Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!
TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
di Michela Bonzio
Tre manifesti a Ebbing, Missouri è il terzo lungometraggio del regista – sceneggiatore Martin McDonagh. Uscito nel 2017, venne presentato alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia. Confermando il successo di critica ottenuto, venne nominato a 7 Academy Awards, tra cui Miglior film e ne vinse due, uno per la Miglior attrice protagonista a Frances McDormand e il secondo per il Miglior attore non protagonista a Sam Rockwell. Il film si può definire una tragicommedia.
Il lungometraggio è ambientato a Ebbing, una città inventata da McDonagh stesso, situata nello stato del Missouri, USA. Qui incontriamo la protagonista Mildred Hayes, interpretata da Frances McDormand, madre di una ragazza stuprata e assassinata sette mesi prima che cerca giustizia per la figlia cercando di trovare il suo assassino. Decide di affittare tre manifesti sui quali far scrivere in sequenza “Raped while dying”, “And still no arrests?”, “How come, Chief Willoughby?” denunciando pubblicamente il lavoro che non è stato fatto da parte della polizia ed in particolare richiamando l’attenzione dello sceriffo, interpretato da Woody Harrelson.
Il film è caratterizzato dal tipico dark humour delle sceneggiature di McDonagh presente anche negli altri suoi due lungometraggi. In Tre Manifesti a Ebbing, Missouri il regista affronta una molteplicità di temi strettamente legati alla società contemporanea americana e che vanno a delinearne i problemi presenti, il tutto alternato da momenti tragicomici. È interessante sottolineare come McDonagh sia nato e cresciuto in Inghilterra da genitori irlandesi, perciò il punto di vista che offre su queste tematiche della società americana è un punto di vista esterno, da straniero. Si concentra sull’abuso di potere della polizia, le discriminazioni razziali, la violenza sulle donne, il lutto, la rabbia e la vendetta.
I. LUTTO, RABBIA E VENDETTA
Il cuore del film è rappresentato dal personaggio interpretato da Frances McDormand, Mildred che viene presentata all’inizio come una donna determinata e diretta, ma scossa dal dolore e dai sensi di colpa per la perdita della figlia Angela. È una persona scontrosa e sgarbata, con un rapporto altalenante con il figlio Robbie, interpretato da Lucas Hedges e un ex marito, Charlie, che l’ha lasciata per una ragazza di 19 anni in seguito alla morte della figlia.
Fin dal primo momento viene presentata da McDonagh come una ‘guerriera’, una sorta di antieroe, pronta a tutto per ottenere ciò che vuole, ricorrendo spesso anche alla violenza. La vera introduzione al suo personaggio si ha quando si reca nell’ufficio pubblicitario di Ebbing. Irrompe nella scena con determinazione per parlare con il proprietario dell’agenzia, Red Welby, e chiedergli se può affittare i tre manifesti abbandonati vicino casa sua su una strada secondaria della città. Nonostante non venga subito rivelato cosa vuole far scrivere come contenuto dei manifesti, Welby senza che lei si presenti e leggendo le scritte che vuole far stampare la riconosce immediatamente. McDonagh nel corso del film giocherà molto sulle rivelazioni date man mano allo spettatore, creando aspettativa e suspense. Nel momento in cui Mildred entra nel suo studio, Welby tiene in mano un libro s’intitolato “A good man is hard to find”, racconto del 1953 di Flannery O’Connor – dettaglio importante per l’interpretazione della storia del film. Mentre i due discutono, Mildred si sposta verso la finestra che dà sulla strada principale di Ebbing, si nota che dal lato opposto della strada si trova la centrale di polizia della città ed il focus dell’inquadratura passa da Mildred all’entrata della centrale che lei sta osservando rendendo chiaro allo spettatore che la polizia ricopre un ruolo importante in quello che lei ha in mente di fare, seppure, non è ancora chiaro. Nella scena seguente viene rivelato il motivo dell’affitto dei manifesti: uno degli agenti di polizia, Jason Dixon, interpretato da Sam Rockwell, mentre guida nella strada dove si trovano i manifesti si accorge che nell’ultimo dei tre viene nominato il suo superiore, lo sceriffo Willoughby. È interessante notare che la rivelazione dei manifesti avviene al contrario (dall’ultimo al primo) non solo per creare suspense per l’audience che scopre il piano di Mildred, ma anche per sottolineare il fatto che Dixon si renda conto alla fine dell’anomalia dei manifesti, solamente perché nell’ultimo viene nominato lo sceriffo Willoughby, mentre i primi due in cui erano menzionati arresti, stupro e morte non erano stati letti e presi in considerazione dall’agente. Sembra sottolineare una prima critica al disservizio della polizia americana nei casi di violenza sulle donne (critica che verrà confermata da Mildred nel corso del film).
Le azioni di Mildred portano scombussolamento non solo nella centrale di polizia di Ebbing, ma anche in tutta la comunità della città. È chiaro che lei è disposta fin da subito a fare di tutto per ottenere giustizia per la figlia: il lutto che ha provato si è ormai trasformato in rabbia e vendetta. Se Mildred cerca giustizia, sa che la dovrà trovare da sola. Durante un’intervista alla tv locale infatti afferma che ‘ha l’impressione che la polizia impegni il suo tempo a torturare persone di colore invece che risolvere dei veri crimini’, riferendosi alle voci di paese che incolpano Dixon di aver torturato un afroamericano nella centrale di polizia. Nel giro di pochi minuti è la seconda critica all’abuso di potere dei poliziotti nel sistema americano, riguardante in questo caso la discriminazione razziale. In un veloce cambio di scena si vede Willoughby colpito e ferito dalle parole che Mildred pronuncia in tv e che cerca immediatamente conforto nei suoi cavalli nella scena seguente. Più tardi, quando lo sceriffo si reca a casa di Mildred, si viene a conoscenza delle motivazioni per cui le indagini per il caso di Angela non sono continuate, spiegando che le ricerche che poteva fare la polizia erano già state fatte. Mildred però non è soddisfatta della spiegazione ed è chiaro che non si fermerà ai manifesti per ottenere giustizia. Nel corso della scena, il loro contrasto ideologico è sottolineato dalla posizione in cui i due si trovano mentre discutono: spesso guardano in direzioni diverse senza incontrare i loro sguardi e sono separati dai manifesti presenti sullo sfondo al centro della scena, come se fossero volti a ricordare che sono il motivo scatenante dei nuovi problemi ad Ebbing.
È evidente che Mildred agisce per amore della figlia Angela e dimostra la consapevolezza che ha nel dover ricercare giustizia per sé in quanto non può più fidarsi del sistema che fino ad ora ha fallito nell’aiutarla. È proprio la sua ricerca di giustizia personale con i suoi metodi poco tradizionali e il suo carattere determinato che rendono Mildred simile ad un personaggio di un film western (come Mattie Ross ne “Il grinta”). Inoltre, i character poster per la promozione del film ricordano i poster di film western come El Dorado (1966). Nel corso del film McDonagh sceglie di ricorrere a diverse musiche della colonna sonora che ricordano quelle di un tipico film western, come avviene nella scena, citata precedentemente, dell’incontro tra Mildred e Welby. Inoltre, sembra che gli avvenimenti più importanti rivolvano attorno alla strada principale di Ebbing che divide in due la città (esattamente come quelle dei film western) e luogo dove si trovano la centrale di polizia e l’agenzia pubblicitaria.
