Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
BURNING
di Giulia Diplotti
Burning (2018), sesta opera del regista sudcoreano Lee Chang-dong, arriva 8 anni dopo il suo lavoro precedente, Poetry. Lee Chang-dong è considerato tra gli autori contemporanei più ammirati della Corea del Sud grazie anche alla sua propensione a inserire elementi di attualità all’interno delle sue storie. In Burning, come in altre opere del regista, ci si trova di fronte a una complessa struttura narrativa che viene utilizzata per portare avanti una critica alla società coreana contemporanea e per sottolineare le disuguaglianze di classe presenti al suo interno, stimolando lo spettatore a porsi quesiti morali e riflettere sulla condizione del presente. Burning, ambientato appunto ai giorni nostri in Corea del Sud, inizia come un triangolo amoroso per poi evolversi in una sorta di thriller esistenziale.
Han (한 恨)
La Corea è un paese che, nel corso della sua storia, si è trovata spesso ad affrontare molte avversità; dall’occupazione giapponese, alla guerra che ha portato alla divisione tra quelle che attualmente sono le due Coree, fino all’imporsi dell’imperialismo economico americano. Solo recentemente la Corea del Sud è riuscita ad attenuare il controllo delle forze esterne che per anni ne hanno condizionato l’andamento. Ancora oggi sono infatti evidenti segni della recente storia che continuano ad avere ripercussioni sul sentire della popolazione locale. Il concetto di Han, ad esempio, è intrinseco nella cultura coreana e difficilmente traducibile; simboleggia un senso di oppressione e profondo risentimento per un’ingiustizia subita, è condiviso dalla popolazione coreana nel suo complesso e spesso riscontrabile anche nelle forme artistiche.
Il concetto di Han, riscontrabile in Burning, è già presente nel secondo film del regista, Peppermint Candy, che si apre con il suicidio del protagonista, Yong-ho, la cui vita è raccontata secondo una struttura narrativa invertita, tornando progressivamente indietro nel tempo. Proprio come la Corea del Sud passa da dittatura a stato di polizia per poi evolversi in nuovo gigante economico, Yong-ho passa dal servizio militare alla carica di poliziotto per poi diventare un investitore di borsa, trascinato da avvenimenti politici e socioculturali a cui non può opporsi. È individuabile una connessione tra la storia di Yong-ho e quella del personaggio di Burning, Jong-su, la cui condizione personale è infatti segnata da avvenimenti al di fuori del suo controllo. Il concetto di Han in Burning è individuabile nel risentimento e senso di ingiustizia subita che Jong-su associa alla figura di Ben il cui status e ricchezza, in apparenza quasi immeritata, rappresentano una sorta di appropriazione di ciò che è vitale per Jong-su; è qui che il registra trova il punto di fusione tra politica e arte.
Critica sociale contemporanea
Attraverso la caratterizzazione dei due personaggi maschili contrapposti fra loro, l’intento del regista è quello di indirizzare lo spettatore a una riflessione critica rispetto alle diseguaglianze di classe presenti nel paese e nella società contemporanea.
Benché la storia alla base di Burning sia ispirata al racconto breve di Haruki Murakami, Barn Burning (Granai Incendiati nell'edizione italiana), questa è stata accuratamente riadattata da Lee Chang-dong allo scopo di far emergere la tematica sociale. Infatti, se in entrambe le versioni, il protagonista perde le attenzioni della ragazza amata a causa dell’arrivo di una nuova figura maschile, nel film l’estrazione sociale del protagonista non rispecchia quella descritta nel libro. Nel libro il narratore è un giovane uomo appartenente al ceto medio che vive nella periferia di Tokyo e sembra rimanere indifferente verso il mondo che lo circonda. Mentre il protagonista del libro può permettersi di distaccarsi dalla realtà materiale ed emotiva, grazie alla sua condizione sociale, il protagonista del film, Jong-su, non può farlo.
Jong-su appartiene a un umile contesto familiare originario di Paju, un’area rurale smilitarizzata al confine con la Corea del Nord, il cui scorrere delle giornate è scandito dalla moltitudine di annunci propagandistici provenienti dall’altra parte del confine. Proprio in una delle prime scene nella quale viene mostrata e presentata allo spettatore la casa di famiglia di Jong-su, il regista coglie l’occasione per inserire alcuni elementi di critica sociale. Viene infatti mostrato il protagonista che sta guardando la televisione e il servizio trasmesso riguarda proprio la disoccupazione giovanile e come questa, in Corea del Sud, abbia il tasso di avanzamento maggiore all’interno dei Paesi membri dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Inoltre, poco dopo, la ripresa si concentra sull’apparecchio televisivo che trasmette un discorso dell’allora presidente americano Donald Trump. La presenza di una figura come quella di Trump inserita nel contesto di una fattoria a Paju è emblematica: il regista propone un naturale accostamento fra i proclami del presidente americano e gli slogan propagandistici diffusi dalla Corea del Nord nello spazio aereo della regione, noti per i loro contenuti disseminati di notizie false. In questo contesto geografico, il cameo televisivo di Trump è un simbolo di qualcosa di più grande e collegato alla realtà locale.
Due realtà a confronto
Jong-su, aspirante scrittore, è un ragazzo silenzioso, la cui vita è composta da una somma di perdite che contribuiscono al declino della sua posizione: dai recenti cambiamenti che vedono Paju nel mirino di un progetto di urbanizzazione, all’abbandono della madre che torna dopo anni solo per chiedere un prestito al figlio disoccupato, all’assenza del padre che deve affrontare un processo per aggressione a un pubblico ufficiale, lasciando al figlio una casa dismessa e un allevamento da gestire. Un allevamento che in sostanza è rappresentato da un unico e malmesso capo di bestiame. Anche dopo aver conquistato l’affetto della ragazza amata, Hae-mi, conosciuta fin dall’infanzia e ritrovata per caso, Jong-su si trova, in poco tempo, a perdere questa connessione speciale a causa di un facoltoso ragazzo di città di nome Ben.
