Steve Carell e Greg Daniels, che tanto hanno impressionato con The Office, tornano insieme con Space Force, serie TV ambientata nell'aeronautica spaziale, disponibile su Netflix.
Protagonista è il generale Mark Naird (Carell), cui viene chiesto di formare una squadra speciale per controllare lo spazio e proteggere gli USA da eventuali minacce: una trama che prende spunto da un fatto reale, una task force che il presidente degli Stati Uniti (cui nella serie mai ci si riferisce con nome e cognome) ha richiesto espressamente all'esercito americano.
In questo caso, il piano prevede un nuovo allunaggio americano. Naturalmente, il tutto viene declinato in chiave comica e i primi episodi, in tal senso, sono più che promettenti: si ride molto e i riferimenti politici e all'attualità non mancano. Inoltre, l'alchimia tra Steve Carell e John Malkovich è il vero valore aggiunto della serie, che eleva esponenzialmente il suo tasso comico durante gli scambi di battute tra i due, perfettamente in parte.
Naird non è Michael Scott e Space Force non è The Office: da un lato è sicuramente un pregio il fatto di non adagiarsi a un modello di successo, dall’altro uscire dalla comfort zone porta sempre dei rischi e può essere che non tutto vada per il verso giusto. La serie, infatti, non possiede il ritmo e l’esplosività che ci si attenderebbe ed è troppo altalenante nell’evoluzione dell’intreccio e delle situazioni comiche, che comunque non mancano e riescono sempre a strappare una risata: il padre di Mark (interpretato da Fred Willard, recentemente scomparso), ad esempio, è uno dei personaggi secondari meglio riusciti (in cui panni sono vestiti, tra gli altri, anche dalla Lisa Kudrow di Friends e da Noah Emmerich, volto di The Americans e di The Truman Show).
Sono tanti (forse troppi) i riferimenti all’attualità e la satira politica colpisce moltissimi obiettivi, senza tuttavia approfondirne molti: lo scontro tra America e Cina è sicuramente quello principale, declinato in ogni episodio in modalità differenti, che vanno dal sospetto di spionaggio nei confronti di un ingegnere di origini asiatiche alla gara per la conquista del dominio spaziale.
Ma non solo: vi sono battute graffianti sul riscaldamento globale, su chi è convinto che la Terra sia piatta, ma anche sull’Unione Europea («Perfetto, non c’è niente di più solido dell’Unione Europea: cosa dopo la Brexit?») sulla «NASA piena di ex nazisti» e su un razzo esploso prima ancora di decollare che è costato come 4 scuole medie.
Tanti spunti, tuttavia rimasti in superficie, ed è un peccato. La sensazione, a conti fatti, è che tra una battuta graffiante e l’altra, ci si trovi di fronte a un prodotto estremamente godibile, ma tutt’altro che memorabile. Piacevole e divertente, putroppo lascia il retrogusto di un’occasione parzialmente mancata. La produzione non ha ancora annunciato una seconda stagione, ma potrebbe essere l’evoluzione che serve a trasformare questi 10 episodi in una base per il futuro: non resta che attendere.
Lorenzo Bianchi