Alleggia un tono elegiaco su questa ultima stagione di Peaky Blinders sin dalle premesse.
Un atteso atto finale privato, fuori dalle scene, del celebre personaggio di Polly Gray, interpretato da Helen McCrory, deceduta per malattia nell’aprile del 2021. A causa della pandemia e di questa inaspettata dipartita, l’uscita dell’ultimo capitolo dello show più visto della BBC ha fatto attendere i numerosi fan. Eppure ora, in tutta la sua crepuscolare bellezza, Peaky Blinders 6 è finalmente disponibile sul piccolo schermo e trascina con sé un’epica ombra funerea, quella della fine di uno show amato in tutto il mondo, capace di ponderare le scelte commerciali a favore invece di una forte identità, che è stata il suo indiscutibile marchio di fabbrica.
Dall’ormai lontano 2013, a quasi dieci anni dall’uscita del primo episodio, lo status quo è stato spesso sconvolto, ristabilito e poi nuovamente scompaginato.
Dalle corse dei cavalli truccate, alla Mafia italoamericana, da Winston Churchill all’ombra del nascente nazionalsocialismo, dal 1919 al 1933.
Il nuovo ciclo di puntate prende il via proprio da questo fatidico anno, a quattro anni dagli eventi finali della quinta stagione, dove Tommy Shelby aveva dovuto affrontare un nemico ben più minaccioso di un gangster rivale: la Storia stessa, incarnata da Oswald Mosley, nient’altro che il messaggero inglese del neonato nazismo.
Ora molto è cambiato dai tragici fatti del 1929: Tommy è ancora in politica, ancora al potere della famiglia Shelby, ormai un impero commerciale, ma non più leader dei Peaky Blinders, in quanto della leggendaria banda criminale rimangono pochi scampoli. Tommy stesso opera più come imprenditore e membro della House of Commons, Arthur è devastato dalla dipendenza da oppio e Michael, ora al soldo del potente boss di Boston Jack Nelson, ha giurato vendetta a Tommy accusandolo della morte di Polly.
Eppure Thomas Shelby non riesce ancora a epurare completamente i suoi affari dalle attività illegali, anzi decide di intraprendere un’ultima grande impresa criminale che coinvolga tutti i pezzi della scacchiera, i criminali, i parenti e i politici. Perché, nonostante lo scontro con Mosley non sia più il centro della storia, il fantasma del nazismo è - storicamente - lungi dal cessare di essere una minaccia e questo permette alla nemesi politica di Tommy di rappresentare sia un rischio per gli affari che un ben più preoccupante pericolo per gli equilibri globali. La partita di questo ultimo atto è giocata sia sul piano intimo del protagonista sia su un piano dalla portata mondiale.
L’interessante, organica e spesso inaspettata evoluzione della serie creata da Steven Knight porta questa stagione a essere incentrata più che mai sul suo iconico protagonista assoluto, Tommy Shelby.
Un uomo che ha accumulato fantasmi e traumi dalla prima puntata in assoluto. Qualsiasi altro personaggio perde di centralità e le vicende ruotano quasi del tutto attorno a questo antieroe placido, malinconico, spietato, glaciale e profondamente complesso. Una vera e propria catabasi nelle sue nevrosi e nei suoi demoni, che alcune volte rischia di essere eccessiva e compiaciuta, accumulando troppi sconvolgimenti e sguazzando nell’autocommiserazione. Soprattutto nelle puntate centrali l’eccessiva reiterazione di questi aspetti rallenta la narrazione, ma nessuna vera battuta di arresto blocca la storia, ricca di eventi e avvincenti situazioni concatenate che portano a una conclusione che elude qualsiasi prevedibile colpo di scena.
Se l’intera stagione riesce a essere sorretta da un unico grande protagonista è anche merito dell’ormai unanimemente apprezzato talento di Cillian Murphy, sublime e intenso interprete di Tommy Shelby che ancora cattura magneticamente lo spettatore. L’aspetto tecnico della serie non è mai stato così elevato: il regista di tutte le puntate, Anthony Byrne (già autore interamente della regia della quinta stagione), dimostra enorme consapevolezza del mezzo cinematografico, infondendo di una grande impronta autoriale l’intera stagione e rendendola così un gioiello estetico di altissimo livello artistico. Come sempre, il creatore della serie, Steven Knight, si occupa della sceneggiatura e firma un finale ragionato, spettacolare, per nulla scontato e totalmente coerente.
È stato da tempo annunciato un film di Peaky Blinders, di cui ancora non si sa nulla (a detta dello stesso Murphy, anche produttore della serie), ma questa ultima stagione televisiva risulta tranquillamente indipendente e funge da degna conclusione di quello che è unanimemente riconosciuto come uno degli eventi più influenti della televisione recente.
Siamo preparati ad abbandonare questi personaggi? Forse è ora che l’epopea criminale della nebbiosa Birmingham parta per altri lidi e il pubblico sarà pronta a seguirla…by order of the Peaky Blinders.
Cesare Bisantis