Ben non rivela mai cosa fa e in che modo sostiene il proprio stile di vita, ma possiede una Porsche e un appartamento nel quartiere più ricco di Seul, Gangnam; tutti elementi che sottolineano il suo benessere economico. L'identificazione di Ben con quella di un'élite globalizzata e globale è resa evidente da una caratterizzazione americana del personaggio, come suggerito anche dal suo nome. La dimensione di globalizzazione del personaggio di Ben è inoltre percepibile nella scena in cui Jong-su fa per la prima volta la sua conoscenza. Invitato da Hae-mi ad andarla a prendere all’aeroporto in occasione del suo rientro dall’Africa, viene presentato a Ben che utilizza una stretta di mano per introdursi al giovane mentre Jong-su, come da consuetudine coreana, accenna anche un inchino.
In un altro momento all’interno del film, la differenza sociale influisce sulla loro quotidianità, quando Ben racconta del suo passatempo di bruciare serre; passatempo che a suo dire non verrà mai scoperto, considerando che "la polizia coreana non presta attenzione a questo genere di cose”. Dall’altra parte, invece, il padre di Jong-su si trova ad affrontare un processo, da cui uscirà colpevole, per aver aggredito un pubblico ufficiale. L’essenza sprezzante di Ben si percepisce anche nello sfrecciare della sua Porsche e nell’uso disinvolto che fa della marijuana, sostanza altamente vietata in Corea del Sud, forte della consapevolezza di come il suo benessere economico gli fornisca una sorta di aurea protettiva. In un’altra scena è invece facile notare come Jong-su venga squadrato da due poliziotti di Seul semplicemente perché fermo a consumare del cibo nel suo camioncino malandato, di seconda mano.
La danza al crepuscolo
Un’anticipazione del ballo che verrà eseguito dalla protagonista femminile a metà del film avviene in una scena precedente, durante una cena con Jong-su, Ben e i suoi amici. In quell’occasione Hae-mi racconta il significato di questa danza, imparata durante il suo viaggio in Africa, e la differenza tra quelle che vengono chiamate “Little Hunger” e “Great Hunger”. La danza rituale, che solitamente avviene nel momento tra il tardo pomeriggio e la sera, inizia con le braccia rivolte al suolo, a simboleggiare l’essere desideroso e affamato (Little Hunger). Man mano che la danza progredisce e le braccia si sollevano verso il cielo, la coreografia passa alla fase di “Great Hunger” che simboleggia la ricerca del significato della vita.
La danza al crepuscolo rappresenta un momento cardine del film, che delinea una sorta di divisione tra la prima e la seconda parte dell’opera. Nella prima parte la storia si concentra principalmente sul triangolo amoroso tra Jung-su, Hae-mi e Ben, mentre nella seconda si accentua il lato mistery-thriller della storia. Soprattutto nella seconda parte, lo spettatore vive gli eventi mostrati sullo schermo tramite il punto di vista di Jong-su ed è attraverso la sua prospettiva che verrà interpretata la sparizione di Hae-mi.
Sequenze a confronto - Générique di Miles Davis
La sequenza di danza, ambientata nella fattoria di Paju, è innescata dalla musica proveniente dalla macchina di Ben che induce Hae-mi ad alzarsi, togliersi la maglietta e danzare come se fosse ipnotizzata dalla melodia. È interessante soffermarsi sulla scelta della canzone utilizzata, identificabile in Générique di Miles Davis, che inizialmente compare sotto forma di suono diegetico. Miles Davis è anche l’artista menzionato all’interno della storia breve di Murakami, che non specifica però quale album o canzone facciano da sottofondo alla scena che descrive. Lo spettatore potrebbe pensare che la scelta di questa canzone sia solamente un omaggio alla storia originale, ma andando più nel dettaglio si può comprendere come questa scelta non sia casuale, e come rappresenti un altro elemento di contemporaneità che, per definizione, valorizza l’innovazione mantenendo uno sguardo rivolto verso il passato. Il brano Générique è infatti parte di un album che è stato composto appositamente da Miles Davis per la colonna sonora di un film francese del 1958 intitolato Ascensore per il patibolo. La scelta di una canzone presente in un film noir/thriller sembra quasi voler suggerire allo spettatore la svolta narrativa che segue la sequenza della danza al crepuscolo. Infatti, la narrazione della seconda parte di Burning è incentrata sul mistero della sparizione di Hae-mi e sulle indagini amatoriali di Jong-su nei confronti di Ben. Inoltre, è significativo anche il confronto tra le scene dei due film in cui il brano Générique fa da colonna sonora. Entrambe le scene, ambientate di sera, vedono al centro della ripresa le protagoniste femminili della storia intente nella ricerca di qualcosa. La protagonista di Ascensore per il patibolo è alla ricerca del proprio amante, mentre la protagonista di Burning, attraverso la danza, è alla ricerca del significato della vita. Pur essendo gli oggetti della ricerca di questi due personaggi differenti tra loro, entrambe le scene rappresentano un momento di raccoglimento e riflessione personale che porta entrambe a una commozione sincera.
La commozione di Hae-mi alla fine della coreografia rappresenta una sorta di presagio, come se Hae-mi fosse in qualche modo consapevole del destino che l’attenderà e del fatto che non avrà l’opportunità di soddisfare la sua sete di ricerca del significato della vita.
Serre Incendiate
L'atmosfera altamente simbolica creata dal regista con la scena della danza rituale al crepuscolo sembra offrire a Ben la possibilità di intavolare una conversazione, altrettanto surreale, con Jong-su. Infatti, proprio in questa occasione, Ben rivela a Jong-su il suo insolito hobby, che ha più quasi la valenza di un rito, di appiccare incedi a serre abbandonate. Rituale che ammette di mettere in atto circa ogni due mesi, sostenendo ci siano molte serre inutili, sporche e dall’aspetto sgradevole che, tramite questa pratica, si possono far sparire in una manciata di secondi, come se non fossero mai esistite. L’atmosfera e il frangente creato da Lee Chang-dong permettono al pubblico, in un primo momento, di assimilare questa informazione sotto forma di verità per poi concentrarsi sulla possibile metafora di tale dichiarazione. Infatti, alla rivelazione di Ben precede il racconto d’infanzia di Jong-su in cui il protagonista racconta di come, dopo l’abbandono della madre causato dalla rabbia repressa del padre che esplodeva improvvisamente, quest’ultimo abbia coinvolto il figlio nel falò fatto con gli abiti lasciati a casa dalla donna.
