Master MICA - Analisi di "Laurence Anyways"
24/03/2024
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
"Laurence Anyways"
di Federico Galbiati
Per lei sono importanti gli sguardi?
Laurence Anyways è il terzo lungometraggio del regista canadese Xavier Dolan, presentato alla 65esima edizione del Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Il film esplora l’arduo cammino per l’affermazione della propria identità e una travolgente storia d’amore, destinata a finire e al contempo a durare per sempre.
La seguente analisi si sofferma sull’aspetto di denuncia sociale, sul tema dello sguardo come riconoscimento e sul linguaggio cinematografico che tramite lo sguardo del regista permette di andare oltre la soglia del visibile.
Nel film un termine ricorrente è rivoluzione a sottolineare il fatto che la volontà della protagonista e del regista coincidono: entrambi vogliono creare un linguaggio che li comprenda e permetta di comunicare liberamente, un linguaggio che sia sfida e ribaltamento delle norme sociali e artistiche.
Il pregiudizio della società è subito reso esplicito dalla prima sequenza con Laurence di spalle che esce dal palazzo e si imbatte in una sequenza di sguardi carichi di sorpresa e sdegno, intensificati dall’impiego del ralenti. Attraverso una serie di soggettive e semisoggettive, Xavier Dolan introduce il personaggio, prima ancora di mostrarlo, facendo immergere lo spettatore nel suo punto di vista, rompendo subito la quarta parete con una serie di sguardi in macchina. Il suo volto rimane nascosto: Laurence appare e scompare in una nube di vapore, sia perché ancora non può mostrarsi per quello che è, sia perché la sequenza può essere vista come un sogno ad occhi aperti di Laurence dieci anni prima.
Il giorno del grande passo verso la rivoluzione, ovvero la prima volta a scuola indossando abiti femminili, Dolan apre la sequenza con un campo totale della classe che attende nel brusio generale l’arrivo del professore. Quando Laurence entra e gli alunni si accorgono del cambiamento d’aspetto cala il silenzio e la sagoma di Laurence è piccola e sommersa da un mare di teste che la fissano, fino a quando un’alunna fa una domanda didattica e la tensione crolla, parte la musica e con uno zoom fino al primo piano su di lei, il regista immortala la sua espressione di soddisfazione e riconoscimento. La sequenza procede citando l’apertura del film, con Laurence che cammina per i corridoi della scuola e i primi piani e le mezze figure di studenti e professori che la osservano: non mancano espressioni di sdegno e di curiosità. Questa volta però sono alternati a mezze figure di Laurence che non ha paura di ricambiare gli sguardi e le attenzioni.
La sequenza del licenziamento sottolinea l’intento di denuncia sociale di Xavier Dolan nel film. Il preside si trova con le mani legate e non può che licenziare Laurence, nonostante la qualità del suo insegnamento sia rimasta inalterata dall’inizio della transizione. La messa in scena con le luci fredde a neon richiama l’immaginario degli ospedali psichiatrici, mentre la disposizione dei personaggi ricorda una giuria in un tribunale d’accusa. Laurence cerca insistentemente contatto visivo, ma nessuno è in grado di sostenere il suo sguardo. Prima di andarsene scrive sulla lavagna Ecce Homo, parole pronunciate da Ponzio Pilato nel presentare alla folla Gesù flagellato: l’umiliazione e l’ingiustizia che la stessa Laurence ha subito. Inoltre, la medesima locuzione latina è il titolo dell’ultima opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, che è sottotitolata: “Come si diventa ciò che si è”. Il suo pensiero è sempre stato votato a ribaltare il credo dei suoi contemporanei, a costo di non essere compreso, così come anche Laurence è costretta a fare.
La ricerca del contatto visivo è esplicitamente tematizzata nella sequenza dell’intervista con la giornalista. Lo sguardo è sinonimo di riconoscimento: essere visti significa esistere e avere la consapevolezza che gli altri ci riconoscono per ciò che siamo, occupare un posto nella società. Laurence chiede esplicitamente di essere guardata. Un primo piano sulla giornalista enfatizza il movimento degli occhi, prima distanti e poi puntati magneticamente su Laurence. Il cui volto nel campo controcampo del dialogo che precede questa inquadratura risulta sempre tagliato a metà, nel frame la nuca fuori fuoco dell’intervistatrice copre parzialmente il volto dell’autrice, che invece mantiene uno sguardo fisso su di lei. Nel cambio di inquadratura invece, il volto della giornalista è interamente visibile. Dopo il primo piano sullo sguardo Dolan inizia a inquadrare Laurence a mezza figura, guadagnando più spazio nel frame, dal momento che finalmente è vista e riconosciuta dall’intervistatrice: ora possono parlare liberamente e sono sullo stesso piano.
