Dall'ipertrofico multiverso di Everything Everywhere All at Once agli scenari incontaminati di Avatar – La via dell'acqua, dagli orrori della trincea di Niente di nuovo sul fronte occidentale al dissacrante apologo upper class di Triangle of Sadness, e poi il rigore cristallino di Tár e il rutilante viaggio nel mito di Elvis.
Sono solo alcune delle istantanee che fotografano in estrema sintesi l'eclettica miscellanea di titoli pronta a contendersi la statuetta più ambita di questa stagione degli Academy Awards. Ma non tutti i film nominati ci hanno convinto allo stesso modo...
E allora ecco i 10 candidati all'Oscar 2023 come Miglior film secondo il nostro ordine di preferenza:
10) Everything Everywhere All at Once
A sei anni di distanza dal loro sorprendente esordio, Swiss Army Man (2016), la coppia di registi di videoclip nota come Daniels torna dietro la macchina da presa per firmare un caleidoscopico viaggio nella fantasia, tra suoni, colori, mondi, sensazioni e generi cinematografici differenti. Si spazia dal genere wuxia all'animazione, dal cyberpunk al melodramma esistenziale: il tutto amalgamato in un unico, infinito e molto spesso ridondante calderone di immagini finalizzato a restituire sullo schermo il fluviale carnevale di stimoli (video, news, social, ecc) che affligge la società contemporanea. Un inno al valore salvifico dell'amore, qui raccontato in tutte le sue forme (quello per i figli, per i genitori, per le relazioni, per la famiglia), godibile e furbissimo nell'intercettare gli input del mondo di oggi, ma l'ostinata volontà di metterci dentro di tutto e di più, con mano alquanto greve, provoca un senso di saturazione difficile da tollerare. 11 nomination: film, regia, sceneggiatura originale, attrice (Michelle Yeoh), attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis), attrice non protagonista (Stephanie Hsu), attore non protagonista (Ke Huy Quan), montaggio, costumi, colonna sonora, canzone.
9) Niente di nuovo sul fronte occidentale
Dal bestseller omonimo di Erich Maria Remarque, già adattato nel 1930 nel capolavoro assoluto All’Ovest niente di nuovo da Lewis Mileston e nel 1979 da Delbert Mann. Il regista tedesco Edward Berger si stacca decisamente da diversi passaggi chiave del testo di partenza, provocando più di una polemica in patria, ma trova una messa in scena solida e senza sbavature, pur limitandosi in buona sostanza a un compitino all'interno degli standard del war-movie mainstream, non a caso distribuito direttamente su Netflix. Efficace l'idea di resituire sullo schermo una guerra soprattutto generazionale, ma la sensazione è quella di un progetto alimentare che rimane sempre nel mezzo, senza azzardare nulla all'interno della dimensione tragica e senza trovare una forma di spettacolo degna dei migliori risultati hollywoodiani. 9 nomination: film, film internazionale, sceneggiatura non originale, fotografia, scenografia, trucco, colonna sonora, sonoro, effetti speciali.
8) Women Talking – Il diritto di scegliere
In una comunità mennonita in Bolivia, le donne della colonia si svegliavano regolarmente scoprendo di essere state violentate nel sonno. Questo l'agghiacciante fatto di cronaca che ha ispirato il romanzo Donne che parlano (2018) di Miriam Toews, a sua volta alla base del film di Sarah Polley. Un intenso apologo incentrato sul diritto della scelta, sull’importanza della parola e delle argomentazioni, in cui il piccolo luogo in cui le donne possono finalmente parlare è a metà tra un palcoscenico e un tribunale in cui si mettono insieme le prove per portare avanti una delle due possibili strade: non difesa e accusa, ma scelta di andarsene o di rimanere. Ottima confezione, bella sceneggiatura (nominata anch'essa all'Oscar) e convincenti le interpretazioni di un grande cast al femminile in cui spiccano Rooney Mara e Frances McDormand (tra i produttori del film). Tutto al posto giusto, anche troppo. 2 nomination: film, sceneggiatura non originale.