Jong-su rimane colpito dalla confessione di Ben, che ammette di essere andato in visita a Paju per perlustrare la zona della prossima serra che sarà incendiata da lì a poco, e, nei giorni a seguire, il protagonista presta una particolare attenzione all’area circostante la sua abitazione e al momento in cui questo incendio avverrà. Nonostante questo, Jong-su non troverà nessuna traccia di serre incendiate nella sua zona di residenza.
I due racconti che hanno per oggetto l’elemento del fuoco e, la successiva narrazione che non porta a nessuna evidenza di serre incendiate, possono destare sospetti nello spettatore rispetto all’uso delle serre come metafora per indicare le donne. Avanzando nella visione, il pubblico può quindi trovarsi a riflettere sulla possibilità che le serre e il fuoco possano rappresentare invece un elemento legato alla figura femminile e al rapporto che i protagonisti maschili hanno con essa.
Questa ipotesi è rafforzata sia dalla natura stessa delle serre, ambienti che favoriscono la crescita di organismi viventi e la cui funzione richiama perciò quella del ventre femminile, sia da alcuni indizi presenti all’interno del film, come il sogno di Jong-su che rivive il momento dell’incendio dei vestiti della madre. In questo momento onirico Jong-su ha infatti dinnanzi a sé una serra in fiamme.
Hae-mi, il potere metaforico della figura femminile
Anche il ritrovamento di un orologio appartenente a Hae-mi in un cassetto all’interno del bagno di Ben contribuisce a incrementare l’ipotesi dei possibili delitti. Nel cassetto in questione sono presenti altri oggetti che sembrano poter essere appartenuti a diverse donne, insinuando nella mente dello spettatore il dubbio che tali monili possano essere una sorta di trofeo degli omicidi perpetrati da Ben. Un ulteriore indizio è dato da una conversazione tra Jong-su e Ben, dove Ben ammette di non aver più avuto contatti con Hae-mi, la quale “sembra sia sparita come una nuvola di fumo”. Infine, nell’ultima visita di Jong-su all’appartamento di Ben, viene mostrato un nuovo inquilino; un gatto bianco che Ben afferma essere un gatto randagio a cui non ha ancora dato un nome. Eppure, quando Jong-su cerca di attirarlo dopo la fuga dell’animale dall’appartamento, il gatto sembra rispondere al nome Boil, un nome insolito che Hae-mi aveva scelto per il suo gatto, il quale però non è mai apparso sullo schermo. Lo spettatore, che osserva questa parte del film condizionato dallo sguardo di Jong-su, è sempre più portato a credere che tutti questi indizi confermino il coinvolgimento di Ben nella sparizione di Hae-mi.
La costruzione del personaggio di Hae-mi evidenzia una critica sociale alla condizione delle donne in Corea del Sud. Questa prospettiva viene anche sottolineata durante una conversazione riguardante la sparizione di Hae-mi tra Jong-su e un’amica, la quale afferma che “essere una donna è difficile. È un problema se usi make-up, ma è un problema se non lo fai. È un problema se indossi vestiti appariscenti, ma è anche un problema se non curi il tuo aspetto. Hai mai sentito il modo di dire “non è un paese per donne”?” Infatti, nonostante i progressi che si sono verificati dalla fine degli anni ’80 a oggi, le donne devono ancora affrontare ostacoli nel mondo del lavoro e vengono ancora identificate come membri della famiglia che dovrebbero svolgere i lavori domestici e occuparsi della cura dei bambini, generando comprensibile scontento tra la popolazione femminile.
La storyline di Hae-mi può essere interpretata come una storia sulla mascolinità e una critica alla società che non mostra interesse per un personaggio usato per indicare una categoria di persone. La ricerca di Jong-su mostrata nella seconda parte del film è singolare. Infatti, nonostante i suoi sospetti e qualche indizio trovato, Jong-su non pensa mai di rivolgersi alle forze dell’ordine, rifacendosi anche all’affermazione pronunciata da Ben che sostiene come la polizia non si interessi dei casi di donne scomparse. La ricerca di Jong-su dà l’impressione di essere incentrata più su quello che gli è stato sottratto rispetto al genuino interesse per Hae-mi. Questo si può notare nel modo in cui Jong-su passi dal dichiarare amore per la ragazza la sera, per poi insultarla al mattino per aver ballato senza maglietta davanti a lui e Ben. Nella sua percezione Hae-mi rappresenta quasi un oggetto idealizzato di contesa tra lui e Ben, che Jong-su vuole recuperare per il riscatto che rappresenterebbe nei confronti dei principi incarnati da Ben.
Il gatto di Hae-mi come il gatto di Schrödinger
Il film si apre con l’immagine del portellone chiuso di un camion. Lo spettatore si aspetta che il portellone si apra, ma in realtà il primo personaggio che compare emerge da dietro il furgone e si avvia verso la parte opposta dell’inquadratura. La scena iniziale di Burning destabilizza lo spettatore, non aprendo il portellone che dovrebbe accompagnare il pubblico all’interno del film. L’entrata e l’uscita del protagonista dalla prima inquadratura sono il modo in cui Burning presenta personaggi che oscillano tra due mondi; quello della realtà odierna che viene mostrato allo spettatore e quello dietro la porta, uno spazio di difficile comprensione per l’osservatore, tangibile solo attraverso l'esperienza fittizia dei personaggi sullo schermo. Questa idea prende ispirazione dall’esperimento mentale proposto da E. Schrödinger nel 1935. L’esperimento affronta i limiti della meccanica quantistica applicata agli oggetti di uso quotidiano. Schrödinger ha affermato che se si mettesse un gatto all'interno di una scatola sigillata con una sostanza radioattiva, il processo di decadimento porterebbe alla morte del gatto, il quale, fino all’apertura della scatola, continuerebbe a vivere contemporaneamente in due stati, vivo e morto.