A mezz’ora dall’inizio del film, McDonagh inserisce l’unico flashback di tutto il lungometraggio e che è fondamentale per la comprensione della storia. Tramite la scena si rivela la natura del rapporto madre – figlia tra Mildred e Angela. È il giorno della morte di Angela e dopo una discussione per la macchina che Mildred non presta alla figlia, quest’ultima esce di casa urlando “Spero anche che mi stuprino per strada” alla quale la madre risponde “Spero che ti stuprino per strada anch’io”. Diventa ancora più evidente la motivazione per cui Mildred cerca a tutti i costi giustizia per la figlia: la sofferenza per la sua morte, il senso di colpa e il rimorso che prova sono abbastanza per spingerla a comportarsi in questa maniera. Per lei vale la pena affrontare qualsiasi conseguenza pur di ottenere giustizia. Il flashback viene introdotto con Mildred che apre la porta della camera della figlia e si siede sul letto, si conclude con Angela che sbatte la porta per andarsene per l’ultima volta via di casa e ritroviamo Mildred nel presente nuovamente in piedi davanti alla camera della figlia, come se non si fosse accorta dei passi compiuti per rialzarsi perché immersa nei propri ricordi. La scena si conclude con un cambio di focus dalla stanza di Angela, che la madre sta osservando, a Mildred stessa che mantiene lo sguardo puntato verso il basso, quasi in segno di vergogna e rimorso per quell’ultimo momento condiviso con la figlia.
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Il lutto e la rabbia sono due temi profondamente legati fra loro. Ma all’interno del film si nota come le persone reagiscono in maniera diversa alla perdita di una persona a cui tengono. Il figlio Robbie cerca di superare la morte della sorella in silenzio e senza voler ricordare la violenza che ha vissuto nei suoi ultimi momenti di vita. Dixon e Anne, moglie dello sceriffo Willoughby, rimpiangono il suo suicidio. Dixon sfoga la sua sofferenza con l’unica arma che conosce: la violenza. Mentre Anne si limita a sfogare la sua frustrazione nei confronti di Mildred discutendo con lei nel suo negozio, ma consegnandole lo stesso la lettera lasciata dal marito. McDonagh cerca di non giudica i suoi personaggi, si limita a rappresentarli in tutte le loro sfumature, mostrando la loro tridimensionalità e dimostrando che non esistono persone ‘buone’ o ‘cattive’ e come suggerisce all’inizio del film con il racconto che Welby legge - A good man is hard to find. Non c’è alcun personaggio in tutto il film che non dica o compia azioni discutibili.
Anger begeats greater anger è la frase più rappresentativa del film. La rabbia è uno strumento che non porta ad alcun risultato effettivo, non importa quali siano gli obbiettivi o le motivazioni che spingono Mildred, Dixon o qualsiasi altro personaggio ad agire. Il risultato ottenuto non è mai quello sperato. L’unico caso in cui si ottiene giustizia guidata dalla rabbia è con il licenziamento dell’agente Dixon da parte del nuovo superiore della centrale di polizia, Abercrombie (che arriva ad Ebbing dopo il suicidio di Willoughby). È ironico il fatto che sia proprio lui a licenziare Dixon visto che quest’ultimo è conosciuto come uno dei poliziotti più razzisti all’interno della centrale.
In tutti gli altri casi però, non funziona: Mildred, dopo aver visto andare a fuoco i suoi manifesti pensando fosse un piano della polizia, decide di incendiare la centrale rischiando di uccidere a sua insaputa l’ex agente Dixon che in quel momento si trovava all’interno per leggere la lettera lasciatagli da Willoughby dopo il suo suicidio. La disperazione del gesto di Mildred non la porta quindi ad alcuna soluzione. È importante però sottolineare il fatto che anche Mildred, come Dixon, non conosce altro da anni: è reduce da un matrimonio in cui l’ex marito era violento in casa e come si vede nella scena di discussione tra i due e il figlio Robbie questa può tornare da un momento all’altro. Nel giro di pochi secondi nella scena, Charlie lancia il tavolo da cucina e afferra Mildred per il collo. Si ferma solo quando il figlio gli punta un coltello al collo chiedendogli di toglierle le mani di dosso. Le reazioni di Mildred e di Robbie dimostrano che sono abituati a questo tipo di violenza e attacchi d’ira da parte del padre. Un ulteriore segno di critica sulla violenza sulle donne (in questo caso domestica) che non viene denunciata.
Dixon reagisce con violenza per vendicare la mancanza di rispetto di Mildred nei confronti di Willoughby e per vendicarne la morte, perché convinto che la causa della sua decisione fossero i manifesti e quello che rappresentavano. Per questo sfruttando il suo ruolo di poliziotto cerca di colpire non solo lei, bensì anche i suoi amici e tutti coloro che la aiutano pur di ottenere vendetta nei suoi confronti.
II. IL SUICIDIO
Anche il tema del suicidio svolge un ruolo centrale nel film ed è chiaramente legato alla rabbia e al lutto. La scena del suicidio divide il film in due parti e rappresenta il momento in cui Mildred, Dixon e Willoughby toccano il fondo e provano a cambiare rotta nel loro percorso.
Nel caso di Willoughby, il suicidio rappresenta l’unica via con cui si libera dalla sofferenza fisica. Come spiega nella lettera lasciata alla moglie Anne, soffrendo di cancro terminale al pancreas non voleva pesare alla famiglia e ha preferito trascorrere un’ultima giornata in felicità con loro piuttosto che vivere gli ultimi mesi vedendo la sofferenza nei loro occhi a causa della malattia. Decide di togliersi la vita davanti al box dei suoi cavalli, animali che rappresentano la libertà e l’indomabilità. Con questa scelta, Willoughby si sente nuovamente padrone del suo destino ponendo fine una volta per tutte alle sue sofferenze. Con un ultimo prima piano pochi secondi prima della sua morte, si vede lo sceriffo accennare un sorriso, non appare nervoso, quasi a dimostrare di essere in pace con la sua scelta. I cavalli poco più tardi, dopo che Anne ritrova il suo corpo senza vita, escono dal loro box liberi di muoversi come Willoughby ora è libero dalla sua sofferenza.
