News
Quattro strade di Alice Rohrwacher su MUBI: l'isolamento e la dolce tenacia dello sguardo
Durante il primo lockdown, la pluripremiata regista Alice Rohrwacher ha preso qualche metro di pellicola 16mm scaduta e una vecchia cinepresa che aveva in casa e ha filmato chi aveva lontano, ma vicino: i suoi vicini di casa nella campagna umbra dove vive e ha scritto e girato (in parte) i suoi film. Per la precisione nella località Quattro strade, nell’altopiano dell’Alfina.

Il risultato è confluito in un cortometraggio di otto minuti che s’intitola proprio Quattro strade, ora disponibile in esclusiva su MUBI, che prova a rifuggire le narrazioni più stantie (e ormai sclerotizzate) sull’isolamento pandemico, proponendo allo spettatore una fuga ariosa e poetica dalle pastoie delle videochiamate Zoom, da una quotidianità ormai assuefatta alla sterilizzazione della socialità. 

Un ridimensionamento che ha alimentato nell’ultimo anno e mezzo nuove ansie e paure: oltre a quella di essere infettati e di non poter stabilire più stabilire contatti autonomi e assoluti, sotto la superficie della collettività si agita anche un senso di solitudine nuovo, una sorta di incapsulamento in cui siamo chiamati a pensare a ognuno di noi come a delle monadi un po’ asettiche, frammenti dispersi di un senso di comunità già labile in passo e ormai disintegrato. 



I film di Alice Rohrwacher, regista peculiare e preziosa, che di recente ha presentato a Venezia il corto Omelia contadina con JR, hanno il merito di lavorare su un livello di semplicità e di ruralità che non propone, banalmente, solo una fuga dalla frammentazione e dall’istantaneità della città. L’alternativa all’urbanità delle storie della cineasta coincide piuttosto con una ricerca umanista sul paesaggio, con un afflato di sopravvivenza dell’armonia delle cose. Sia Lazzaro felice che Le meraviglie, ma anche il suo esordio Corpo celeste, propongono una visione etica e biologica dell’essere umano in cui il realismo bucolico è la sola forma di onirismo e di fuga da se stessi (ancora) possibile

Non c’è nostalgia, per fortuna, ma un vago senso di arrestarsi del progresso fermo agli ultimi sussulti analogici degli anni ’90. Quattro strade, in tal senso, è ovviamente un cortometraggio dentro il suo tempo ma anche fuori dal tempo: rinnega la claustrofobia del digitale per catturare luoghi e persone, con una prossimità assoluta e orizzontale tra individui ed elementi naturali, con quel vago senso di dolce straniamento onirico e sempre alle soglie del fiabesco caro alla regista. Un piccolo diario, pacato e gentile, dove a essere così lontani così vicini sono i visi e i gesti dei vicini di casa della regista (che nel frattempo sta lavorando a un documentario sulla gioventù italiana da nord a sud, Futura, con Francesco Munzi e Pietro Marcello, produttore di questo corto con la sua Avventurosa, e al suo nuovo lungometraggio, La chimera).



Girato ad aprile 2020, Quattro strade a detta della voce narrante dell’autrice nasce dal bisogno di avvicinarsi a dei vicini col suo occhio magico, “là dove il mio corpo non può”. C’è la vicina, Enza, da cui imparare ogni giorno “la tenacia e il discreto senso dell’eleganza”, alla cui solitudine - attiva e dolcemente proficua - l’autrice si ritrova a pensare di notte, prima di addormentarsi, per far passare la paura che l’assale. C’è un altro vicino, Claudio, un solitario che si è costruito la sua casa da solo: potrebbe essere un poeta, si prende cura dei cani di chi lo va a trovare e non ne ha uno tutto suo, ogni giorno raccoglie fiori in un luogo segreto e li mette sul tavolo

In questo gesto infinitesimale, ordinario eppure a suo modo magico, mistico e perfino un po’ esoterico a voler idealmente forzare la mano dei processi immaginativi tenuti fuori campo, c’è forse il cuore del cinema della regista e la ricerca zelante e sommessa di una poesia dello stare al mondo, con discrezione e seguendo con dolce insistenza il proprio sentiero anarchico. Quattro strade è, chiaramente, anche un atto di omaggio militante alla pratica del cinema in pellicola, ma in soli 8 minuti la Rohrwacher concentra soprattutto la sua idea di familiarità, di solitudine sostenibile, d’incontro, di imbarazzo e di stupore, di lavoro e di immaginazione, fornendo un distillato minimo di ciò guida il suo percorso di ricerca e la sua ispirazione.





Davide Stanzione

Categorie

Maximal Interjector
Browser non supportato.