Similmente Burning esiste in due stati che potrebbero essere individuati come avvenimento e non avvenimento, come l’area che si cela dietro il portellone iniziale e che nega al pubblico una parte di spazio all’interno del film. Inoltre, è presente un ulteriore parallelismo proprio con il gatto di Schrödinger, la presenza/non presenza di un gatto all’interno del film. Per Jong-su, che alimenta e infine si libera da quello che è visto come il mistero del film, non si tratta di sapere se il gatto ci sia o meno. Il fulcro è rappresentato dalla possibilità di presenza o meno del gatto, come intersezione tra due mondi; quello nella sua testa, non accessibile allo spettatore, e quello che invece viene mostrato. Non esiste un’unica verità distinguibile per sciogliere questo mistero creato proprio da Jong-su. Il protagonista del film risulta scivolare in questo limbo di realtà co-esistenti a partire dalla propaganda nordcoreana trasmessa tutto il giorno, nonostante lui viva in un paese con un'agenda politica completamente diversa e nell’ereditare una proprietà di famiglia, senza alcuna vera famiglia a cui associarla. Forse è proprio per questo che è in grado di attribuire un importante significato al personaggio di Hae-mi e alla promessa di nutrire il suo gatto durante la sua assenza. Nel corso del loro primo incontro carnale nell’appartamento di Hae-mi, lei gli racconta di questa macchia di luce che appare solo per pochi minuti durante la giornata, sottolineandone l'importanza per lei e definendola anche “fortunata”. Il fatto che la luce menzionata compaia proprio durante il loro primo incontro, potrebbe aver indirizzato il protagonista verso l’attribuzione di un grande significato al momento vissuto con Hae-mi, proiettando su di lei l’idea della ragazza ideale, costrutto della sua fantasia.
Sovrapposizione e rottura di stati
Jong-su accetta la richiesta di accudire il gatto durante l’assenza della ragazza, nutrendo dubbi sulla proposta e chiedendosi se non fosse solo un pretesto per rimanere in contatto. Nonostante il gatto non si faccia mai vedere, ci sono abbastanza prove a favore della sua esistenza come la lettiera sporca e il cibo mangiato. Allo stesso modo, pur essendo Hae-mi una ragazza reale con degli interessi e una personalità definiti, contemporaneamente è anche un’idea nella testa di Jong-su su cosa dovrebbe rappresentare per lui il loro incontro fortuito. È interessare notare come quando Hae-mi non sia con lui sullo schermo, non viene mai vista dallo spettatore.
Sarebbe però sbagliato insinuare che Hae-mi sia soggiogata dal modo in cui Jong-su sceglie di vederla. Si potrebbe sostenere che sia l'unico personaggio veramente emancipato nel film, che si muove sul confine tra i due mondi. Durante la prima metà del film afferma ripetutamente che vuole "sparire", lasciandosi sopraffare dalla sua "Great Hunger" e, implicitamente, sfuggire alla presa dei due uomini che alimentano un’idea di lei; alla fine ci riesce.
Dalla loro prima conversazione al ristorante, è evidente che il principale scopo del personaggio di Hae-mi all'interno del film sia quello di dare significato a una narrazione incentrata sul mistero della sua esistenza e di essere il catalizzatore per la vera ossessione di Jong-su, quella per Ben. Durante questa conversazione, Hae-mi delinea essenzialmente le linee sfumate tra avvenimento e non avvenimento che caratterizzeranno gli eventi del film. Tenendo un mandarino tra le dita, dichiara che "sta imparando la pantomima" e, concentrandosi sul frutto, che il trucco non è fingere l’esistenza di un mandarino, ma dimenticare che non esista. Immergersi completamente in Burning significa dimenticare il confine tra film e realtà, stati di sogno e stati di veglia, o se il gatto è immaginario o reale. Allo stesso modo in cui Hae-mi pianta nella testa di Jong-su ricordi che possono o possono non essere accaduti, innesta l'idea di un gatto che deve essere nutrito come catalizzatore del mistero prevalente della sua esistenza. Un altro elemento che rientra in questa categoria è il pozzo. Hae-mi afferma che, quando era più giovane e viveva ancora a Paju, Jong-su l’abbia salvata dopo che era caduta in un pozzo, ma viene presentato qualche dubbio sul fatto che ci sia mai stato un pozzo nella proprietà della ragazza.
La scena della danza al tramonto stabilisce lo spazio liminale tra vivo e morto che Hae-mi occuperà da quel momento in poi, sigillando simbolicamente la sua scatola del gatto di Schrödinger. Questo momento segna anche il passaggio dal credere che il film riguardi Hae-mi alla consapevolezza che il film sia, in definitiva, incentrato su Ben.
La gelosia che Jong-su prova inizialmente sembra ruotare attorno all'apparente preferenza di Hae-mi per Ben, ma, in seguito alla sua assenza, si evolve in qualcosa di molto più pericoloso. Jong-su passa dal voler mettere in ombra Ben, al voler essere come Ben, al voler essere Ben, un uomo che, per usare le sue stesse parole, è “qui e là. È a Paju e a Banpo. È a Seul, ma nello stesso tempo è in Africa”. Un uomo che, indirettamente, è in grado di trasformare le associazioni traumatiche che Jong-su ha con l'atto di incendiare oggetti in qualcosa di catartico, purificandosi da tutto ciò che ha colto nelle settimane precedenti l'incendio e ritrovando un senso di rinascita.
È importante sottolineare come, nonostante la contrapposizione tra i personaggi, Jong-su non sia realmente l’antitesi di Ben. Spesso non usa parole gentili nei confronti di Hae-mi, per la quale forse non prova nemmeno un amore forte e non ha un senso morale solido. Ben è il veicolo per elevare questi aspetti.
In tutte le situazioni, prima del finale, che vedono Ben e Jong-su condividere lo schermo, Ben è sempre mostrato in grado di gestire e tenere sotto controllo ogni situazione che Jong-su cerca di creare tra di loro. Questo sembra però essere sovvertito negli ultimi minuti di film con la “rottura” dei due stati di avvenimento e non avvenimento inseguiti da Jong-su.
Nel finale sono mostrate due prime volte: Jong-su che scrive, quella che potrebbe essere la sua prima produzione dall’inizio del film, e Ben in un’inquadratura individuale, slegato da Jong-su, quasi a simboleggiare un cambiamento nel campo di forza e controllo in questi due personaggi.
Durante l’intero film, Jong-su insegue ostinatamente fantasmi e ideali di persone che possono o meno esistere, senza possibilità per lo spettatore di sapere dove finisce il personaggio reale e dove inizia la proiezione di Jong-su.
La tossicità della fantasia di Jong-su incentrata sulla figura maschile, sulle proprie insicurezze e debolezze, rimarrà con lui, nonostante l’atto finale di prevaricazione su Ben. Negli ultimi minuti di Burning non c’è un taglio di scena, ma una dissolvenza su Jong-su, quasi senza volto, che aggira i concetti di lì e non lì, fabbricato e reale.
