorano, ed il pubblico si trova proiettato all’interno della loro relazione proibita. Una storia di emancipazione sessuale femminile, arte, rabbia e non solo, siamo di fronte ad un ritratto al contempo contemporaneo e storico.

L’ OPPOSIZIONE L’ARTE E I COLORI
Le due protagoniste sono fortemente in opposizione tra loro. Questo contrasto viene evidenziato sin dalla scelta del cast che palesa questa differenza anche a livello fisico. Héloïse è bionda dagli occhi chiari mentre Marianne è il suo opposto, mora dagli occhi scuri.
La prima è destinata ad una vita che non le appartiene, obbligata ad essere quello che non è. Marianne invece non è costretta a sposarsi e non deve annullarsi a favore di un matrimonio fasullo. La pittrice al contrario della giovane può scegliere. Come sottolinea anche Helöise. Il fatto che Marianne sapesse anche altre lingue dimostra quanto abbia potuto concedersi alla curiosità, arricchirsi, viaggiare e vedere altro all’infuori delle quattro mura di casa. Ad Héloïse, contrariamente è negato tutto. Forse all’inizio è anche a causa di queste loro differenze che Marianne non riesce a dipingere la giovane. Non la comprende abbastanza. Talmente in opposizione da non riuscire a “vederla”.
Dalla pittura, alla musica, alla letteratura, il film gira attorno alla potenza espressiva e comunicativa dell’arte. Le donne sono circondate da arte ed attraverso essa si decideranno le vite di entrambe. Il film si apre con colori freddi. Marianne è vestita di blu, ferita dopo il trauma. Nel racconto è invece vestita di rosso, consapevole di sé, libera ed indipendente mentre Héloïse di blu (ad indicare tristezza e rassegnazione). Nella seconda parte, i colori freddi fanno da sfondo alle due donne, una in rosso e l’altra in verde, ad indicare speranza e passione. In chiusura sono entrambe vestite di giallo ad indicare l’energia, la positività, l’ottimismo, ma anche codardia e gelosia di qualcosa che non c’è mai stato e che non avranno mai. Il frame finale è completamente nero. In opposizione a quello iniziale che è bianco. Il nero rappresenta la chiusura, la fine oltre la quale non c’è più nulla, ma anche consapevolezza nuova e rinascita. 

RICORDO E FEMMINISMO
Il film si basa sul ricordo: parla di e attraverso esso. Nella scena iniziale, Marianne osserva un vecchio dipinto e si trova inondata da pensieri e sentimenti che aveva accantonato. Attraverso il suo ricordo di questa storia d’amore condivide queste memorie con il pubblico. In questo momento lo spettatore non sa nulla, può solo provare ad immaginare perché turbi così tanto l’artista. Siamo probabilmente di fronte alla sua musa. 
A posteriori si deduce che la storia vissuta sia stata travolgente, infuocata, piena di passione, rimorso e rabbia. Si palesa il frutto del successo di Marianne nel dipingere Heloise da un ricordo, cosa che non le è riuscita durante tutto il tempo passato insieme. L’artista ha dipinto uno dei ricordi più vivi della loro relazione nella sua memoria, la notte in cui entrambe si sono rese conto di provare questa forte ed ardente passione verso l’altra. 
Prima di partire bisogna fare un punto sul contesto storico in cui il film è ambientato. Nell’Ottocento la donna era relegata al ruolo di moglie e madre. Molte delle attività che noi consideriamo normali ad oggi, erano precluse. Nel film si fa riferimento a questa “gabbia” e senso di oppressione. La pellicola vuole anche essere un ritratto femminista, fonte di considerazioni e rimandi a quello che le donne, dovevano e devono subire. Si ricorda quella che era la quotidianità; Sciamma non vuole far dimenticare da dove si è partiti per arrivare alla situazione di libertà attuale. 
