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Starting 5: la strategia "Drive to Survive" di Netflix funziona anche per il basket?
I 10 episodi della nuova serie Starting 5, della durata di circa 45 minuti ciascuno, sono stati resi disponibili su Netflix dal 9 ottobre. Il trailer ci suggeriva una narrazione potente, emozionante e umana. L’intento? Ovviamente quello di ridefinire il modo in cui guardiamo non solo il basket, ma lo sport in generale. È la stessa strategia messa in atto per un’altra serie TV, ovvero Drive to Survive, dedicata però al mondo della Formula 1. Quella serie lì ha avuto un successo tale, a cominciare dagli USA e che si è poi esteso su scala planetaria, che dopo averla vista il 30% di chi era già tifoso della massima categoria dell’automobilismo ha detto di poter comprendere meglio questo sport. Un altro 29% ha invece sottolineato di sentirsi più vicino ai piloti, essendo stati “umanizzati” e tolti dal piedistallo sul quale i più vengono collocati. Starting 5 avrà meno protagonisti. Ma l’intento è lo stesso: presentare aspetti della loro vita, non per forza strettamente legati alle vicende sportive. I prescelti sono LeBron James, Anthony Edwards, Jimmy Butler, Jayson Tatum e Domantas Sabonis. L’NBA non si è mai accontentata di essere solo una lega sportiva. Ed ecco che vengono scelti 5 giocatori, che da soli potrebbero rendere imbattibile un’eventuale squadra, e si produce una serie. Con Starting 5, il basket entra in una nuova dimensione, in cui la competizione si intreccia con la quotidianità. Ma ha le carte in regola per diventare la nuova Drive to Survive? Solo il tempo ce lo dirà, ma una cosa è certa: per ora, possiamo analizzare i vari aspetti positivi e negativi di questa serie.

 

La NBA è pronta a scommettere sul potere narrativo di Netflix per ampliare la sua base di fan, ovviamente tramite la serie. Il successo di Drive to Survive ha trasformato la Formula 1 in uno spettacolo globale, portando lo spettatore dietro le quinte dei piloti e delle scuderie. La NBA spera di fare lo stesso utilizzando una lente intima e profonda per mostrare la realtà di cinque dei suoi protagonisti più amati, sia sul parquet che nella vita privata. Ogni giocatore rappresenta una fase diversa della carriera di un cestista, per offrire ai tifosi un viaggio che va oltre le statistiche e gli anelli vinti. Abbiamo LeBron James, il "Re", che è forse alla sua ultima grande stagione e sta cercando di dimostrare ancora una volta che l’età è solo un numero. Anthony Edwards incarna la freschezza di una carriera agli inizi e il futuro della lega allo stesso tempo, il tutto condito con una determinazione che ricorda i grandi campioni del passato. Jimmy Butler porta con sé la sua solita tenacia, quella che lo ha trasformato in uno dei giocatori più rispettati e temuti della NBA, mentre Domantas Sabonis si conferma uno dei big man più versatili ma sottovalutati della lega. Infine, Jayson Tatum: il futuro dei Celtics, che porta sulle spalle il sogno di un’intera città. Un aspetto innovativo della serie è la presenza di un mix intergenerazionale. La serie non solo segue stelle affermate, ma si concentra anche sui giovani in ascesa rapida nel panorama NBA. Questo tipo di narrazione permette di coinvolgere spettatori di ogni età, creando un ponte tra passato, presente e futuro del basket. La serie punta non solo sul talento di questi atleti, ma anche sulla capacità di trasmettere l’emozione e il sacrificio che si nasconde dietro ogni partita. Un punto di forza di Starting 5 è sicuramente l’insieme di momenti in cui i giocatori fanno entrare gli spettatori nelle loro dinamiche famigliari. La serie esplora i legami famigliari, le sfide emotive e le battaglie personali che questi atleti affrontano ogni giorno. Perché dietro ad ogni tripla, schiacciata o blocco, c’è un mondo fatto di sacrifici e pressioni continue. LeBron, ad esempio, viene mostrato nel suo ruolo di padre alle prese con la conservazione del suo status di leggenda, ma anche come uomo che cerca di essere presente per i suoi figli. Le carte in regola per attrarre una nuova generazione di spettatori ci sono. L'NBA non si rivolge solo ai fan storici, ma punta a conquistare quei giovani che vivono lo sport più attraverso lo schermo che dagli spalti. La serie si inserisce perfettamente in un'epoca in cui le persone vogliono vedere il lato umano dei loro eroi, non solo le loro performance atletiche. Perché Starting 5 non è solo un documentario, ma è un tassello di una strategia più ampia, volta ad espandere la propria influenza. Oltre alle partite e agli eventi come l’All-Star Weekend, la lega sta investendo sempre più su contenuti multimediali che possano generare interesse per i suoi protagonisti, anche al di fuori del campo. Per questo la collaborazione con Netflix non è casuale: è un colosso dello streaming, che ha dimostrato di saper creare contenuti che vanno ben oltre l'intrattenimento, generando veri e propri movimenti culturali. E non dimentichiamo il mercato internazionale. L’NBA ha fan in ogni angolo del pianeta, ma l’idea di entrare nelle case di milioni di abbonati a Netflix, anche di quelli che non seguono quotidianamente il basket, può essere una mossa vincente. In molti paesi dove sono altri gli sport a dominare incontrastati, un prodotto come Starting 5 potrebbe incuriosire e far scattare quella scintilla che porterebbe molte persone a seguire l’NBA con maggiore interesse. Ma c’è un problema.