BURNING
di Giulia Diplotti
Burning (2018), sesta opera del regista sudcoreano Lee Chang-dong, arriva 8 anni dopo il suo lavoro precedente, Poetry. Lee Chang-dong è considerato tra gli autori contemporanei più ammirati della Corea del Sud grazie anche alla sua propensione a inserire elementi di attualità all’interno delle sue storie. In Burning, come in altre opere del regista, ci si trova di fronte a una complessa struttura narrativa che viene utilizzata per portare avanti una critica alla società coreana contemporanea e per sottolineare le disuguaglianze di classe presenti al suo interno, stimolando lo spettatore a porsi quesiti morali e riflettere sulla condizione del presente. Burning, ambientato appunto ai giorni nostri in Corea del Sud, inizia come un triangolo amoroso per poi evolversi in una sorta di thriller esistenziale.
Han (한 恨)
La Corea è un paese che, nel corso della sua storia, si è trovata spesso ad affrontare molte avversità; dall’occupazione giapponese, alla guerra che ha portato alla divisione tra quelle che attualmente sono le due Coree, fino all’imporsi dell’imperialismo economico americano. Solo recentemente la Corea del Sud è riuscita ad attenuare il controllo delle forze esterne che per anni ne hanno condizionato l’andamento. Ancora oggi sono infatti evidenti segni della recente storia che continuano ad avere ripercussioni sul sentire della popolazione locale. Il concetto di Han, ad esempio, è intrinseco nella cultura coreana e difficilmente traducibile; simboleggia un senso di oppressione e profondo risentimento per un’ingiustizia subita, è condiviso dalla popolazione coreana nel suo complesso e spesso riscontrabile anche nelle forme artistiche.
Il concetto di Han, riscontrabile in Burning, è già presente nel secondo film del regista, Peppermint Candy, che si apre con il suicidio del protagonista, Yong-ho, la cui vita è raccontata secondo una struttura narrativa invertita, tornando progressivamente indietro nel tempo. Proprio come la Corea del Sud passa da dittatura a stato di polizia per poi evolversi in nuovo gigante economico, Yong-ho passa dal servizio militare alla carica di poliziotto per poi diventare un investitore di borsa, trascinato da avvenimenti politici e socioculturali a cui non può opporsi. È individuabile una connessione tra la storia di Yong-ho e quella del personaggio di Burning, Jong-su, la cui condizione personale è infatti segnata da avvenimenti al di fuori del suo controllo. Il concetto di Han in Burning è individuabile nel risentimento e senso di ingiustizia subita che Jong-su associa alla figura di Ben il cui status e ricchezza, in apparenza quasi immeritata, rappresentano una sorta di appropriazione di ciò che è vitale per Jong-su; è qui che il registra trova il punto di fusione tra politica e arte.
Critica sociale contemporanea
Attraverso la caratterizzazione dei due personaggi maschili contrapposti fra loro, l’intento del regista è quello di indirizzare lo spettatore a una riflessione critica rispetto alle diseguaglianze di classe presenti nel paese e nella società contemporanea.
Benché la storia alla base di Burning sia ispirata al racconto breve di Haruki Murakami, Barn Burning (Granai Incendiati nell'edizione italiana), questa è stata accuratamente riadattata da Lee Chang-dong allo scopo di far emergere la tematica sociale. Infatti, se in entrambe le versioni, il protagonista perde le attenzioni della ragazza amata a causa dell’arrivo di una nuova figura maschile, nel film l’estrazione sociale del protagonista non rispecchia quella descritta nel libro. Nel libro il narratore è un giovane uomo appartenente al ceto medio che vive nella periferia di Tokyo e sembra rimanere indifferente verso il mondo che lo circonda. Mentre il protagonista del libro può permettersi di distaccarsi dalla realtà materiale ed emotiva, grazie alla sua condizione sociale, il protagonista del film, Jong-su, non può farlo.
Jong-su appartiene a un umile contesto familiare originario di Paju, un’area rurale smilitarizzata al confine con la Corea del Nord, il cui scorrere delle giornate è scandito dalla moltitudine di annunci propagandistici provenienti dall’altra parte del confine. Proprio in una delle prime scene nella quale viene mostrata e presentata allo spettatore la casa di famiglia di Jong-su, il regista coglie l’occasione per inserire alcuni elementi di critica sociale. Viene infatti mostrato il protagonista che sta guardando la televisione e il servizio trasmesso riguarda proprio la disoccupazione giovanile e come questa, in Corea del Sud, abbia il tasso di avanzamento maggiore all’interno dei Paesi membri dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Inoltre, poco dopo, la ripresa si concentra sull’apparecchio televisivo che trasmette un discorso dell’allora presidente americano Donald Trump. La presenza di una figura come quella di Trump inserita nel contesto di una fattoria a Paju è emblematica: il regista propone un naturale accostamento fra i proclami del presidente americano e gli slogan propagandistici diffusi dalla Corea del Nord nello spazio aereo della regione, noti per i loro contenuti disseminati di notizie false. In questo contesto geografico, il cameo televisivo di Trump è un simbolo di qualcosa di più grande e collegato alla realtà locale.
Due realtà a confronto
Jong-su, aspirante scrittore, è un ragazzo silenzioso, la cui vita è composta da una somma di perdite che contribuiscono al declino della sua posizione: dai recenti cambiamenti che vedono Paju nel mirino di un progetto di urbanizzazione, all’abbandono della madre che torna dopo anni solo per chiedere un prestito al figlio disoccupato, all’assenza del padre che deve affrontare un processo per aggressione a un pubblico ufficiale, lasciando al figlio una casa dismessa e un allevamento da gestire. Un allevamento che in sostanza è rappresentato da un unico e malmesso capo di bestiame. Anche dopo aver conquistato l’affetto della ragazza amata, Hae-mi, conosciuta fin dall’infanzia e ritrovata per caso, Jong-su si trova, in poco tempo, a perdere questa connessione speciale a causa di un facoltoso ragazzo di città di nome Ben.