Héloïse ne è esempio più che calzante. Costretta a sposare un uomo che non ama perché quello le era stato imposto. Per tutta la sua vita ha dovuto obbedire a qualcuno ed il futuro non sembrava differente. La prima volta la si vede coperta e spersonificata. Sia Marianne che il pubblico non sono in grado di vederle il volto, come anonimo era il suo avvenire. La si vede poi correre, mostrando per la prima volta il suo volto. La giovane si è sentita padrona delle sue azioni. Correre le aveva ridato gioia e vitalità, l’aveva fatta sentire libera. È una persona in carne ed ossa e per la prima volta anche lei si sentiva tale. Quando Héloïse scopre la verità su chi fosse Marianne, è curiosa di vedere il suo ritratto di cui non è però felice. Esattamente come lei in quel momento, mancava di profondità, personalità ed emozioni. Era anonimo. 
Probabilmente la regista ha sviluppato la storia negli stessi ambienti per dare ancora più potentemente quel senso di oppressione e ingabbiamento di cui sopra. Héloïse, è ossessionata dal mare che le sembra interminabile, come eterna la sua condizione. Oltre quell’orizzonte tanto infinito, c’è la libertà. È forse per questo che non sapeva se fosse in grado di nuotare o meno, non sapeva se queste possibilità fossero destinate anche lei. 
La madre di Héloïse le aveva finalmente concesso di uscire. A causa del suicidio della sorella, la sua situazione era diventata ancora più opprimente. Sua madre l’ha letteralmente ingabbiata in casa. Perché si sa, il posto delle donne è quello, avrà voluto comunicare Sciamma. La sorella di Héloïse poco prima di morire le aveva scritto una lettera in cui si scusava di averle lasciato il suo destino. L’aveva condannata alla sua vita, spinta da rabbia e rassegnazione, ha deciso di compiere un gesto al contempo liberatorio e atto di ribellione. Per lei sembrava più gratificante una morte che l’avrebbe resa libera invece di una vita sapendo di non poter esistere. L’unica possibilità di fronte ad un’avvenire che l’avrebbe imbavagliata per sempre. Ed è qui che entra in gioco il ricordo della sorella, che comunica ad Héloïse che la strada per la libertà è una sola e che se avesse voluto essere sé stessa, la soluzione per poter iniziare a vivere sarebbe stata paradossalmente quella di togliersi la vita. E ancora, si è voluto comunicare quante donne sono dovute morire e quante di loro abbiano dovuto ribellarsi per ottenere, con il tempo, quanti più diritti possibili. Nonostante Héloïse fosse stanca e arrabbiata, la si vede fare la scelta opposta. La ragazza passa infatti dalla ribellione all’accettazione della sua “condizione”. Allo stesso modo una scelta fatta anche a causa del ricordo di Marianne che l’accompagnerà per tutta la vita, la sua ira si è evoluta in accettazione di un ricordo eterno, di quel tenero amore libero da tutte le limitazioni, colmo di uguaglianza.
L’artista invece aveva certamente restrizioni legate al suo essere donna, ma al contrario di Héloïse era fortemente indipendente e padrona delle sue scelte. La sua figura rimanda al pensiero di quanto la storia sia carente di personaggi femminili che abbiano potuto arricchire il mondo artistico, scientifico…, perché vietato, di quanto lo spazio di azione delle donne sia molto più limitato rispetto a quello degli uomini, perché anche nell’arte si misurano e riflettono i rapporti sociali di genere. Le donne nell’arte come nella vita erano invisibili. Proprio come scriveva Virginia Woolf in “Una stanza tutta per sé”, portando alla luce le limitazioni imposte nel corso dei secoli alla creatività femminile dalla società. E se a parlare delle donne sono sempre stati gli uomini, Virginia Woolf prima e Celine Sciamma poi ci hanno urlato addosso con tutta la loro rabbia: “È arrivato anche il nostro turno”.