7) Elvis
A cominciare dai titoli di testa, il film ingrana la marcia più alta e dichiara di non essere un progetto mirato a ricostruire vita, morte e miracoli di una delle celebrità più amate di sempre, quanto piuttosto un film che vuole ragionare sul concetto di icona. Sembra che tutto ruoti attorno alle re(l)azioni che nascono dalla presenza di un divo: chi lo ama, chi lo odia, chi ne approfitta, chi lo venera: tutti pendono dalle labbra del rock’n’roll ma nessuno sembra curarsi di lui, Elvis Presley. Lo stile barocco e ultrapop di Baz Luhrmann è qui al top, peccato che non tutto si attesti sullo stesso livello. Trascinante e spettacolare nell'immortalare le esibizioni di un mito senza tempo, decisamente convenzionale e poco interessante quando si concentra sula parabola dell’impresario interpretato da Tom Hanks che apre e chiude come un narratore tutta la vicenda. Eccezionale Austin Butler. 8 nomination: film, attore, costumi, sonoro, trucco, scenografia, montaggio, fotografia.
6) Top Gun: Maverick
A più di trent'anni da Top Gun (1986), Tom Cruise torna nei panni di Maverick, allora spericolato e talvolta indisciplinato tenente con l'hobby del volo rovesciato, con una operazione di gran cuore che è un monumento a un film-simbolo di un intero decennio. Cruise mette in gioco tutto se stesso e riesce nella missione impossibile di non far sembrare anacronistico un personaggio inevitabilmente legato a dinamiche cinematografiche, ma anche culturali, infinitamente distanti da quelle attuali: il senso di sfida per superare i propri limiti che ha reso immortale Mav, evidente ad esempio nella straordinaria sequenza iniziale del volo a Mach 10 o nella simulazione in solitaria della missione operativa, non può che coincidere con quello dell'attore che lo interpreta. Il regista Joseph Kosinski dimostra un buon feeling sia con i momenti di azione pura, sia con i numerosi passaggi ad alto tasso emotivo, mettendo in scena il "viaggio nel tempo" che il protagonista fa per agganciarsi alla contemporaneità, senza perdere un briciolo della propria identità superomistica. I tempi cambiano, i miti restano. Esemplare l'uso della musica, con l'indimenticabile tema di Harold Faltermeyer che si alterna allo score nuovo di zecca di Hans Zimmer e Lorne Balfe. La bellissima canzone Hold My Hand è cantata da Lady Gaga. 6 nomination: film, sceneggiatura non originale, canzone, sonoro, montaggio, effetti speciali.
5) Tár
L’attore e regista statunitense Todd Field, anche interprete di Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick, ha realizzato un’intensa parabola femminile tutta ambientata nel mondo della musica classica, con protagonista un personaggio immaginario presentato con tutti i crismi di una figura realmente esistente. Cuore assoluto dell’operazione è una Cate Blanchett a dir poco straordinaria (Coppa Volpi a Venezia e Oscar già prenotato), che si fa carico dei tratti di Lydia Tár con un’abnegazione totale, aderendo come un guanto all’eleganza sofisticata e intransigente di una donna che ha molto lottato per vedere riconosciuti i propri meriti in un ambiente maschilista. Apparentemente gelido nella messa in scena di un mondo altoborghese di strenuo intellettualismo, il film ha in realtà un cuore pulsante non indifferente all’insegna di fiammeggianti contraddizioni morali e ha dalla sua un limpido e levigato rigore formale di efficace modernità. Un grande film arthouse, che riesce a rendere appassionanti lunghissime sequenze in cui ci si perde nel fascino affabulatorio della parola. 6 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (Todd Field), attrice, montaggio, fotografia.