Ben non rivela mai cosa fa e in che modo sostiene il proprio stile di vita, ma possiede una Porsche e un appartamento nel quartiere più ricco di Seul, Gangnam; tutti elementi che sottolineano il suo benessere economico. L'identificazione di Ben con quella di un'élite globalizzata e globale è resa evidente da una caratterizzazione americana del personaggio, come suggerito anche dal suo nome. La dimensione di globalizzazione del personaggio di Ben è inoltre percepibile nella scena in cui Jong-su fa per la prima volta la sua conoscenza. Invitato da Hae-mi ad andarla a prendere all’aeroporto in occasione del suo rientro dall’Africa, viene presentato a Ben che utilizza una stretta di mano per introdursi al giovane mentre Jong-su, come da consuetudine coreana, accenna anche un inchino.
In un altro momento all’interno del film, la differenza sociale influisce sulla loro quotidianità, quando Ben racconta del suo passatempo di bruciare serre; passatempo che a suo dire non verrà mai scoperto, considerando che "la polizia coreana non presta attenzione a questo genere di cose”. Dall’altra parte, invece, il padre di Jong-su si trova ad affrontare un processo, da cui uscirà colpevole, per aver aggredito un pubblico ufficiale. L’essenza sprezzante di Ben si percepisce anche nello sfrecciare della sua Porsche e nell’uso disinvolto che fa della marijuana, sostanza altamente vietata in Corea del Sud, forte della consapevolezza di come il suo benessere economico gli fornisca una sorta di aurea protettiva. In un’altra scena è invece facile notare come Jong-su venga squadrato da due poliziotti di Seul semplicemente perché fermo a consumare del cibo nel suo camioncino malandato, di seconda mano.
La danza al crepuscolo
Un’anticipazione del ballo che verrà eseguito dalla protagonista femminile a metà del film avviene in una scena precedente, durante una cena con Jong-su, Ben e i suoi amici. In quell’occasione Hae-mi racconta il significato di questa danza, imparata durante il suo viaggio in Africa, e la differenza tra quelle che vengono chiamate “Little Hunger” e “Great Hunger”. La danza rituale, che solitamente avviene nel momento tra il tardo pomeriggio e la sera, inizia con le braccia rivolte al suolo, a simboleggiare l’essere desideroso e affamato (Little Hunger). Man mano che la danza progredisce e le braccia si sollevano verso il cielo, la coreografia passa alla fase di “Great Hunger” che simboleggia la ricerca del significato della vita.
La danza al crepuscolo rappresenta un momento cardine del film, che delinea una sorta di divisione tra la prima e la seconda parte dell’opera. Nella prima parte la storia si concentra principalmente sul triangolo amoroso tra Jung-su, Hae-mi e Ben, mentre nella seconda si accentua il lato mistery-thriller della storia. Soprattutto nella seconda parte, lo spettatore vive gli eventi mostrati sullo schermo tramite il punto di vista di Jong-su ed è attraverso la sua prospettiva che verrà interpretata la sparizione di Hae-mi.
Sequenze a confronto - Générique di Miles Davis
La sequenza di danza, ambientata nella fattoria di Paju, è innescata dalla musica proveniente dalla macchina di Ben che induce Hae-mi ad alzarsi, togliersi la maglietta e danzare come se fosse ipnotizzata dalla melodia. È interessante soffermarsi sulla scelta della canzone utilizzata, identificabile in Générique di Miles Davis, che inizialmente compare sotto forma di suono diegetico. Miles Davis è anche l’artista menzionato all’interno della storia breve di Murakami, che non specifica però quale album o canzone facciano da sottofondo alla scena che descrive. Lo spettatore potrebbe pensare che la scelta di questa canzone sia solamente un omaggio alla storia originale, ma andando più nel dettaglio si può comprendere come questa scelta non sia casuale, e come rappresenti un altro elemento di contemporaneità che, per definizione, valorizza l’innovazione mantenendo uno sguardo rivolto verso il passato. Il brano Générique è infatti parte di un album che è stato composto appositamente da Miles Davis per la colonna sonora di un film francese del 1958 intitolato Ascensore per il patibolo. La scelta di una canzone presente in un film noir/thriller sembra quasi voler suggerire allo spettatore la svolta narrativa che segue la sequenza della danza al crepuscolo. Infatti, la narrazione della seconda parte di Burning è incentrata sul mistero della sparizione di Hae-mi e sulle indagini amatoriali di Jong-su nei confronti di Ben. Inoltre, è significativo anche il confronto tra le scene dei due film in cui il brano Générique fa da colonna sonora. Entrambe le scene, ambientate di sera, vedono al centro della ripresa le protagoniste femminili della storia intente nella ricerca di qualcosa. La protagonista di Ascensore per il patibolo è alla ricerca del proprio amante, mentre la protagonista di Burning, attraverso la danza, è alla ricerca del significato della vita. Pur essendo gli oggetti della ricerca di questi due personaggi differenti tra loro, entrambe le scene rappresentano un momento di raccoglimento e riflessione personale che porta entrambe a una commozione sincera.
La commozione di Hae-mi alla fine della coreografia rappresenta una sorta di presagio, come se Hae-mi fosse in qualche modo consapevole del destino che l’attenderà e del fatto che non avrà l’opportunità di soddisfare la sua sete di ricerca del significato della vita.
Serre Incendiate
L'atmosfera altamente simbolica creata dal regista con la scena della danza rituale al crepuscolo sembra offrire a Ben la possibilità di intavolare una conversazione, altrettanto surreale, con Jong-su. Infatti, proprio in questa occasione, Ben rivela a Jong-su il suo insolito hobby, che ha più quasi la valenza di un rito, di appiccare incedi a serre abbandonate. Rituale che ammette di mettere in atto circa ogni due mesi, sostenendo ci siano molte serre inutili, sporche e dall’aspetto sgradevole che, tramite questa pratica, si possono far sparire in una manciata di secondi, come se non fossero mai esistite. L’atmosfera e il frangente creato da Lee Chang-dong permettono al pubblico, in un primo momento, di assimilare questa informazione sotto forma di verità per poi concentrarsi sulla possibile metafora di tale dichiarazione. Infatti, alla rivelazione di Ben precede il racconto d’infanzia di Jong-su in cui il protagonista racconta di come, dopo l’abbandono della madre causato dalla rabbia repressa del padre che esplodeva improvvisamente, quest’ultimo abbia coinvolto il figlio nel falò fatto con gli abiti lasciati a casa dalla donna.