Gli uomini fanno solo da cornice nel film ma la loro presenza ha conseguenze sulle vite di tutte le donne. Sono gli uomini che controllano le loro storie. La carriera artistica di Marianne dipende dal successo del padre. La vita di Héloïse promessa ad un milanese per la futura sicurezza della sua famiglia. Sophie è ingravidata da un uomo e cerca di abortire, rimandando alla situazione contemporanea per il tema aborto. 
A proposito di uguaglianza, a circa metà film Héloïse spiazza Marianne e lo spettatore con una frase dalla fortissima valenza simbolica che ardeva dentro di lei: “L’uguaglianza è un sentimento dolce da provare”. Sta tutto lì il senso del film, in questa breve frase piena di forza e significato. Sciamma vuole mostrarci che l’uguaglianza è sexy. È quello che Heloise vorrebbe. Sta lì tutta la sua disperazione e frustrazione. 
Anche il momento del loro addio è dettato dal ricordo. Si è menzionata la storia di Orfeo ed Euridice, di come egli abbia fatto una scelta poetica e non da amante. Le due giovani fanno lo stesso prima che la loro relazione muoia per sempre. Proprio come Orfeo le donne scelgono il ricordo, di guardarsi per l’ultima volta ed imprimere i propri volti nella memoria, destinati a restare un ricordo.
Alla fine del film Marianne scorge Héloïse da sola, in quel momento l’orchestra intona un passo delle Quattro Stagioni di Vivaldi, che aveva ascoltato grazie alla pittrice. Sta probabilmente pensando a Marianne, al dolce ricordo che le ha lasciato. Attraverso il piano sequenza finale, Sciamma sceglie di lanciare addosso allo spettatore tutto il carico emotivo accumulato durante il corso della sua storia da Héloïse. Questa lacrima l’ha resa libera, questa lacrima è frutto del ricordo della sua amata, questa lacrima è simbolo di eternità.

LO SGUARDO E IL FEMALE GAZE
Per il filosofo francese Sartre in “L’essere e il nulla”, la vista è la chiave che ci permette di accedere all’incontro con l’altro, prendendo coscienza della sua e della nostra identità, volgendo questo sguardo ad un altro io. Quando gli sguardi si incrociano “un io incontra un altro io”. L’io diventa consapevole che l’altro è soggetto e non oggetto, ed è questo quello che Sciamma ha fatto. Le donne in questa pellicola sono diventate soggetto e non oggetto. All’inizio Marianne considera Héloïse proprio nella relazione artista-oggetto e questo si traduce nel non riuscire a rappresentarla. Da qui forse il rifiuto di Héloïse a causa di questo sguardo verrà “ceduta”. Helene Delmaire è l’artista che ha dipinto le opere nel film. La sua estetica si avvicina molto al concetto del gaze, che è infatti la sua poetica: spersonalizzare i suoi dipinti, avvicinandosi alla teoria di Sartre.
Bisogna soffermarsi sul modo di protrarre una relazione queer da e per le donne. La maggior parte dei film che mostrano allo spettatore coppie queer (lesbiche nello specifico), sono pensate e scritte da e per uomini portando ad una riflessione sul “male gaze”. Lo sguardo sarà elemento importante di riflessione e comprensione. La regista (apertamente queer) ci dona un film pensato per lo sguardo femminile, libero da stereotipi, oggettificazioni e feticizzazioni a cui le pellicole dirette da uomini ci hanno abituati. Una storia che le appartiene e che non ha problemi a ricreare.
La pellicola si apre con riferimenti allo sguardo. Siamo di fronte ad una tela bianca, che non ha ancora trovato un’essenza ed un’esistenza, comunicandoci un senso di incompletezza attraverso l’ausilio dell’arte. Se si vuole anche metafora di quanto le donne fossero relegate ad un ruolo posto in penombra rispetto agli uomini, osservatrici e mai protagoniste. Ci comunica quanto ancora le loro vite e storie dovessero essere imbrattate e arricchite, proprio come una tela in attesa che quel bianco si trasformi in qualcosa di diverso, di completo. 