4) Triangle of Sadness
Quello che all'inizio sembra solo una tagliente analisi del rapporto di coppia di oggi, con il parossistico ripetersi di parole e azioni quasi in un loop senza fine, grazie al tocco ormai inconfondibile di Ruben Östlund diventa ben presto un sarcastico apologo sulle ossessioni e le derive contemporanee. Attraverso l'accumulo di situazioni paradossali che restituiscono un’efficace idea di caos (magistrale il funambolico segmento a bordo del luxury yacht), si arriva a un contesto primitivo che ribalta l'ordine imposto dalle convenzioni sociali, tra "diluvi universali" di escrementi e geniali siparietti su ideologie politiche da barzelletta. Come spesso accade nei film di Östlund, il gioco in scena è portato alle estreme conseguenze, ragionando, quasi come in un ideale laboratorio filmico, sugli effetti che un avvenimento destabilizzante può avere su un campionario eterogeneo di persone. Palma d'oro a Cannes. 3 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (Ruben Östlund).
3) Avatar – La via dell'acqua
Sono passati tredici anni dall’uscita di Avatar, ma è come se James Cameron avesse congelato il tempo, riuscendo a far rivivere tutta quella meraviglia e quel senso di inarrivabile stupore provato nel 2009. La scelta di immergere in questo secondo capitolo i personaggi negli abissi di Pandora certamente non stupisce se si conosce bene il regista di The Abyss e Titanic, che ha proprio nelle esplorazioni subacquee la sua più grande passione. Uno spettacolo di pura avventura e incessante coinvolgimento emotivo, di una consapevolezza tecnica al momento ineguagliabile, che trova nel rapporto tra genitori e figli il cuore pulsante di tutta l'operazione. Il cinema come sfida per superare nuove frontiere digitali oltre la pellicola, nuovi limiti imposti dalla tecnologia e nuovi confini in termini di rappresentazione di ciò che si nasconde dietro al reale e abita la nostra immaginazione. 4 nomination: film, scenografia, sonoro, effetti speciali.
2) Gli spiriti dell'isola
Cinque anni dopo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, lo sceneggiatore e regista inglese Martin McDonagh gioca molto con l’ironia e spesso sfiora la commedia nera in un racconto crepuscolare in linea con il senso della mitologica figura protagonista del titolo originale, The Banshees of Inisherin: le banshee sono creature leggendarie della tradizione irlandese e scozzese, che non si mostrano agli esseri umani con l’eccezione di coloro che sono prossimi alla morte. Uno straordinario film sull'amicizia, con al centro un rapporto non convenzionale che vive nella quotidianità senza tempo di una comunità rurale immersa in un paesaggio selvaggio e incontaminato. Impossibile dimenticare questo complesso e sfaccettato ritratto di personaggi alla deriva, magnificamente interpretato da un cast in stato di grazia. Premio per la miglior sceneggiatura e Coppa Volpi per Colin Farrell alla Mostra del Cinema di Venezia. 9 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (McDonagh), attore (Farrell), attore non protagonista (Brendan Gleeson), attore non protagonista (Barry Keoghan), attrice non protagonista (Kerry Condon), colonna sonora, montaggio.
1) The Fabelmans
Dopo aver coltivato il progetto per anni, Steven Spielberg, autore anche della sceneggiatura insieme a Tony Kushner (Munich, Lincoln, West Side Story) ha dato vita a una straordinaria opera autobiografica che è anche una summa dei temi e delle caratteristiche peculiari di tutto il suo cinema. Un indimenticabile flusso emotivo in cui convivono e si specchiano l'una nell'altra arte e famiglia, riferimenti complementari che hanno plasmato l'estro creativo, non privo di conflittualità, del regista. Una complessa riflessione sulla natura dell'immagine che parte dal treno, simbolo del cinema delle origini, e si conclude alle porte degli Studios, concentrandosi sulla creazione artistica come manifestazione della purezza dell'ingegno, senza trascurare il dramma del privato. L'orizzonte del sentimento del cinema di Spielberg forse non è mai stato così limpido e abbagliante. Emozione e magia allo stato puro, in quello che è il più grande spettacolo del mondo vissuto al cinema nel 2022. 7 nomination: film, regia, sceneggiatura originale, attrice (Michelle Williams), attore non protagonista (Judd Hirsch), scenografia, colonna sonora.