Jong-su rimane colpito dalla confessione di Ben, che ammette di essere andato in visita a Paju per perlustrare la zona della prossima serra che sarà incendiata da lì a poco, e, nei giorni a seguire, il protagonista presta una particolare attenzione all’area circostante la sua abitazione e al momento in cui questo incendio avverrà. Nonostante questo, Jong-su non troverà nessuna traccia di serre incendiate nella sua zona di residenza.
I due racconti che hanno per oggetto l’elemento del fuoco e, la successiva narrazione che non porta a nessuna evidenza di serre incendiate, possono destare sospetti nello spettatore rispetto all’uso delle serre come metafora per indicare le donne. Avanzando nella visione, il pubblico può quindi trovarsi a riflettere sulla possibilità che le serre e il fuoco possano rappresentare invece un elemento legato alla figura femminile e al rapporto che i protagonisti maschili hanno con essa.
Questa ipotesi è rafforzata sia dalla natura stessa delle serre, ambienti che favoriscono la crescita di organismi viventi e la cui funzione richiama perciò quella del ventre femminile, sia da alcuni indizi presenti all’interno del film, come il sogno di Jong-su che rivive il momento dell’incendio dei vestiti della madre. In questo momento onirico Jong-su ha infatti dinnanzi a sé una serra in fiamme.
Hae-mi, il potere metaforico della figura femminile
Anche il ritrovamento di un orologio appartenente a Hae-mi in un cassetto all’interno del bagno di Ben contribuisce a incrementare l’ipotesi dei possibili delitti. Nel cassetto in questione sono presenti altri oggetti che sembrano poter essere appartenuti a diverse donne, insinuando nella mente dello spettatore il dubbio che tali monili possano essere una sorta di trofeo degli omicidi perpetrati da Ben. Un ulteriore indizio è dato da una conversazione tra Jong-su e Ben, dove Ben ammette di non aver più avuto contatti con Hae-mi, la quale “sembra sia sparita come una nuvola di fumo”. Infine, nell’ultima visita di Jong-su all’appartamento di Ben, viene mostrato un nuovo inquilino; un gatto bianco che Ben afferma essere un gatto randagio a cui non ha ancora dato un nome. Eppure, quando Jong-su cerca di attirarlo dopo la fuga dell’animale dall’appartamento, il gatto sembra rispondere al nome Boil, un nome insolito che Hae-mi aveva scelto per il suo gatto, il quale però non è mai apparso sullo schermo. Lo spettatore, che osserva questa parte del film condizionato dallo sguardo di Jong-su, è sempre più portato a credere che tutti questi indizi confermino il coinvolgimento di Ben nella sparizione di Hae-mi.
La costruzione del personaggio di Hae-mi evidenzia una critica sociale alla condizione delle donne in Corea del Sud. Questa prospettiva viene anche sottolineata durante una conversazione riguardante la sparizione di Hae-mi tra Jong-su e un’amica, la quale afferma che “essere una donna è difficile. È un problema se usi make-up, ma è un problema se non lo fai. È un problema se indossi vestiti appariscenti, ma è anche un problema se non curi il tuo aspetto. Hai mai sentito il modo di dire “non è un paese per donne”?” Infatti, nonostante i progressi che si sono verificati dalla fine degli anni ’80 a oggi, le donne devono ancora affrontare ostacoli nel mondo del lavoro e vengono ancora identificate come membri della famiglia che dovrebbero svolgere i lavori domestici e occuparsi della cura dei bambini, generando comprensibile scontento tra la popolazione femminile.
La storyline di Hae-mi può essere interpretata come una storia sulla mascolinità e una critica alla società che non mostra interesse per un personaggio usato per indicare una categoria di persone. La ricerca di Jong-su mostrata nella seconda parte del film è singolare. Infatti, nonostante i suoi sospetti e qualche indizio trovato, Jong-su non pensa mai di rivolgersi alle forze dell’ordine, rifacendosi anche all’affermazione pronunciata da Ben che sostiene come la polizia non si interessi dei casi di donne scomparse. La ricerca di Jong-su dà l’impressione di essere incentrata più su quello che gli è stato sottratto rispetto al genuino interesse per Hae-mi. Questo si può notare nel modo in cui Jong-su passi dal dichiarare amore per la ragazza la sera, per poi insultarla al mattino per aver ballato senza maglietta davanti a lui e Ben. Nella sua percezione Hae-mi rappresenta quasi un oggetto idealizzato di contesa tra lui e Ben, che Jong-su vuole recuperare per il riscatto che rappresenterebbe nei confronti dei principi incarnati da Ben.
Il gatto di Hae-mi come il gatto di Schrödinger
Il film si apre con l’immagine del portellone chiuso di un camion. Lo spettatore si aspetta che il portellone si apra, ma in realtà il primo personaggio che compare emerge da dietro il furgone e si avvia verso la parte opposta dell’inquadratura. La scena iniziale di Burning destabilizza lo spettatore, non aprendo il portellone che dovrebbe accompagnare il pubblico all’interno del film. L’entrata e l’uscita del protagonista dalla prima inquadratura sono il modo in cui Burning presenta personaggi che oscillano tra due mondi; quello della realtà odierna che viene mostrato allo spettatore e quello dietro la porta, uno spazio di difficile comprensione per l’osservatore, tangibile solo attraverso l'esperienza fittizia dei personaggi sullo schermo. Questa idea prende ispirazione dall’esperimento mentale proposto da E. Schrödinger nel 1935. L’esperimento affronta i limiti della meccanica quantistica applicata agli oggetti di uso quotidiano. Schrödinger ha affermato che se si mettesse un gatto all'interno di una scatola sigillata con una sostanza radioattiva, il processo di decadimento porterebbe alla morte del gatto, il quale, fino all’apertura della scatola, continuerebbe a vivere contemporaneamente in due stati, vivo e morto.