 

Nel quarto episodio vediamo LeBron durante un post partita, che sta affettuosamente prendendo in giro sua moglie Savannah. “Basta!” dice lei ridendo. “Siamo ripresi dalle telecamere!”. “Quelle sono le mie telecamere” risponde lui. Il sottotesto è chiaro: nulla verrà messo nel montaggio finale se lui non lo vuole. La casa di produzione di proprietà di LeBron, Uninterrupted, è il principale produttore di Starting 5 insieme ad Omaha Productions, società dell'ex quarterback Peyton Manning, e Higher Ground, società di Barack e Michelle Obama.

E l'osservazione del Re racchiude perfettamente i compromessi di uno show come Starting 5, spot di celebrità che mettono il proprio soggetto sotto il controllo del modo in cui viene presentati al pubblico. La tendenza è particolarmente accentuata nella musica usata, e cioè resoconti asettici di star come Taylor Swift e Billie Eilish, che popolano i vari servizi di streaming.

Da un lato, la comodità del controllo editoriale permette di accedere alla vita privata dei giocatori. Dall'altro, proprio quel controllo garantisce che l'accesso non rappresenti una vera prospettiva di vulnerabilità. Starting 5 rispetta questa garanzia con un'indagine che aveva la pretesa di essere grandiosa, ma risulta essere poco significativa nonostante venga condotta su persone davvero notevoli. L'emozione di incontrare le famiglie dei giocatori e vedere le loro case si dissipa rapidamente alla luce di intuizioni banali e sicure riguardo l'esistenza dell'élite della NBA. I campioni presi in considerazione amano le loro mogli, i loro figli e i loro genitori. Si preoccupano di vincere. Fanno i conti con le loro stranezze ed eccentricità, ma vengono mostrate solo quelle accattivanti. Gli spettatori potrebbero apprendere tutte queste cose, come probabilmente hanno fatto, dai loro profili sui social, che offrono un'esposizione costante a quello che è uno sport già ampiamente raccontato e radicato nella cultura degli USA. Netflix ha riscontrato il successo con simili sguardi dietro le quinte degli atleti, ma ognuno dei precedenti ha avuto dei vantaggi cruciali rispetto a Starting 5. Drive to Survive ha introdotto un intero sport agli americani, che hanno usato i suoi protagonisti come una porta d'accesso al circuito automobilistico che gli era precedentemente oscuro. Break Point, che parlava di tennis, è stata cancellata dopo due stagioni ma almeno era in possesso di una narrazione mirata: dei giovani emergenti cercano di prendere il posto di leggende che si sono ritirate, come Serena Williams e Roger Federer. E, in più, poteva vantare di una gamma più ampia di protagonisti. Per quanto riguarda il golf professionistico, Big Swing è uscita con un tempismo perfetto: l'esplosione di LIV Golf, un'azienda emergente, sostenuta dai sauditi, che sfida la PGA. In Starting 5 manca decisamente una storia di questo tipo. Dopo la cosiddetta era della “responsabilizzazione” dei giocatori, incarnata dal Re, e gli sconvolgimenti del 2020, che hanno visto lo svolgersi di un’intera stagione in una bolla, la NBA è stata relativamente tranquilla negli ultimi anni. Anche se l'esito della stagione non fosse noto (spoiler: Tatum porta i Celtics a vincere il loro primo titolo dopo 16 anni), Starting 5 è priva di tensione o momenti avvincenti. Perché no, il racconto della Commissioner’s Cup non risulta essere tale. Ai giocatori stessi è lasciato il compito di intrattenerci, un peso che fortunatamente sono in grado di sopportare. La cosa che più tenta di essere avvincente è forse la ricerca di un successore del Re, che ha ormai superato i 40 anni. Ma è Butler, un veterano, a mostrare maggiore personalità. Per quanto riguarda i giovani, invece, non ci sono abbastanza elementi per drammatizzare la loro quotidianità: che Edwards, una bomba di carisma, abbia bisogno di più tempo per maturare, o che Sabonis sia sottovalutato, sono cose risapute. Tatum, infine, si dimostra molto riservato, una qualità che non cozza con le sue prestazioni in campo, ma che si scontra con la necessità di fare da ancora emotiva sullo schermo. La serie racconta il Xmas Day, l'All-Star Game e i playoffs, ma non c'è abbastanza slancio per dare una struttura alla potenza delle stelle assemblate. Gli approfondimenti sulla pallacanestro (in senso più stretto) non sono male, ma neanche rivoluzionari. I documentari sportivi che presentano analisi di questo tipo vengono infatti prodotti quando i giocatori si ritirano, e tutti e cinque quelli presentati in Starting 5 sono ancora in attività.

La serie si apre con un video di LeBron che indossa un elaborato costume da Beetlejuice e recita monologhi di Michael Keaton a memoria. La clip è affascinante, ma col tempo diventa chiaro che questo tipo di materiale è tutto ciò che Starting 5 ha da offrire: un simulacro di intimità, privato di qualsiasi rischio di compatibilità col reale.

Carmen Apadula
Maximal Interjector
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