Sono solo alcune delle istantanee che fotografano in estrema sintesi l'eclettica miscellanea di titoli pronta a contendersi la statuetta più ambita di questa stagione degli Academy Awards. Ma non tutti i film nominati ci hanno convinto allo stesso modo...
E allora ecco i 10 candidati all'Oscar 2023 come Miglior film secondo il nostro ordine di preferenza:
10) Everything Everywhere All at Once
A sei anni di distanza dal loro sorprendente esordio, Swiss Army Man (2016), la coppia di registi di videoclip nota come Daniels torna dietro la macchina da presa per firmare un caleidoscopico viaggio nella fantasia, tra suoni, colori, mondi, sensazioni e generi cinematografici differenti. Si spazia dal genere wuxia all'animazione, dal cyberpunk al melodramma esistenziale: il tutto amalgamato in un unico, infinito e molto spesso ridondante calderone di immagini finalizzato a restituire sullo schermo il fluviale carnevale di stimoli (video, news, social, ecc) che affligge la società contemporanea. Un inno al valore salvifico dell'amore, qui raccontato in tutte le sue forme (quello per i figli, per i genitori, per le relazioni, per la famiglia), godibile e furbissimo nell'intercettare gli input del mondo di oggi, ma l'ostinata volontà di metterci dentro di tutto e di più, con mano alquanto greve, provoca un senso di saturazione difficile da tollerare. 11 nomination: film, regia, sceneggiatura originale, attrice (Michelle Yeoh), attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis), attrice non protagonista (Stephanie Hsu), attore non protagonista (Ke Huy Quan), montaggio, costumi, colonna sonora, canzone.
9) Niente di nuovo sul fronte occidentale
Dal bestseller omonimo di Erich Maria Remarque, già adattato nel 1930 nel capolavoro assoluto All’Ovest niente di nuovo da Lewis Mileston e nel 1979 da Delbert Mann. Il regista tedesco Edward Berger si stacca decisamente da diversi passaggi chiave del testo di partenza, provocando più di una polemica in patria, ma trova una messa in scena solida e senza sbavature, pur limitandosi in buona sostanza a un compitino all'interno degli standard del war-movie mainstream, non a caso distribuito direttamente su Netflix. Efficace l'idea di resituire sullo schermo una guerra soprattutto generazionale, ma la sensazione è quella di un progetto alimentare che rimane sempre nel mezzo, senza azzardare nulla all'interno della dimensione tragica e senza trovare una forma di spettacolo degna dei migliori risultati hollywoodiani. 9 nomination: film, film internazionale, sceneggiatura non originale, fotografia, scenografia, trucco, colonna sonora, sonoro, effetti speciali.
8) Women Talking – Il diritto di scegliere
In una comunità mennonita in Bolivia, le donne della colonia si svegliavano regolarmente scoprendo di essere state violentate nel sonno. Questo l'agghiacciante fatto di cronaca che ha ispirato il romanzo Donne che parlano (2018) di Miriam Toews, a sua volta alla base del film di Sarah Polley. Un intenso apologo incentrato sul diritto della scelta, sull’importanza della parola e delle argomentazioni, in cui il piccolo luogo in cui le donne possono finalmente parlare è a metà tra un palcoscenico e un tribunale in cui si mettono insieme le prove per portare avanti una delle due possibili strade: non difesa e accusa, ma scelta di andarsene o di rimanere. Ottima confezione, bella sceneggiatura (nominata anch'essa all'Oscar) e convincenti le interpretazioni di un grande cast al femminile in cui spiccano Rooney Mara e Frances McDormand (tra i produttori del film). Tutto al posto giusto, anche troppo. 2 nomination: film, sceneggiatura non originale.