Il riconoscimento attraverso lo sguardo è un topos ricorrente nel film e sono due principalmente i momenti in cui è centrale nella narrazione e nella messa in scena. Il primo sguardo è nella sequenza in cui confessa alla madre Julienne di essere donna. Nonostante l’apparenza distaccata e fredda della madre, è lei la prima a riconoscere Laurence nella sua vera identità. Dopo averle chiesto se le vuole ancora bene la madre risponde: “Stai per diventare donna o idiota?”. Nel semitotale sulla cucina Julienne si trova al centro dell’inquadratura e guarda Laurence, che è di spalle con il capo coperto da uno scaffale della cucina, come se il regista volesse suggerire che la madre già in quella scena la vede per quello che è, riconosce sua figlia, mentre lo spettatore ancora non può compiere quel gesto.
L’altra scena invece è la preparazione di Laurence al primo giorno di scuola vestita da donna. È un momento di intimità tra Laurence e Fred (Suzanne Clement). La scena si apre con una serie di particolari sui trucchi, fino allo specchietto portatile che riflette Laurence mentre si passa il mascara. Uno zoom out mette a fuoco Fred, che osserva tutti i suoi movimenti seduta sul pavimento. La composizione dell’inquadratura lascia intendere che a Laurence non serve vedere il proprio riflesso nello specchio, perché già si vede nello sguardo della fidanzata ed è soltanto del suo riconoscimento che necessita in quel momento.
La scena della confessione del tradimento invece introduce una soggettiva immaginifica di Fred che vede una farfalla uscire dalla bocca di Laurence. L’insetto comunemente simboleggia il cambiamento, nella metamorfosi da bruco a farfalla: viene subito da pensare alla parabola di Laurence. Tuttavia la farfalla nel film è presente anche nella sequenza finale, il flashback del primo incontro tra Laurence e Fred, nel quale Laurence le consegna un ciondolo di metallo che lei scambia per una nuvola, come se quel primo fraintendimento avesse in nuce l’incomprensione. La farfalla potrebbe essere presa come correlativo oggettivo di Laurence, che Fred vede volare via, come se ormai la sua vera identità fosse pronta a prendere il volo e, per continuare ad amarla, dovesse lasciarla andare.
Il ciondolo a forma di farfalla viene tolto da Fred mentre si prepara per il ballo, segna il momento di separazione tra lei e Laurence. La sequenza è significativa, perché l’arrivo alla festa esplicita la necessità di rinascita di Fred e Dolan accentua tale sentimento con una messa in scena che supera il realismo e sfrutta il mezzo cinematografico per rendere allo spettatore ciò che va oltre la realtà. Fred entra comparendo da una nuvola di vapore e planando sugli invitati, gira su se stessa come su un piedistallo e sfila tra le persone, come se gli sguardi di ammirazione e desiderio, che tanto le erano mancati, finalmente le ridessero vita e la elevassero al di sopra del reale.
Un altro elemento fondamentale di questa sequenza e di tutta la cinematografia di Dolan è la musica. Le canzoni sono un altro mezzo utilizzato dal cineasta canadese per esprimere gli stati d’animo dei suoi protagonisti. In questa scena la scelta del brano Fade to gray dei Visage appare molto significativa, poiché il sound elettronico sottolinea il bisogno di liberare la frustrazione che Fred accumulava dentro di sé e di lasciarsi andare, ma al contempo è un testo che parla di depressione e, come dice il titolo stesso, di scomparire nel grigio. Il contrasto tra il ritmo calzante e il montaggio frenetico della festa e il significato del testo condensano la complessità della situazione di Fred, che da una parte aveva la necessità di allontanarsi da Laurence e ritrovare se stessa, dall’altra inconsapevolmente sa che lei nella vita da moglie che avvierà con Albert rischierà di scomparire nel grigiore dell’ordinario.
