La piattaforma di streaming MUBI non ama le definizioni.
Ideato da Efe Çakarel nel 2007, MUBI nasce come canale social per cinefili per poi evolversi in un progetto più ambizioso, il cui obiettivo diventa permettere agli abbonati di portare sempre con sé un vasto database di film e un’offerta VOD selezionata attentamente. Due, in questo senso, le caratteristiche distintive dello streaming di MUBI: l’occhio di riguardo riservato al cinema d’arte internazionale, e la rotazione giornaliera dei titoli a disposizione. MUBI, nelle intenzioni originarie, è un film al giorno, per un mese; in altre parole, il catalogo perde e acquista un titolo ogni giorno, e ogni film resta disponibile per 30 giorni in totale.
Raggruppando la propria offerta per categorie o autori, MUBI spazia dai classici del cinema britannico alle nuove leve del cinema russo, indiano, o africano passando per cortometraggi e debutti da festival. Ospite fissa la sezione Double Bill, usata per proporre due film firmati da uno stesso (o da una stessa) regista e legati da un percorso tematico. Altre sezioni ricorrenti sono Viewfinder (per le produzioni coraggiose e originali di ogni parte del mondo), Rediscovered (per i restauri o le riproposizioni al pubblico di grandi classici così come di film meno conosciuti) e Undiscovered (la frontiera più sperimentale del cinema). La missione di MUBI è, letteralmente, allargare lo spettro del visibile. E, negli scorsi mesi, tale ambizione è andata sempre più concretizzandosi attraverso l’apertura del primo catalogo stabile della piattaforma, la MUBI Library, che riunisce i migliori titoli acquisiti da MUBI nel corso degli anni sempre catalogandoli per temi o autori.
Orientarsi nella galassia MUBI è, allo stesso tempo, molto semplice e, per la mole consistente di novità che ci si trova davanti, estremamente complicato. A beneficio dello spettatore, MUBI propone allora risorse collaterali per costruire un discorso integrato, e articolato, attorno alle proprie proposte. Mantenendo viva l’anima di network che l’aveva ispirato, MUBI è infatti corredato sia di folti canali social, che di un Notebook, vero e proprio blog su cui si possono trovare tanto approfondimenti su singoli film che esplorazioni a 360° del mondo del cinema. L’ultimo articolo pubblicato, ad esempio, riguarda le colonne sonore della pioniera dell’elettronica Wendy Carlos, che collaborò, tra gli altri, con Stanley Kubrick per Arancia meccanica (1971) e The Shining (1980).
Altro modo per approcciarsi a MUBI è, invece, esplorarne la Library. Tra i contenuti in offerta in Italia (la selezione varia infatti da Paese a Paese), di particolare rilievo sono le pellicole restaurate e curate dal regista Nicolas Winding Refn (The Neon Demon, Drive, Too Old To Die Young); B-movies americani rimasti sepolti tra le pieghe del tempo e del gusto dominante; film da amare o da osservare con una nota di sorpresa curiosità, e che promettono, al pari del loro curatore, di polarizzare i gusti del pubblico. Nella sezione Modern Masterpieces, invece, da ricordare La Haine (1995) di Mathieu Kassovitz, film di cui ricorrono i 25 anni e che restituì un ritratto senza veli delle tensioni intestine delle banlieux parigine attraverso le vicende di tre adolescenti socialmente emarginati. Anche Synecdoche, New York (2008), primo film da regista dello sceneggiatore Charlie Kaufman (Il ladro di orchidee, Se mi lasci ti cancello), figura nella sezione dei capolavori contemporanei. Seguendo le vicende del regista e sceneggiatore teatrale Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman), il film conferma il gusto di Kaufman per rotture della quarta parete e caleidoscopici incastri di personalità, e mette in scena, come in un grande affresco, la mente stessa del proprio protagonista.
La Library dedica, poi, un’intera sezione alla filmografia di François Truffaut, esponente di spicco della Nouvelle Vague francese e regista de, tra gli altri, I quattrocento colpi (1959) e Jules e Jim (1962). Entrambi i titoli sono contenuti nella selezione, che offre anche qualche chicca come il corto Antoine e Colette (1962) e l’acclamato L’ultimo metrò (1980), ambientato nella Parigi occupata della Seconda Guerra Mondiale e incorniciato dalla perfetta alchimia tra gli interpreti principali Gérard Depardieu e Catherine Deneuve.
Chris Marker (La Jetèe), Satyajit Ray (Lo straniero), ma anche la Joanna Hogg di Unrelated (2007) e 12 anni schiavo (2013) di Steve McQueen. Questi, e tanti altri, i film a oggi nella biblioteca in continua espansione di MUBI, dove non mancano i titoli “proibiti” e sopra le righe come i film degli studi Troma (distorsione della parola inglese per “trauma”, omografa all’italiano) e una rassegna di Fallimenti Perfetti. Censori del bello e del socialmente accettato i primi, la Troma si premura, dal 1974, di rifornire un certo immaginario horror fatto di splatter, trash, e qualità incredibilmente bassa. I Fallimenti, invece, riguardano una serie di film che, firmati da grandi nomi, sono stati duramente criticati alla data d’uscita e che, secondo MUBI e i partner di Fondazione Prada, meritano una seconda possibilità. Tra questi, Showgirls (1995) di Paul Verhoeven e Fedora (1978) di Billy Wilder.
Elisa Teneggi