7) Elvis
A cominciare dai titoli di testa, il film ingrana la marcia più alta e dichiara di non essere un progetto mirato a ricostruire vita, morte e miracoli di una delle celebrità più amate di sempre, quanto piuttosto un film che vuole ragionare sul concetto di icona. Sembra che tutto ruoti attorno alle re(l)azioni che nascono dalla presenza di un divo: chi lo ama, chi lo odia, chi ne approfitta, chi lo venera: tutti pendono dalle labbra del rock’n’roll ma nessuno sembra curarsi di lui, Elvis Presley. Lo stile barocco e ultrapop di Baz Luhrmann è qui al top, peccato che non tutto si attesti sullo stesso livello. Trascinante e spettacolare nell'immortalare le esibizioni di un mito senza tempo, decisamente convenzionale e poco interessante quando si concentra sula parabola dell’impresario interpretato da Tom Hanks che apre e chiude come un narratore tutta la vicenda. Eccezionale Austin Butler. 8 nomination: film, attore, costumi, sonoro, trucco, scenografia, montaggio, fotografia.
6) Top Gun: Maverick
A più di trent'anni da Top Gun (1986), Tom Cruise torna nei panni di Maverick, allora spericolato e talvolta indisciplinato tenente con l'hobby del volo rovesciato, con una operazione di gran cuore che è un monumento a un film-simbolo di un intero decennio. Cruise mette in gioco tutto se stesso e riesce nella missione impossibile di non far sembrare anacronistico un personaggio inevitabilmente legato a dinamiche cinematografiche, ma anche culturali, infinitamente distanti da quelle attuali: il senso di sfida per superare i propri limiti che ha reso immortale Mav, evidente ad esempio nella straordinaria sequenza iniziale del volo a Mach 10 o nella simulazione in solitaria della missione operativa, non può che coincidere con quello dell'attore che lo interpreta. Il regista Joseph Kosinski dimostra un buon feeling sia con i momenti di azione pura, sia con i numerosi passaggi ad alto tasso emotivo, mettendo in scena il "viaggio nel tempo" che il protagonista fa per agganciarsi alla contemporaneità, senza perdere un briciolo della propria identità superomistica. I tempi cambiano, i miti restano. Esemplare l'uso della musica, con l'indimenticabile tema di Harold Faltermeyer che si alterna allo score nuovo di zecca di Hans Zimmer e Lorne Balfe. La bellissima canzone Hold My Hand è cantata da Lady Gaga. 6 nomination: film, sceneggiatura non originale, canzone, sonoro, montaggio, effetti speciali.
5) Tár
L’attore e regista statunitense Todd Field, anche interprete di Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick, ha realizzato un’intensa parabola femminile tutta ambientata nel mondo della musica classica, con protagonista un personaggio immaginario presentato con tutti i crismi di una figura realmente esistente. Cuore assoluto dell’operazione è una Cate Blanchett a dir poco straordinaria (Coppa Volpi a Venezia e Oscar già prenotato), che si fa carico dei tratti di Lydia Tár con un’abnegazione totale, aderendo come un guanto all’eleganza sofisticata e intransigente di una donna che ha molto lottato per vedere riconosciuti i propri meriti in un ambiente maschilista. Apparentemente gelido nella messa in scena di un mondo altoborghese di strenuo intellettualismo, il film ha in realtà un cuore pulsante non indifferente all’insegna di fiammeggianti contraddizioni morali e ha dalla sua un limpido e levigato rigore formale di efficace modernità. Un grande film arthouse, che riesce a rendere appassionanti lunghissime sequenze in cui ci si perde nel fascino affabulatorio della parola. 6 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (Todd Field), attrice, montaggio, fotografia.