Nel caso di Dixon il suicidio dell’amico lo porta a sfogare la sua rabbia nella maniera più violenta che si mostra nel film. Tramite un gioco di contrasti in una scena, mentre Dixon ascolta dagli auricolari la canzone Chiquitita degli ABBA, si vedono in secondo piano i suoi colleghi che piangono e si abbracciano perché venuti a conoscenza della tragedia. È un momento tragicomico seguito dal pianto di Dixon assieme ai suoi colleghi dopo aver appreso la notizia. Nella scena seguente, però picchia Red Welby ferendolo gravemente e facendolo finire in ospedale. Ironicamente, tramite un voice over, si sente la voce del collega Connelly che chiede agli altri agenti di polizia di onorare la morte di Willoughby facendo il loro dovere di poliziotti, ovvero aiutando la gente di Ebbing. Solo più tardi, grazie alla lettera che leggerà, Dixon scoprirà che le motivazioni che hanno spinto Bill al suicidio non erano legate ai manifesti e che quindi le sue azioni sono state vane. Infine, per Mildred è un momento di rivelazione. In quanto, tramite la lettera che riceve da Anne, si convince che le intenzioni dello sceriffo erano sincere e che egli era dispiaciuto di non essere riuscito a trovare l’assassino della figlia. Scopre inoltre, che per dimostrare agli altri abitanti di Ebbing che lui appoggiava la sua idea e che i manifesti non sono stati motivo del suo suicidio che era lui ad averle pagato in anticipo e anonimamente un mese di affitto dei manifesti prima della sua morte. La lettera è uno dei pochi elementi che dimostra a Mildred e Dixon che la rabbia forse non è l’unica soluzione con cui rispondere alle ingiustizie della vita. Ciò nonostante, non significa che i due seguiranno i consigli di Willoughby come si vedrà poi nel finale.
Dixon solamente dopo aver mancato di rispetto al suo nuovo capo, dopo aver ferito gravemente Welby e dopo essere stato portato nella stessa stanza di ospedale dove si trovava lui inizia a comprendere la gravità dei suoi gesti. È simbolico il momento in cui chiede perdono a Welby per averlo ferito gravemente. Red al posto di reagire violentemente, gli offre un bicchiere di succo: è la prima persona che gli offre un gesto di compassione, dopo Willoughby, nonostante quello che gli ha fatto in precedenza. Dixon dal momento in cui è testimone del suo gesto capisce che forse la soluzione non è rispondere alla rabbia con più rabbia, ma a volte ricorrere al perdono e all’amore potrebbe essere la miglior scelta, come Willoughby aveva suggerito nella lettera che gli aveva lasciato. Questa rivelazione è rappresentata nel film con una scena in soggettiva, tramite la quale lo spettatore vede il gesto di Welby attraverso gli occhi di Dixon stesso. In tal modo si riesce a comprendere il possibile cambio di prospettiva e di idee dell’ex agente di polizia.
III. L’ABUSO DI POTERE E LA SFIDUCIA NEL SISTEMA
Il film presenta temi molto ricorrenti e contemporanei per la società americana del giorno d’oggi quali: l’abuso di potere della polizia, la discriminazione razziale e la violenza sulle donne. Temi che hanno avuto grande risonanza negli Stati Uniti negli ultimi anni soprattutto grazie alla nascita di movimenti come il Black Lives Matter e il Me Too movement. McDonagh presenta ogni personaggio della storia come un tassello che rinforza questi problemi all’interno della loro società, nonostante siano loro stessi a volerli combattere come nel caso di Mildred. Gioca sull’imprevedibilità delle loro azioni e delle loro parole che spesso li conducono verso un peggioramento della situazione iniziale. Presenta tutti (in particolare Mildred, Dixon e Willoughby) per quello che sono senza filtri e senza cercare di influenzare l’opinione dello spettatore. L’agente Dixon è il miglior esempio di abuso di potere all’interno del film: fin dall’inizio viene svelato che ha torturato un afroamericano in custodia alla centrale; ha arrestato Denise, l’amica di Mildred, perché in possesso di Marijuana anche se è un chiaro gesto compiuto per attaccare quest’ultima e ha minacciato Jerome, l’afroamericano che appende uno dei manifesti all’inizio del film, dicendogli che lo può portare in centrale per aver causato inquinamento ambientale spargendo un po’ di vernice sull’erba. Non ci sono dubbi sul fatto che Dixon, quindi, rappresenti il tipico agente di polizia bigotto e razzista che spesso abusa del proprio potere per raggiungere i propri fini. L’esempio eclatante di ciò avviene dopo il suicidio di Willoughby in cui egli, appena apprende la notizia della sua morte, irrompe nell’ufficio di Welby spaccandogli la porta. Sono chiare le sue intenzioni: picchia e spinge dalla finestra del primo piano Welby, lasciando intendere che è colpevole anche lui della morte di Willoughby visto che ha aiutato Mildred facendole affittare i tre manifesti. La sua ira però non si placa: tira un pugno alla collega di Welby perché si trova in ufficio in quel momento ed è testimone della violenza ed infine, scende in strada per colpire un’ultima volta il ragazzo. Tutto questo avviene sotto gli occhi degli altri agenti di polizia che si vedono nello sfondo della scena, ma che non fanno niente per fermare l’ira del loro collega. Dixon infine sottolinea a Welby “vedi Red infondo ce l’ho anche con i bianchi”, cercando una scusa per mascherare i suoi comportamenti razzisti e violenti di cui tutta la città è a conoscenza. Lo spettatore di fronte a questa scena si sente impotente, McDonagh infatti sceglie di porre la macchina da presa alle spalle di Dixon in modo tale che si abbia la sensazione di seguirlo e di vivere tramite questo piano sequenza la violenza senza poter fare nulla per fermarlo. Questo è evidente dal momento in cui, tramite una soggettiva di Dixon, lo spettatore vede attraverso la finestra della centrale Welby che si muove nel suo ufficio come se fosse la prossima preda dell’agente di polizia.
Questo esempio di abuso di potere e violenza è rappresentativo per gli eventi che si sono susseguiti negli ultimi anni negli Stati Uniti. Martin McDonagh concluse la stesura della sceneggiatura nel 2009, molti anni prima rispetto all’uscita del film e delle più recenti manifestazioni organizzate per denunciare la violenza della polizia negli Stati Uniti, dimostrando che questo genere di tragedie hanno sempre fatto parte della quotidianità di alcune minoranze e che da sempre sono state spesso perpetrate da coloro che dovrebbero difendere i civili. Negli ultimi anni l’abuso di potere e la violenza della polizia in tutto il paese fecero si che si vennero a creare movimenti come il Black Lives Matter – ora di respiro internazionale, ma originato all'interno della comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo.