Similmente Burning esiste in due stati che potrebbero essere individuati come avvenimento e non avvenimento, come l’area che si cela dietro il portellone iniziale e che nega al pubblico una parte di spazio all’interno del film. Inoltre, è presente un ulteriore parallelismo proprio con il gatto di Schrödinger, la presenza/non presenza di un gatto all’interno del film. Per Jong-su, che alimenta e infine si libera da quello che è visto come il mistero del film, non si tratta di sapere se il gatto ci sia o meno. Il fulcro è rappresentato dalla possibilità di presenza o meno del gatto, come intersezione tra due mondi; quello nella sua testa, non accessibile allo spettatore, e quello che invece viene mostrato. Non esiste un’unica verità distinguibile per sciogliere questo mistero creato proprio da Jong-su. Il protagonista del film risulta scivolare in questo limbo di realtà co-esistenti a partire dalla propaganda nordcoreana trasmessa tutto il giorno, nonostante lui viva in un paese con un'agenda politica completamente diversa e nell’ereditare una proprietà di famiglia, senza alcuna vera famiglia a cui associarla. Forse è proprio per questo che è in grado di attribuire un importante significato al personaggio di Hae-mi e alla promessa di nutrire il suo gatto durante la sua assenza. Nel corso del loro primo incontro carnale nell’appartamento di Hae-mi, lei gli racconta di questa macchia di luce che appare solo per pochi minuti durante la giornata, sottolineandone l'importanza per lei e definendola anche “fortunata”. Il fatto che la luce menzionata compaia proprio durante il loro primo incontro, potrebbe aver indirizzato il protagonista verso l’attribuzione di un grande significato al momento vissuto con Hae-mi, proiettando su di lei l’idea della ragazza ideale, costrutto della sua fantasia.
Sovrapposizione e rottura di stati
Jong-su accetta la richiesta di accudire il gatto durante l’assenza della ragazza, nutrendo dubbi sulla proposta e chiedendosi se non fosse solo un pretesto per rimanere in contatto. Nonostante il gatto non si faccia mai vedere, ci sono abbastanza prove a favore della sua esistenza come la lettiera sporca e il cibo mangiato. Allo stesso modo, pur essendo Hae-mi una ragazza reale con degli interessi e una personalità definiti, contemporaneamente è anche un’idea nella testa di Jong-su su cosa dovrebbe rappresentare per lui il loro incontro fortuito. È interessare notare come quando Hae-mi non sia con lui sullo schermo, non viene mai vista dallo spettatore.
Sarebbe però sbagliato insinuare che Hae-mi sia soggiogata dal modo in cui Jong-su sceglie di vederla. Si potrebbe sostenere che sia l'unico personaggio veramente emancipato nel film, che si muove sul confine tra i due mondi. Durante la prima metà del film afferma ripetutamente che vuole "sparire", lasciandosi sopraffare dalla sua "Great Hunger" e, implicitamente, sfuggire alla presa dei due uomini che alimentano un’idea di lei; alla fine ci riesce.
Dalla loro prima conversazione al ristorante, è evidente che il principale scopo del personaggio di Hae-mi all'interno del film sia quello di dare significato a una narrazione incentrata sul mistero della sua esistenza e di essere il catalizzatore per la vera ossessione di Jong-su, quella per Ben. Durante questa conversazione, Hae-mi delinea essenzialmente le linee sfumate tra avvenimento e non avvenimento che caratterizzeranno gli eventi del film. Tenendo un mandarino tra le dita, dichiara che "sta imparando la pantomima" e, concentrandosi sul frutto, che il trucco non è fingere l’esistenza di un mandarino, ma dimenticare che non esista. Immergersi completamente in Burning significa dimenticare il confine tra film e realtà, stati di sogno e stati di veglia, o se il gatto è immaginario o reale. Allo stesso modo in cui Hae-mi pianta nella testa di Jong-su ricordi che possono o possono non essere accaduti, innesta l'idea di un gatto che deve essere nutrito come catalizzatore del mistero prevalente della sua esistenza. Un altro elemento che rientra in questa categoria è il pozzo. Hae-mi afferma che, quando era più giovane e viveva ancora a Paju, Jong-su l’abbia salvata dopo che era caduta in un pozzo, ma viene presentato qualche dubbio sul fatto che ci sia mai stato un pozzo nella proprietà della ragazza.
La scena della danza al tramonto stabilisce lo spazio liminale tra vivo e morto che Hae-mi occuperà da quel momento in poi, sigillando simbolicamente la sua scatola del gatto di Schrödinger. Questo momento segna anche il passaggio dal credere che il film riguardi Hae-mi alla consapevolezza che il film sia, in definitiva, incentrato su Ben.
La gelosia che Jong-su prova inizialmente sembra ruotare attorno all'apparente preferenza di Hae-mi per Ben, ma, in seguito alla sua assenza, si evolve in qualcosa di molto più pericoloso. Jong-su passa dal voler mettere in ombra Ben, al voler essere come Ben, al voler essere Ben, un uomo che, per usare le sue stesse parole, è “qui e là. È a Paju e a Banpo. È a Seul, ma nello stesso tempo è in Africa”. Un uomo che, indirettamente, è in grado di trasformare le associazioni traumatiche che Jong-su ha con l'atto di incendiare oggetti in qualcosa di catartico, purificandosi da tutto ciò che ha colto nelle settimane precedenti l'incendio e ritrovando un senso di rinascita.
È importante sottolineare come, nonostante la contrapposizione tra i personaggi, Jong-su non sia realmente l’antitesi di Ben. Spesso non usa parole gentili nei confronti di Hae-mi, per la quale forse non prova nemmeno un amore forte e non ha un senso morale solido. Ben è il veicolo per elevare questi aspetti.
In tutte le situazioni, prima del finale, che vedono Ben e Jong-su condividere lo schermo, Ben è sempre mostrato in grado di gestire e tenere sotto controllo ogni situazione che Jong-su cerca di creare tra di loro. Questo sembra però essere sovvertito negli ultimi minuti di film con la “rottura” dei due stati di avvenimento e non avvenimento inseguiti da Jong-su.
Nel finale sono mostrate due prime volte: Jong-su che scrive, quella che potrebbe essere la sua prima produzione dall’inizio del film, e Ben in un’inquadratura individuale, slegato da Jong-su, quasi a simboleggiare un cambiamento nel campo di forza e controllo in questi due personaggi.
Durante l’intero film, Jong-su insegue ostinatamente fantasmi e ideali di persone che possono o meno esistere, senza possibilità per lo spettatore di sapere dove finisce il personaggio reale e dove inizia la proiezione di Jong-su.
La tossicità della fantasia di Jong-su incentrata sulla figura maschile, sulle proprie insicurezze e debolezze, rimarrà con lui, nonostante l’atto finale di prevaricazione su Ben. Negli ultimi minuti di Burning non c’è un taglio di scena, ma una dissolvenza su Jong-su, quasi senza volto, che aggira i concetti di lì e non lì, fabbricato e reale.