Oltre alla musica, anche l’arte è molto impiegata da Dolan per portare alla luce le emozioni dei suoi personaggi, abbandonando il realismo e mettendo di fronte alla macchina da presa l’interiorità. A seguito della rissa nel bar, Laurence cammina in strada spaesata e stordita, si guarda intorno per cercare aiuto, ma il regista, prima di mostrare le persone che si scansano dalle sue richieste d’aiuto, inserisce nel montaggio dettagli di volti tratti dal quadro di Hieronymus Bosch La salita al Calvario. I tratti grotteschi e deformi che si accalcano attorno al Cristo sofferente, simboleggiano la cieca bestialità dell’uomo di fronte all’umanità di Gesù. Un altro riferimento biblico che denuncia la crudeltà della società nei confronti del diverso, ricorrendo a un’inedita e provocatoria simmetria tra un percorso di transizione e la Passione di Cristo.
La storia di Laurence è una storia di superamento dei confini, di destrutturazione della distinzione tra normale e marginalizzato nella società. Il regista impone alla sua protagonista dei confini molto stretti nel formato (in 4:3) e nella messa in scena, costituita principalmente da primi piani e riprese in interni.
Tuttavia la sequenza a Ile au Noir rompe gli schemi delineati dal regista stesso, riprendendo le due protagoniste in esterna e con un campo medio che dà molto respiro alla scena. La scelta è motivata dal fatto che si tratta della massima espressione del loro amore, simboleggiato dalla pioggia di vestiti dai colori sgargianti.
Laurence Anyways condensa una riflessione sullo sguardo della società sul diverso e la necessità di essere visti e riconosciuti dalle persone che amiamo; al contempo è un inno alla ricerca della libertà di abbracciare la nostra identità sfidando i confini imposti dalla società, desiderio reso grazie all’espressività del linguaggio cinematografico che impone allo spettatore sia la crudezza della realtà che la possibilità di sognare e varcare la soglia del reale, rendendo visibile anche ciò che lo sguardo non coglie.
"Laurence Anyways"
di Federico Galbiati
Per lei sono importanti gli sguardi?
Laurence Anyways è il terzo lungometraggio del regista canadese Xavier Dolan, presentato alla 65esima edizione del Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Il film esplora l’arduo cammino per l’affermazione della propria identità e una travolgente storia d’amore, destinata a finire e al contempo a durare per sempre.
La seguente analisi si sofferma sull’aspetto di denuncia sociale, sul tema dello sguardo come riconoscimento e sul linguaggio cinematografico che tramite lo sguardo del regista permette di andare oltre la soglia del visibile.
Nel film un termine ricorrente è rivoluzione a sottolineare il fatto che la volontà della protagonista e del regista coincidono: entrambi vogliono creare un linguaggio che li comprenda e permetta di comunicare liberamente, un linguaggio che sia sfida e ribaltamento delle norme sociali e artistiche.
Il pregiudizio della società è subito reso esplicito dalla prima sequenza con Laurence di spalle che esce dal palazzo e si imbatte in una sequenza di sguardi carichi di sorpresa e sdegno, intensificati dall’impiego del ralenti. Attraverso una serie di soggettive e semisoggettive, Xavier Dolan introduce il personaggio, prima ancora di mostrarlo, facendo immergere lo spettatore nel suo punto di vista, rompendo subito la quarta parete con una serie di sguardi in macchina. Il suo volto rimane nascosto: Laurence appare e scompare in una nube di vapore, sia perché ancora non può mostrarsi per quello che è, sia perché la sequenza può essere vista come un sogno ad occhi aperti di Laurence dieci anni prima.
Il giorno del grande passo verso la rivoluzione, ovvero la prima volta a scuola indossando abiti femminili, Dolan apre la sequenza con un campo totale della classe che attende nel brusio generale l’arrivo del professore. Quando Laurence entra e gli alunni si accorgono del cambiamento d’aspetto cala il silenzio e la sagoma di Laurence è piccola e sommersa da un mare di teste che la fissano, fino a quando un’alunna fa una domanda didattica e la tensione crolla, parte la musica e con uno zoom fino al primo piano su di lei, il regista immortala la sua espressione di soddisfazione e riconoscimento. La sequenza procede citando l’apertura del film, con Laurence che cammina per i corridoi della scuola e i primi piani e le mezze figure di studenti e professori che la osservano: non mancano espressioni di sdegno e di curiosità. Questa volta però sono alternati a mezze figure di Laurence che non ha paura di ricambiare gli sguardi e le attenzioni.