L’ambientazione stessa del film è più che simbolica: Ebbing, come anticipato, è una città che non esiste ma diventa simbolo di tutte le città statunitensi che sono testimoni di questo genere di violenze e discriminazioni. Non ci sono dettagli che possono ricondurre Ebbing ad una specifica città degli Stati Uniti, questo perché Ebbing può incarnare ogni città. Anche l’ambientazione nello stato del Missouri può non essere casuale: è uno stato del sud conosciuto per la sua storia razzista e misogina, come lo dimostra la tragedia avvenuta a Ferguson nel 2014, in cui un diciottenne afroamericano ha perso la vita dopo che un poliziotto bianco gli aveva sparato. Ebbing con i suoi abitanti può essere vista come la rappresentazione della decadenza e del disinteresse della società americana nel difendere le minoranze e i più deboli. Se si vuole ottenere giustizia si deve fare affidamento solo su sé stessi. Mildred con i suoi manifesti scatena una serie di eventi che fanno emergere nuovamente dei problemi sociali ben radicati nella società e nella realtà di Ebbing, problemi che fino a quel momento venivano ignorati da ogni persona perché non rientravano nei loro interessi. Nel momento in cui Mildred prima del suicidio di Willoughby torna nell’ufficio di Welby per discutere i termini di contratto dell’affitto afferma “Se non ci si può affidare ad avvocati e pubblicitari dell’America che rimane?”. È una domanda retorica che pone a Welby che per paura di essere minacciato nuovamente dalla polizia cerca di annullare il loro contratto, ma è al tempo stesso una chiara critica alla società americana che da sempre si vanta di poter offrire libertà individuale. Mildred ormai è consapevole che non si può fidare di nessuno. Gli altri abitanti si dimostrano incapaci di reagire dinanzi alle ingiustizie di cui sono testimoni in un sistema che chiaramente presenta dei seri problemi e che è lontano dal rendere gli Stati Uniti la famosa “Land of the free”.
Le persone come Mildred e Dixon reagiscono seguendo i loro istinti, non seguono più la legge. Sono anche a modo loro perpetratori del loro stesso male: Mildred cerca di battersi per le ingiustizie subite da sua figlia rischiando di uccidere Dixon, non si pone problemi ad offendere e a discriminare James, il nano del paese, infine ricorre spesso alla violenza per farsi valere con gli altri, come si vede quando colpisce dei ragazzi a scuola del figlio Robbie dopo che le hanno lanciato una bibita contro la macchina. Ma ai suoi occhi questo è l’unico mezzo che ha per ottenere giustizia personale. Per questo motivo Mildred e Dixon si comportano secondo le loro regole. Fino alla fine seguiranno questa linea di pensiero. È emblematico, infatti, il fatto che anche Dixon non pagherà mai fino infondo la gravità di alcuni suoi gesti: nonostante abbia torturato un uomo e abbia tentato di uccidere e picchiare Red Welby più volte, la conseguenza peggiore che subisce è il licenziamento dal posto di lavoro.
Il lungometraggio si può definire in tutto e per tutto una rappresentazione della crisi della democrazia americana e della sfiducia che gli americani stessi hanno sviluppato nel corso del tempo nei confronti del sistema in cui vivono. Aleggia una costante sensazione di insicurezza generale, soprattutto per alcune minoranze etniche e di genere. Questo elemento si può ricollegare come conseguenza dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle del 11 settembre 2001 e all’avvento dell’era trumpiana in cui gli Stati Uniti sono entrati con le elezioni presidenziali del novembre 2016. Due eventi di evidente rilevanza storica per il Paese che si possono considerare in parte strettamente legati. Nel corso del film la democrazia viene messa in discussione in diversi momenti, soprattutto attraverso azioni compiute per mano del corpo di polizia di Ebbing. Non a caso, l’importanza e il ruolo della polizia ha da sempre avuto un peso centrale nelle scelte politiche dell’ex presidente Trump. Il quale ha spesso difeso le azioni di dubbia legalità da parte delle forze dell’ordine americane contro le minoranze etniche (ad esempio, le minoranze asiatiche ed afroamericane).
Per questo motivo, la presidenza trumpiana si può definire una delle più controverse nella storia degli Stati Uniti d’America e il lungometraggio di McDonagh – tramite il suo punto di vista esterno - rappresenta al meglio una parte dei cambiamenti socio – politici americani degli ultimi anni.
IV. IL FINALE
Il finale di Tre manifesti a Ebbing, Missouri è lasciato appositamente alla libera interpretazione dello spettatore. Mildred e Dixon sono in macchina assieme mentre si dirigono verso l’Idaho alla ricerca dell’uomo che ha minacciato Mildred nel suo negozio e che pensavano fosse lo stupratore di Angela. L’unica cosa che sanno con certezza è che nove mesi prima l’uomo aveva stuprato un’altra ragazza, come da lui ammesso pochi giorni prima nel bar della città. La soluzione proposta da Dixon è quella di compiere giustizia privata, in nome di tutte le altre vittime di abusi sessuali di cui non sono mai stati trovati gli stupratori (come nel caso di Angela). Mentre sono per strada, Mildred domanda a Dixon se è sicuro di quello che vogliono compiere. Lui risponde che non è convinto del tutto e Mildred concordando aggiunge che potranno rifletterci strada facendo. Ed il film si conclude così, con la canzone Buckskin Stallion Blues di Amy Annelle in sottofondo e senza aver ancora scoperto l’assassino di Angela. I due appaiono completamente immersi nei loro pensieri, guardando davanti a sé la strada ed insicuri del futuro che li spetta. Nonostante le loro esperienze passate, non sono ancora disposti a rinunciare alla violenza come risposta alle ingiustizie che vengono perpetrate da altri uomini. Inoltre, è interessante sottolineare due elementi: fino alla fine non solo non si scoprirà mai chi è l’assassino di Angela ma l’unico modo in cui Dixon paga per i suoi reati è il licenziamento dal posto di lavoro nella centrale di polizia di Ebbing. Il fatto che l’assassino della figlia di Mildred è simbolico: tutt’ora negli Stati Uniti solo quattro abusi su dieci vengono denunciati e molti di quelli denunciati vengono assolti. Una realtà che molte persone ancora non ammettono.
Ulteriore segnale di un sistema che continua a non far pagare ai più forti le proprie colpe. Chi perde sono sempre i più deboli, in questo caso le donne e tutti coloro che vengono discriminati per il colore della loro pelle. Anche se l’insegnamento di Willoughby può aver fatto cambiare idea a Dixon e averlo portato verso la sua redenzione, non ce ne sarà mai la certezza. Il film diventa una rappresentazione di un percorso di giustizia e redenzione solo se lo si vuole leggere con questa lente, ma il regista non dà alcun indizio chiaro che spinga verso questa soluzione, grazie ad uno stile di regia molto poco intrusivo per lasciar parlare i personaggi per sé e per far trarre ad ogni spettatore le proprie conclusioni.
Il film, perciò, non offre mai soluzioni a questi problemi, bensì mostra una panoramica della società americana contemporanea e di quanto sia complicato riuscire ad ottenere giustizia in un mondo in cui ognuno in realtà pensa per sé e in cui non esiste una risposta chiara per risolvere le ingiustizie di cui i personaggi sono testimoni perché i problemi sono troppo radicati nel cuore della società stessa.
Il film ebbe grosso impatto anche in termini sociopolitici: dopo la sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, scoppiò lo scandalo Weinstein sugli abusi sessuali del produttore ad Hollywood, rendendo le tematiche del film particolarmente attuali e d’interesse per il pubblico e per i media. A seguito dell’uscita, durante diverse manifestazioni e proteste venne anche copiato il modello dei tre manifesti per la denuncia di diverse tragedie in tutto il mondo come l’incendio della Greenfell Tower, le proteste per la morte di due donne a causa di violenza domestica a Pristina, Kosovo e una sparatoria avvenuta in una scuola superiore di Parkland in Florida nel corso del 2018.
TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI
di Michela Bonzio
Tre manifesti a Ebbing, Missouri è il terzo lungometraggio del regista – sceneggiatore Martin McDonagh. Uscito nel 2017, venne presentato alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia. Confermando il successo di critica ottenuto, venne nominato a 7 Academy Awards, tra cui Miglior film e ne vinse due, uno per la Miglior attrice protagonista a Frances McDormand e il secondo per il Miglior attore non protagonista a Sam Rockwell. Il film si può definire una tragicommedia.
Il lungometraggio è ambientato a Ebbing, una città inventata da McDonagh stesso, situata nello stato del Missouri, USA. Qui incontriamo la protagonista Mildred Hayes, interpretata da Frances McDormand, madre di una ragazza stuprata e assassinata sette mesi prima che cerca giustizia per la figlia cercando di trovare il suo assassino. Decide di affittare tre manifesti sui quali far scrivere in sequenza “Raped while dying”, “And still no arrests?”, “How come, Chief Willoughby?” denunciando pubblicamente il lavoro che non è stato fatto da parte della polizia ed in particolare richiamando l’attenzione dello sceriffo, interpretato da Woody Harrelson.
Il film è caratterizzato dal tipico dark humour delle sceneggiature di McDonagh presente anche negli altri suoi due lungometraggi. In Tre Manifesti a Ebbing, Missouri il regista affronta una molteplicità di temi strettamente legati alla società contemporanea americana e che vanno a delinearne i problemi presenti, il tutto alternato da momenti tragicomici. È interessante sottolineare come McDonagh sia nato e cresciuto in Inghilterra da genitori irlandesi, perciò il punto di vista che offre su queste tematiche della società americana è un punto di vista esterno, da straniero. Si concentra sull’abuso di potere della polizia, le discriminazioni razziali, la violenza sulle donne, il lutto, la rabbia e la vendetta.
I. LUTTO, RABBIA E VENDETTA
Il cuore del film è rappresentato dal personaggio interpretato da Frances McDormand, Mildred che viene presentata all’inizio come una donna determinata e diretta, ma scossa dal dolore e dai sensi di colpa per la perdita della figlia Angela. È una persona scontrosa e sgarbata, con un rapporto altalenante con il figlio Robbie, interpretato da Lucas Hedges e un ex marito, Charlie, che l’ha lasciata per una ragazza di 19 anni in seguito alla morte della figlia.
Fin dal primo momento viene presentata da McDonagh come una ‘guerriera’, una sorta di antieroe, pronta a tutto per ottenere ciò che vuole, ricorrendo spesso anche alla violenza. La vera introduzione al suo personaggio si ha quando si reca nell’ufficio pubblicitario di Ebbing. Irrompe nella scena con determinazione per parlare con il proprietario dell’agenzia, Red Welby, e chiedergli se può affittare i tre manifesti abbandonati vicino casa sua su una strada secondaria della città. Nonostante non venga subito rivelato cosa vuole far scrivere come contenuto dei manifesti, Welby senza che lei si presenti e leggendo le scritte che vuole far stampare la riconosce immediatamente. McDonagh nel corso del film giocherà molto sulle rivelazioni date man mano allo spettatore, creando aspettativa e suspense. Nel momento in cui Mildred entra nel suo studio, Welby tiene in mano un libro s’intitolato “A good man is hard to find”, racconto del 1953 di Flannery O’Connor – dettaglio importante per l’interpretazione della storia del film. Mentre i due discutono, Mildred si sposta verso la finestra che dà sulla strada principale di Ebbing, si nota che dal lato opposto della strada si trova la centrale di polizia della città ed il focus dell’inquadratura passa da Mildred all’entrata della centrale che lei sta osservando rendendo chiaro allo spettatore che la polizia ricopre un ruolo importante in quello che lei ha in mente di fare, seppure, non è ancora chiaro. Nella scena seguente viene rivelato il motivo dell’affitto dei manifesti: uno degli agenti di polizia, Jason Dixon, interpretato da Sam Rockwell, mentre guida nella strada dove si trovano i manifesti si accorge che nell’ultimo dei tre viene nominato il suo superiore, lo sceriffo Willoughby. È interessante notare che la rivelazione dei manifesti avviene al contrario (dall’ultimo al primo) non solo per creare suspense per l’audience che scopre il piano di Mildred, ma anche per sottolineare il fatto che Dixon si renda conto alla fine dell’anomalia dei manifesti, solamente perché nell’ultimo viene nominato lo sceriffo Willoughby, mentre i primi due in cui erano menzionati arresti, stupro e morte non erano stati letti e presi in considerazione dall’agente. Sembra sottolineare una prima critica al disservizio della polizia americana nei casi di violenza sulle donne (critica che verrà confermata da Mildred nel corso del film).
Le azioni di Mildred portano scombussolamento non solo nella centrale di polizia di Ebbing, ma anche in tutta la comunità della città. È chiaro che lei è disposta fin da subito a fare di tutto per ottenere giustizia per la figlia: il lutto che ha provato si è ormai trasformato in rabbia e vendetta. Se Mildred cerca giustizia, sa che la dovrà trovare da sola. Durante un’intervista alla tv locale infatti afferma che ‘ha l’impressione che la polizia impegni il suo tempo a torturare persone di colore invece che risolvere dei veri crimini’, riferendosi alle voci di paese che incolpano Dixon di aver torturato un afroamericano nella centrale di polizia. Nel giro di pochi minuti è la seconda critica all’abuso di potere dei poliziotti nel sistema americano, riguardante in questo caso la discriminazione razziale. In un veloce cambio di scena si vede Willoughby colpito e ferito dalle parole che Mildred pronuncia in tv e che cerca immediatamente conforto nei suoi cavalli nella scena seguente. Più tardi, quando lo sceriffo si reca a casa di Mildred, si viene a conoscenza delle motivazioni per cui le indagini per il caso di Angela non sono continuate, spiegando che le ricerche che poteva fare la polizia erano già state fatte. Mildred però non è soddisfatta della spiegazione ed è chiaro che non si fermerà ai manifesti per ottenere giustizia. Nel corso della scena, il loro contrasto ideologico è sottolineato dalla posizione in cui i due si trovano mentre discutono: spesso guardano in direzioni diverse senza incontrare i loro sguardi e sono separati dai manifesti presenti sullo sfondo al centro della scena, come se fossero volti a ricordare che sono il motivo scatenante dei nuovi problemi ad Ebbing.
È evidente che Mildred agisce per amore della figlia Angela e dimostra la consapevolezza che ha nel dover ricercare giustizia per sé in quanto non può più fidarsi del sistema che fino ad ora ha fallito nell’aiutarla. È proprio la sua ricerca di giustizia personale con i suoi metodi poco tradizionali e il suo carattere determinato che rendono Mildred simile ad un personaggio di un film western (come Mattie Ross ne “Il grinta”). Inoltre, i character poster per la promozione del film ricordano i poster di film western come El Dorado (1966). Nel corso del film McDonagh sceglie di ricorrere a diverse musiche della colonna sonora che ricordano quelle di un tipico film western, come avviene nella scena, citata precedentemente, dell’incontro tra Mildred e Welby. Inoltre, sembra che gli avvenimenti più importanti rivolvano attorno alla strada principale di Ebbing che divide in due la città (esattamente come quelle dei film western) e luogo dove si trovano la centrale di polizia e l’agenzia pubblicitaria.