4) Triangle of Sadness
Quello che all'inizio sembra solo una tagliente analisi del rapporto di coppia di oggi, con il parossistico ripetersi di parole e azioni quasi in un loop senza fine, grazie al tocco ormai inconfondibile di Ruben Östlund diventa ben presto un sarcastico apologo sulle ossessioni e le derive contemporanee. Attraverso l'accumulo di situazioni paradossali che restituiscono un’efficace idea di caos (magistrale il funambolico segmento a bordo del luxury yacht), si arriva a un contesto primitivo che ribalta l'ordine imposto dalle convenzioni sociali, tra "diluvi universali" di escrementi e geniali siparietti su ideologie politiche da barzelletta. Come spesso accade nei film di Östlund, il gioco in scena è portato alle estreme conseguenze, ragionando, quasi come in un ideale laboratorio filmico, sugli effetti che un avvenimento destabilizzante può avere su un campionario eterogeneo di persone. Palma d'oro a Cannes. 3 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (Ruben Östlund).
3) Avatar – La via dell'acqua
Sono passati tredici anni dall’uscita di Avatar, ma è come se James Cameron avesse congelato il tempo, riuscendo a far rivivere tutta quella meraviglia e quel senso di inarrivabile stupore provato nel 2009. La scelta di immergere in questo secondo capitolo i personaggi negli abissi di Pandora certamente non stupisce se si conosce bene il regista di The Abyss e Titanic, che ha proprio nelle esplorazioni subacquee la sua più grande passione. Uno spettacolo di pura avventura e incessante coinvolgimento emotivo, di una consapevolezza tecnica al momento ineguagliabile, che trova nel rapporto tra genitori e figli il cuore pulsante di tutta l'operazione. Il cinema come sfida per superare nuove frontiere digitali oltre la pellicola, nuovi limiti imposti dalla tecnologia e nuovi confini in termini di rappresentazione di ciò che si nasconde dietro al reale e abita la nostra immaginazione. 4 nomination: film, scenografia, sonoro, effetti speciali.
2) Gli spiriti dell'isola
Cinque anni dopo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, lo sceneggiatore e regista inglese Martin McDonagh gioca molto con l’ironia e spesso sfiora la commedia nera in un racconto crepuscolare in linea con il senso della mitologica figura protagonista del titolo originale, The Banshees of Inisherin: le banshee sono creature leggendarie della tradizione irlandese e scozzese, che non si mostrano agli esseri umani con l’eccezione di coloro che sono prossimi alla morte. Uno straordinario film sull'amicizia, con al centro un rapporto non convenzionale che vive nella quotidianità senza tempo di una comunità rurale immersa in un paesaggio selvaggio e incontaminato. Impossibile dimenticare questo complesso e sfaccettato ritratto di personaggi alla deriva, magnificamente interpretato da un cast in stato di grazia. Premio per la miglior sceneggiatura e Coppa Volpi per Colin Farrell alla Mostra del Cinema di Venezia. 9 nomination: film, regia, sceneggiatura originale (McDonagh), attore (Farrell), attore non protagonista (Brendan Gleeson), attore non protagonista (Barry Keoghan), attrice non protagonista (Kerry Condon), colonna sonora, montaggio.
1) The Fabelmans
Dopo aver coltivato il progetto per anni, Steven Spielberg, autore anche della sceneggiatura insieme a Tony Kushner (Munich, Lincoln, West Side Story) ha dato vita a una straordinaria opera autobiografica che è anche una summa dei temi e delle caratteristiche peculiari di tutto il suo cinema. Un indimenticabile flusso emotivo in cui convivono e si specchiano l'una nell'altra arte e famiglia, riferimenti complementari che hanno plasmato l'estro creativo, non privo di conflittualità, del regista. Una complessa riflessione sulla natura dell'immagine che parte dal treno, simbolo del cinema delle origini, e si conclude alle porte degli Studios, concentrandosi sulla creazione artistica come manifestazione della purezza dell'ingegno, senza trascurare il dramma del privato. L'orizzonte del sentimento del cinema di Spielberg forse non è mai stato così limpido e abbagliante. Emozione e magia allo stato puro, in quello che è il più grande spettacolo del mondo vissuto al cinema nel 2022. 7 nomination: film, regia, sceneggiatura originale, attrice (Michelle Williams), attore non protagonista (Judd Hirsch), scenografia, colonna sonora.