La sequenza del licenziamento sottolinea l’intento di denuncia sociale di Xavier Dolan nel film. Il preside si trova con le mani legate e non può che licenziare Laurence, nonostante la qualità del suo insegnamento sia rimasta inalterata dall’inizio della transizione. La messa in scena con le luci fredde a neon richiama l’immaginario degli ospedali psichiatrici, mentre la disposizione dei personaggi ricorda una giuria in un tribunale d’accusa. Laurence cerca insistentemente contatto visivo, ma nessuno è in grado di sostenere il suo sguardo. Prima di andarsene scrive sulla lavagna Ecce Homo, parole pronunciate da Ponzio Pilato nel presentare alla folla Gesù flagellato: l’umiliazione e l’ingiustizia che la stessa Laurence ha subito. Inoltre, la medesima locuzione latina è il titolo dell’ultima opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, che è sottotitolata: “Come si diventa ciò che si è”. Il suo pensiero è sempre stato votato a ribaltare il credo dei suoi contemporanei, a costo di non essere compreso, così come anche Laurence è costretta a fare.
La ricerca del contatto visivo è esplicitamente tematizzata nella sequenza dell’intervista con la giornalista. Lo sguardo è sinonimo di riconoscimento: essere visti significa esistere e avere la consapevolezza che gli altri ci riconoscono per ciò che siamo, occupare un posto nella società. Laurence chiede esplicitamente di essere guardata. Un primo piano sulla giornalista enfatizza il movimento degli occhi, prima distanti e poi puntati magneticamente su Laurence. Il cui volto nel campo controcampo del dialogo che precede questa inquadratura risulta sempre tagliato a metà, nel frame la nuca fuori fuoco dell’intervistatrice copre parzialmente il volto dell’autrice, che invece mantiene uno sguardo fisso su di lei. Nel cambio di inquadratura invece, il volto della giornalista è interamente visibile. Dopo il primo piano sullo sguardo Dolan inizia a inquadrare Laurence a mezza figura, guadagnando più spazio nel frame, dal momento che finalmente è vista e riconosciuta dall’intervistatrice: ora possono parlare liberamente e sono sullo stesso piano.
Il riconoscimento attraverso lo sguardo è un topos ricorrente nel film e sono due principalmente i momenti in cui è centrale nella narrazione e nella messa in scena. Il primo sguardo è nella sequenza in cui confessa alla madre Julienne di essere donna. Nonostante l’apparenza distaccata e fredda della madre, è lei la prima a riconoscere Laurence nella sua vera identità. Dopo averle chiesto se le vuole ancora bene la madre risponde: “Stai per diventare donna o idiota?”. Nel semitotale sulla cucina Julienne si trova al centro dell’inquadratura e guarda Laurence, che è di spalle con il capo coperto da uno scaffale della cucina, come se il regista volesse suggerire che la madre già in quella scena la vede per quello che è, riconosce sua figlia, mentre lo spettatore ancora non può compiere quel gesto.
L’altra scena invece è la preparazione di Laurence al primo giorno di scuola vestita da donna. È un momento di intimità tra Laurence e Fred (Suzanne Clement). La scena si apre con una serie di particolari sui trucchi, fino allo specchietto portatile che riflette Laurence mentre si passa il mascara. Uno zoom out mette a fuoco Fred, che osserva tutti i suoi movimenti seduta sul pavimento. La composizione dell’inquadratura lascia intendere che a Laurence non serve vedere il proprio riflesso nello specchio, perché già si vede nello sguardo della fidanzata ed è soltanto del suo riconoscimento che necessita in quel momento.