A mezz’ora dall’inizio del film, McDonagh inserisce l’unico flashback di tutto il lungometraggio e che è fondamentale per la comprensione della storia. Tramite la scena si rivela la natura del rapporto madre – figlia tra Mildred e Angela. È il giorno della morte di Angela e dopo una discussione per la macchina che Mildred non presta alla figlia, quest’ultima esce di casa urlando “Spero anche che mi stuprino per strada” alla quale la madre risponde “Spero che ti stuprino per strada anch’io”. Diventa ancora più evidente la motivazione per cui Mildred cerca a tutti i costi giustizia per la figlia: la sofferenza per la sua morte, il senso di colpa e il rimorso che prova sono abbastanza per spingerla a comportarsi in questa maniera. Per lei vale la pena affrontare qualsiasi conseguenza pur di ottenere giustizia. Il flashback viene introdotto con Mildred che apre la porta della camera della figlia e si siede sul letto, si conclude con Angela che sbatte la porta per andarsene per l’ultima volta via di casa e ritroviamo Mildred nel presente nuovamente in piedi davanti alla camera della figlia, come se non si fosse accorta dei passi compiuti per rialzarsi perché immersa nei propri ricordi. La scena si conclude con un cambio di focus dalla stanza di Angela, che la madre sta osservando, a Mildred stessa che mantiene lo sguardo puntato verso il basso, quasi in segno di vergogna e rimorso per quell’ultimo momento condiviso con la figlia.
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Il lutto e la rabbia sono due temi profondamente legati fra loro. Ma all’interno del film si nota come le persone reagiscono in maniera diversa alla perdita di una persona a cui tengono. Il figlio Robbie cerca di superare la morte della sorella in silenzio e senza voler ricordare la violenza che ha vissuto nei suoi ultimi momenti di vita. Dixon e Anne, moglie dello sceriffo Willoughby, rimpiangono il suo suicidio. Dixon sfoga la sua sofferenza con l’unica arma che conosce: la violenza. Mentre Anne si limita a sfogare la sua frustrazione nei confronti di Mildred discutendo con lei nel suo negozio, ma consegnandole lo stesso la lettera lasciata dal marito. McDonagh cerca di non giudica i suoi personaggi, si limita a rappresentarli in tutte le loro sfumature, mostrando la loro tridimensionalità e dimostrando che non esistono persone ‘buone’ o ‘cattive’ e come suggerisce all’inizio del film con il racconto che Welby legge - A good man is hard to find. Non c’è alcun personaggio in tutto il film che non dica o compia azioni discutibili.
Anger begeats greater anger è la frase più rappresentativa del film. La rabbia è uno strumento che non porta ad alcun risultato effettivo, non importa quali siano gli obbiettivi o le motivazioni che spingono Mildred, Dixon o qualsiasi altro personaggio ad agire. Il risultato ottenuto non è mai quello sperato. L’unico caso in cui si ottiene giustizia guidata dalla rabbia è con il licenziamento dell’agente Dixon da parte del nuovo superiore della centrale di polizia, Abercrombie (che arriva ad Ebbing dopo il suicidio di Willoughby). È ironico il fatto che sia proprio lui a licenziare Dixon visto che quest’ultimo è conosciuto come uno dei poliziotti più razzisti all’interno della centrale.
In tutti gli altri casi però, non funziona: Mildred, dopo aver visto andare a fuoco i suoi manifesti pensando fosse un piano della polizia, decide di incendiare la centrale rischiando di uccidere a sua insaputa l’ex agente Dixon che in quel momento si trovava all’interno per leggere la lettera lasciatagli da Willoughby dopo il suo suicidio. La disperazione del gesto di Mildred non la porta quindi ad alcuna soluzione. È importante però sottolineare il fatto che anche Mildred, come Dixon, non conosce altro da anni: è reduce da un matrimonio in cui l’ex marito era violento in casa e come si vede nella scena di discussione tra i due e il figlio Robbie questa può tornare da un momento all’altro. Nel giro di pochi secondi nella scena, Charlie lancia il tavolo da cucina e afferra Mildred per il collo. Si ferma solo quando il figlio gli punta un coltello al collo chiedendogli di toglierle le mani di dosso. Le reazioni di Mildred e di Robbie dimostrano che sono abituati a questo tipo di violenza e attacchi d’ira da parte del padre. Un ulteriore segno di critica sulla violenza sulle donne (in questo caso domestica) che non viene denunciata.
Dixon reagisce con violenza per vendicare la mancanza di rispetto di Mildred nei confronti di Willoughby e per vendicarne la morte, perché convinto che la causa della sua decisione fossero i manifesti e quello che rappresentavano. Per questo sfruttando il suo ruolo di poliziotto cerca di colpire non solo lei, bensì anche i suoi amici e tutti coloro che la aiutano pur di ottenere vendetta nei suoi confronti.
II. IL SUICIDIO
Anche il tema del suicidio svolge un ruolo centrale nel film ed è chiaramente legato alla rabbia e al lutto. La scena del suicidio divide il film in due parti e rappresenta il momento in cui Mildred, Dixon e Willoughby toccano il fondo e provano a cambiare rotta nel loro percorso.
Nel caso di Willoughby, il suicidio rappresenta l’unica via con cui si libera dalla sofferenza fisica. Come spiega nella lettera lasciata alla moglie Anne, soffrendo di cancro terminale al pancreas non voleva pesare alla famiglia e ha preferito trascorrere un’ultima giornata in felicità con loro piuttosto che vivere gli ultimi mesi vedendo la sofferenza nei loro occhi a causa della malattia. Decide di togliersi la vita davanti al box dei suoi cavalli, animali che rappresentano la libertà e l’indomabilità. Con questa scelta, Willoughby si sente nuovamente padrone del suo destino ponendo fine una volta per tutte alle sue sofferenze. Con un ultimo prima piano pochi secondi prima della sua morte, si vede lo sceriffo accennare un sorriso, non appare nervoso, quasi a dimostrare di essere in pace con la sua scelta. I cavalli poco più tardi, dopo che Anne ritrova il suo corpo senza vita, escono dal loro box liberi di muoversi come Willoughby ora è libero dalla sua sofferenza.