In questo caso il soggetto giudicante è la protagonista, non più un uomo ma una donna. La pittrice guida le sue allieve nel processo creativo, e si rende paradossalmente oggetto della visione. 
Marianne per il resto del film farà da osservatrice, fino a quando anche attraverso le inquadrature si otterrà un capovolgimento delle dinamiche che porterà le protagoniste sullo stesso piano, all’uguaglianza. In una scena Marianne ci rivela il frutto del suo osservare la ragazza, i gesti della giovane che l’artista ha imparato a notare. In questa sequenza Marianne è sempre ripresa in mezzo primo piano per darci la sensazione di quanto potere avesse su Héloïse. Rappresentata come l’artista che guarda. Héloïse al contrario è in piano medio, l’oggetto osservato che ci comunica vulnerabilità. Si scopre in seguito che Héloïse ha osservato allo stesso modo Marianne, con un ribaltamento nella rappresentazione. Per una breve sequenza sono poste sullo stesso piano ed occupano la stessa porzione di spazio, sono alla pari. La videocamera zooma su Héloïse e la rende osservatrice, rappresentata come Marianne in precedenza. Questa volta è Marianne ad essere indifesa e ripresa in piano medio, comunicandoci come si può essere esattamente osservatore e soggetto allo stesso tempo. 
Quando poi Marianne dice ad Héloïse di guardarla, esplicitando per la prima volta che fossero complici, le due si “vedono” per la prima volta. C’era una differente consapevolezza da parte di entrambe. L’artista sembra un po’ scombussolata quando la giovane le volge per la prima volta uno sguardo consapevole, non è più oggetto, ha finalmente il controllo su di sé e su quello che vuole far passare attraverso il suo sguardo. Ci comunica anche un certo senso di accettazione che stava iniziando a provare. Questo scambiarsi occhiate ha inoltre comunicato allo spettatore la nascita della storia d’amore. Le parole erano quasi superflue, le due hanno infatti comunicato tramite sguardi e silenzi.
Il film, inoltre, si chiude esattamente come è iniziato: con l’osservare. 

IL SILENZIO E LA PAROLA 
Le parole vengono utilizzate quando strettamente necessarie per esaltare la potenza comunicativa dello sguardo. È anche il silenzio elemento portante del film. Le due nella passeggiata mattutina sono imbavagliate e le loro bocche coperte, serrate, chiuse. Esaltando quella che era poi la condizione della donna all’epoca. 
Il silenzio lancinante è messo in risalto dalla quasi totale assenza di colonna sonora, per farci provare le stesse sensazioni di Héloïse. Prende forma una immersione totale nella sua vita, spenta e senza musica. 
Una delle volte in cui la si sente, è quando Marianne cerca di spiegarla tramite un passo delle Quattro Stagioni di Vivaldi. La seconda volta durante la scena attorno al fuoco. Delle donne iniziano ad intonare “ritratto della giovane in fiamme”. Le parole della canzone (latino) sono un adattamento dei testi di Nietzsche fatti da Sciamma stessa che invocano streghe ed il potere della sorellanza. Fugere non possum viene ripetuto ad oltranza, ma non significa che chi non vola non voglia farlo, al contrario ardentemente lo desidera. È proprio in quel momento travolgente, che le due realizzano che si stavano innamorando l’una dell’altra. La passione rappresentata sia visivamente che sonoramente. Sono l’una di fronte all’altra, c’è fuoco in mezzo a loro e di lì a poco ce ne sarà dell’altro.
Nella scena finale, si riprende Vivaldi con la stessa composizione delle Quattro Stagioni. La colonna sonora ci accompagna e scandisce le tre fasi della loro relazione: la prima più debole di conoscenza, la seconda forte e di innamoramento e l’ultima di accettazione finale, completa. La musica gioca un ruolo importante nel definire l’amore. Come se fosse un ciclo, iniziato e concluso con la stessa melodia.
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