La scena della confessione del tradimento invece introduce una soggettiva immaginifica di Fred che vede una farfalla uscire dalla bocca di Laurence. L’insetto comunemente simboleggia il cambiamento, nella metamorfosi da bruco a farfalla: viene subito da pensare alla parabola di Laurence. Tuttavia la farfalla nel film è presente anche nella sequenza finale, il flashback del primo incontro tra Laurence e Fred, nel quale Laurence le consegna un ciondolo di metallo che lei scambia per una nuvola, come se quel primo fraintendimento avesse in nuce l’incomprensione. La farfalla potrebbe essere presa come correlativo oggettivo di Laurence, che Fred vede volare via, come se ormai la sua vera identità fosse pronta a prendere il volo e, per continuare ad amarla, dovesse lasciarla andare.
Il ciondolo a forma di farfalla viene tolto da Fred mentre si prepara per il ballo, segna il momento di separazione tra lei e Laurence. La sequenza è significativa, perché l’arrivo alla festa esplicita la necessità di rinascita di Fred e Dolan accentua tale sentimento con una messa in scena che supera il realismo e sfrutta il mezzo cinematografico per rendere allo spettatore ciò che va oltre la realtà. Fred entra comparendo da una nuvola di vapore e planando sugli invitati, gira su se stessa come su un piedistallo e sfila tra le persone, come se gli sguardi di ammirazione e desiderio, che tanto le erano mancati, finalmente le ridessero vita e la elevassero al di sopra del reale.
Un altro elemento fondamentale di questa sequenza e di tutta la cinematografia di Dolan è la musica. Le canzoni sono un altro mezzo utilizzato dal cineasta canadese per esprimere gli stati d’animo dei suoi protagonisti. In questa scena la scelta del brano Fade to gray dei Visage appare molto significativa, poiché il sound elettronico sottolinea il bisogno di liberare la frustrazione che Fred accumulava dentro di sé e di lasciarsi andare, ma al contempo è un testo che parla di depressione e, come dice il titolo stesso, di scomparire nel grigio. Il contrasto tra il ritmo calzante e il montaggio frenetico della festa e il significato del testo condensano la complessità della situazione di Fred, che da una parte aveva la necessità di allontanarsi da Laurence e ritrovare se stessa, dall’altra inconsapevolmente sa che lei nella vita da moglie che avvierà con Albert rischierà di scomparire nel grigiore dell’ordinario.
Oltre alla musica, anche l’arte è molto impiegata da Dolan per portare alla luce le emozioni dei suoi personaggi, abbandonando il realismo e mettendo di fronte alla macchina da presa l’interiorità. A seguito della rissa nel bar, Laurence cammina in strada spaesata e stordita, si guarda intorno per cercare aiuto, ma il regista, prima di mostrare le persone che si scansano dalle sue richieste d’aiuto, inserisce nel montaggio dettagli di volti tratti dal quadro di Hieronymus Bosch La salita al Calvario. I tratti grotteschi e deformi che si accalcano attorno al Cristo sofferente, simboleggiano la cieca bestialità dell’uomo di fronte all’umanità di Gesù. Un altro riferimento biblico che denuncia la crudeltà della società nei confronti del diverso, ricorrendo a un’inedita e provocatoria simmetria tra un percorso di transizione e la Passione di Cristo.
La storia di Laurence è una storia di superamento dei confini, di destrutturazione della distinzione tra normale e marginalizzato nella società. Il regista impone alla sua protagonista dei confini molto stretti nel formato (in 4:3) e nella messa in scena, costituita principalmente da primi piani e riprese in interni.
Tuttavia la sequenza a Ile au Noir rompe gli schemi delineati dal regista stesso, riprendendo le due protagoniste in esterna e con un campo medio che dà molto respiro alla scena. La scelta è motivata dal fatto che si tratta della massima espressione del loro amore, simboleggiato dalla pioggia di vestiti dai colori sgargianti.
Laurence Anyways condensa una riflessione sullo sguardo della società sul diverso e la necessità di essere visti e riconosciuti dalle persone che amiamo; al contempo è un inno alla ricerca della libertà di abbracciare la nostra identità sfidando i confini imposti dalla società, desiderio reso grazie all’espressività del linguaggio cinematografico che impone allo spettatore sia la crudezza della realtà che la possibilità di sognare e varcare la soglia del reale, rendendo visibile anche ciò che lo sguardo non coglie.