Nel caso di Dixon il suicidio dell’amico lo porta a sfogare la sua rabbia nella maniera più violenta che si mostra nel film. Tramite un gioco di contrasti in una scena, mentre Dixon ascolta dagli auricolari la canzone Chiquitita degli ABBA, si vedono in secondo piano i suoi colleghi che piangono e si abbracciano perché venuti a conoscenza della tragedia. È un momento tragicomico seguito dal pianto di Dixon assieme ai suoi colleghi dopo aver appreso la notizia. Nella scena seguente, però picchia Red Welby ferendolo gravemente e facendolo finire in ospedale. Ironicamente, tramite un voice over, si sente la voce del collega Connelly che chiede agli altri agenti di polizia di onorare la morte di Willoughby facendo il loro dovere di poliziotti, ovvero aiutando la gente di Ebbing. Solo più tardi, grazie alla lettera che leggerà, Dixon scoprirà che le motivazioni che hanno spinto Bill al suicidio non erano legate ai manifesti e che quindi le sue azioni sono state vane. Infine, per Mildred è un momento di rivelazione. In quanto, tramite la lettera che riceve da Anne, si convince che le intenzioni dello sceriffo erano sincere e che egli era dispiaciuto di non essere riuscito a trovare l’assassino della figlia. Scopre inoltre, che per dimostrare agli altri abitanti di Ebbing che lui appoggiava la sua idea e che i manifesti non sono stati motivo del suo suicidio che era lui ad averle pagato in anticipo e anonimamente un mese di affitto dei manifesti prima della sua morte. La lettera è uno dei pochi elementi che dimostra a Mildred e Dixon che la rabbia forse non è l’unica soluzione con cui rispondere alle ingiustizie della vita. Ciò nonostante, non significa che i due seguiranno i consigli di Willoughby come si vedrà poi nel finale.
Dixon solamente dopo aver mancato di rispetto al suo nuovo capo, dopo aver ferito gravemente Welby e dopo essere stato portato nella stessa stanza di ospedale dove si trovava lui inizia a comprendere la gravità dei suoi gesti. È simbolico il momento in cui chiede perdono a Welby per averlo ferito gravemente. Red al posto di reagire violentemente, gli offre un bicchiere di succo: è la prima persona che gli offre un gesto di compassione, dopo Willoughby, nonostante quello che gli ha fatto in precedenza. Dixon dal momento in cui è testimone del suo gesto capisce che forse la soluzione non è rispondere alla rabbia con più rabbia, ma a volte ricorrere al perdono e all’amore potrebbe essere la miglior scelta, come Willoughby aveva suggerito nella lettera che gli aveva lasciato. Questa rivelazione è rappresentata nel film con una scena in soggettiva, tramite la quale lo spettatore vede il gesto di Welby attraverso gli occhi di Dixon stesso. In tal modo si riesce a comprendere il possibile cambio di prospettiva e di idee dell’ex agente di polizia.
III. L’ABUSO DI POTERE E LA SFIDUCIA NEL SISTEMA
Il film presenta temi molto ricorrenti e contemporanei per la società americana del giorno d’oggi quali: l’abuso di potere della polizia, la discriminazione razziale e la violenza sulle donne. Temi che hanno avuto grande risonanza negli Stati Uniti negli ultimi anni soprattutto grazie alla nascita di movimenti come il Black Lives Matter e il Me Too movement. McDonagh presenta ogni personaggio della storia come un tassello che rinforza questi problemi all’interno della loro società, nonostante siano loro stessi a volerli combattere come nel caso di Mildred. Gioca sull’imprevedibilità delle loro azioni e delle loro parole che spesso li conducono verso un peggioramento della situazione iniziale. Presenta tutti (in particolare Mildred, Dixon e Willoughby) per quello che sono senza filtri e senza cercare di influenzare l’opinione dello spettatore. L’agente Dixon è il miglior esempio di abuso di potere all’interno del film: fin dall’inizio viene svelato che ha torturato un afroamericano in custodia alla centrale; ha arrestato Denise, l’amica di Mildred, perché in possesso di Marijuana anche se è un chiaro gesto compiuto per attaccare quest’ultima e ha minacciato Jerome, l’afroamericano che appende uno dei manifesti all’inizio del film, dicendogli che lo può portare in centrale per aver causato inquinamento ambientale spargendo un po’ di vernice sull’erba. Non ci sono dubbi sul fatto che Dixon, quindi, rappresenti il tipico agente di polizia bigotto e razzista che spesso abusa del proprio potere per raggiungere i propri fini. L’esempio eclatante di ciò avviene dopo il suicidio di Willoughby in cui egli, appena apprende la notizia della sua morte, irrompe nell’ufficio di Welby spaccandogli la porta. Sono chiare le sue intenzioni: picchia e spinge dalla finestra del primo piano Welby, lasciando intendere che è colpevole anche lui della morte di Willoughby visto che ha aiutato Mildred facendole affittare i tre manifesti. La sua ira però non si placa: tira un pugno alla collega di Welby perché si trova in ufficio in quel momento ed è testimone della violenza ed infine, scende in strada per colpire un’ultima volta il ragazzo. Tutto questo avviene sotto gli occhi degli altri agenti di polizia che si vedono nello sfondo della scena, ma che non fanno niente per fermare l’ira del loro collega. Dixon infine sottolinea a Welby “vedi Red infondo ce l’ho anche con i bianchi”, cercando una scusa per mascherare i suoi comportamenti razzisti e violenti di cui tutta la città è a conoscenza. Lo spettatore di fronte a questa scena si sente impotente, McDonagh infatti sceglie di porre la macchina da presa alle spalle di Dixon in modo tale che si abbia la sensazione di seguirlo e di vivere tramite questo piano sequenza la violenza senza poter fare nulla per fermarlo. Questo è evidente dal momento in cui, tramite una soggettiva di Dixon, lo spettatore vede attraverso la finestra della centrale Welby che si muove nel suo ufficio come se fosse la prossima preda dell’agente di polizia.
Questo esempio di abuso di potere e violenza è rappresentativo per gli eventi che si sono susseguiti negli ultimi anni negli Stati Uniti. Martin McDonagh concluse la stesura della sceneggiatura nel 2009, molti anni prima rispetto all’uscita del film e delle più recenti manifestazioni organizzate per denunciare la violenza della polizia negli Stati Uniti, dimostrando che questo genere di tragedie hanno sempre fatto parte della quotidianità di alcune minoranze e che da sempre sono state spesso perpetrate da coloro che dovrebbero difendere i civili. Negli ultimi anni l’abuso di potere e la violenza della polizia in tutto il paese fecero si che si vennero a creare movimenti come il Black Lives Matter – ora di respiro internazionale, ma originato all'interno della comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo.
L’ambientazione stessa del film è più che simbolica: Ebbing, come anticipato, è una città che non esiste ma diventa simbolo di tutte le città statunitensi che sono testimoni di questo genere di violenze e discriminazioni. Non ci sono dettagli che possono ricondurre Ebbing ad una specifica città degli Stati Uniti, questo perché Ebbing può incarnare ogni città. Anche l’ambientazione nello stato del Missouri può non essere casuale: è uno stato del sud conosciuto per la sua storia razzista e misogina, come lo dimostra la tragedia avvenuta a Ferguson nel 2014, in cui un diciottenne afroamericano ha perso la vita dopo che un poliziotto bianco gli aveva sparato. Ebbing con i suoi abitanti può essere vista come la rappresentazione della decadenza e del disinteresse della società americana nel difendere le minoranze e i più deboli. Se si vuole ottenere giustizia si deve fare affidamento solo su sé stessi. Mildred con i suoi manifesti scatena una serie di eventi che fanno emergere nuovamente dei problemi sociali ben radicati nella società e nella realtà di Ebbing, problemi che fino a quel momento venivano ignorati da ogni persona perché non rientravano nei loro interessi. Nel momento in cui Mildred prima del suicidio di Willoughby torna nell’ufficio di Welby per discutere i termini di contratto dell’affitto afferma “Se non ci si può affidare ad avvocati e pubblicitari dell’America che rimane?”. È una domanda retorica che pone a Welby che per paura di essere minacciato nuovamente dalla polizia cerca di annullare il loro contratto, ma è al tempo stesso una chiara critica alla società americana che da sempre si vanta di poter offrire libertà individuale. Mildred ormai è consapevole che non si può fidare di nessuno. Gli altri abitanti si dimostrano incapaci di reagire dinanzi alle ingiustizie di cui sono testimoni in un sistema che chiaramente presenta dei seri problemi e che è lontano dal rendere gli Stati Uniti la famosa “Land of the free”.
Le persone come Mildred e Dixon reagiscono seguendo i loro istinti, non seguono più la legge. Sono anche a modo loro perpetratori del loro stesso male: Mildred cerca di battersi per le ingiustizie subite da sua figlia rischiando di uccidere Dixon, non si pone problemi ad offendere e a discriminare James, il nano del paese, infine ricorre spesso alla violenza per farsi valere con gli altri, come si vede quando colpisce dei ragazzi a scuola del figlio Robbie dopo che le hanno lanciato una bibita contro la macchina. Ma ai suoi occhi questo è l’unico mezzo che ha per ottenere giustizia personale. Per questo motivo Mildred e Dixon si comportano secondo le loro regole. Fino alla fine seguiranno questa linea di pensiero. È emblematico, infatti, il fatto che anche Dixon non pagherà mai fino infondo la gravità di alcuni suoi gesti: nonostante abbia torturato un uomo e abbia tentato di uccidere e picchiare Red Welby più volte, la conseguenza peggiore che subisce è il licenziamento dal posto di lavoro.
Il lungometraggio si può definire in tutto e per tutto una rappresentazione della crisi della democrazia americana e della sfiducia che gli americani stessi hanno sviluppato nel corso del tempo nei confronti del sistema in cui vivono. Aleggia una costante sensazione di insicurezza generale, soprattutto per alcune minoranze etniche e di genere. Questo elemento si può ricollegare come conseguenza dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle del 11 settembre 2001 e all’avvento dell’era trumpiana in cui gli Stati Uniti sono entrati con le elezioni presidenziali del novembre 2016. Due eventi di evidente rilevanza storica per il Paese che si possono considerare in parte strettamente legati. Nel corso del film la democrazia viene messa in discussione in diversi momenti, soprattutto attraverso azioni compiute per mano del corpo di polizia di Ebbing. Non a caso, l’importanza e il ruolo della polizia ha da sempre avuto un peso centrale nelle scelte politiche dell’ex presidente Trump. Il quale ha spesso difeso le azioni di dubbia legalità da parte delle forze dell’ordine americane contro le minoranze etniche (ad esempio, le minoranze asiatiche ed afroamericane).
Per questo motivo, la presidenza trumpiana si può definire una delle più controverse nella storia degli Stati Uniti d’America e il lungometraggio di McDonagh – tramite il suo punto di vista esterno - rappresenta al meglio una parte dei cambiamenti socio – politici americani degli ultimi anni.
IV. IL FINALE
Il finale di Tre manifesti a Ebbing, Missouri è lasciato appositamente alla libera interpretazione dello spettatore. Mildred e Dixon sono in macchina assieme mentre si dirigono verso l’Idaho alla ricerca dell’uomo che ha minacciato Mildred nel suo negozio e che pensavano fosse lo stupratore di Angela. L’unica cosa che sanno con certezza è che nove mesi prima l’uomo aveva stuprato un’altra ragazza, come da lui ammesso pochi giorni prima nel bar della città. La soluzione proposta da Dixon è quella di compiere giustizia privata, in nome di tutte le altre vittime di abusi sessuali di cui non sono mai stati trovati gli stupratori (come nel caso di Angela). Mentre sono per strada, Mildred domanda a Dixon se è sicuro di quello che vogliono compiere. Lui risponde che non è convinto del tutto e Mildred concordando aggiunge che potranno rifletterci strada facendo. Ed il film si conclude così, con la canzone Buckskin Stallion Blues di Amy Annelle in sottofondo e senza aver ancora scoperto l’assassino di Angela. I due appaiono completamente immersi nei loro pensieri, guardando davanti a sé la strada ed insicuri del futuro che li spetta. Nonostante le loro esperienze passate, non sono ancora disposti a rinunciare alla violenza come risposta alle ingiustizie che vengono perpetrate da altri uomini. Inoltre, è interessante sottolineare due elementi: fino alla fine non solo non si scoprirà mai chi è l’assassino di Angela ma l’unico modo in cui Dixon paga per i suoi reati è il licenziamento dal posto di lavoro nella centrale di polizia di Ebbing. Il fatto che l’assassino della figlia di Mildred è simbolico: tutt’ora negli Stati Uniti solo quattro abusi su dieci vengono denunciati e molti di quelli denunciati vengono assolti. Una realtà che molte persone ancora non ammettono.
Ulteriore segnale di un sistema che continua a non far pagare ai più forti le proprie colpe. Chi perde sono sempre i più deboli, in questo caso le donne e tutti coloro che vengono discriminati per il colore della loro pelle. Anche se l’insegnamento di Willoughby può aver fatto cambiare idea a Dixon e averlo portato verso la sua redenzione, non ce ne sarà mai la certezza. Il film diventa una rappresentazione di un percorso di giustizia e redenzione solo se lo si vuole leggere con questa lente, ma il regista non dà alcun indizio chiaro che spinga verso questa soluzione, grazie ad uno stile di regia molto poco intrusivo per lasciar parlare i personaggi per sé e per far trarre ad ogni spettatore le proprie conclusioni.
Il film, perciò, non offre mai soluzioni a questi problemi, bensì mostra una panoramica della società americana contemporanea e di quanto sia complicato riuscire ad ottenere giustizia in un mondo in cui ognuno in realtà pensa per sé e in cui non esiste una risposta chiara per risolvere le ingiustizie di cui i personaggi sono testimoni perché i problemi sono troppo radicati nel cuore della società stessa.
Il film ebbe grosso impatto anche in termini sociopolitici: dopo la sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, scoppiò lo scandalo Weinstein sugli abusi sessuali del produttore ad Hollywood, rendendo le tematiche del film particolarmente attuali e d’interesse per il pubblico e per i media. A seguito dell’uscita, durante diverse manifestazioni e proteste venne anche copiato il modello dei tre manifesti per la denuncia di diverse tragedie in tutto il mondo come l’incendio della Greenfell Tower, le proteste per la morte di due donne a causa di violenza domestica a Pristina, Kosovo e una sparatoria avvenuta in una scuola superiore di Parkland in Florida nel corso del 2018.