Lo Studio Ghibli, dal 1985, regala magia: quello è l'anno della sua fondazione ufficiale, anche se Hayao Miyazaki e Isao Takahata hanno realizzato lungometraggi incantevoli anche prima di creare questo universo incantato (come Nausicaä della Valle del vento, del 1984 ma assolutamente da annoverare nella filmografia Ghibli), grazie ad una poetica ben delineata e riconoscibile e a colonne sonore strepitose, firmate Joe Hisaishi. Difficile scegliere, ma abbiamo provato a creare una top 10 delle opere migliori dello Studio:
10) Il castello nel cielo (Hayao Miyazaki, 1986)
Il regista incentra la costruzione della sua opera intorno a due passioni che ritorneranno prepotentemente nella sua filmografia: quella per il volo e quella per i bizzarri macchinari steampunk. Nonostante la storia piuttosto lineare e poco popolata dai simpatici personaggi della fantasia dell'animatore giapponese, la dimensione avventurosa funziona, regalando alla pellicola un ottimo esito nonostante la lunga durata. L'apparato visivo, inoltre, è sublime, ulteriore tassello di una maturità espressiva e di una fecondità creativa che di film in film non fanno altro che crescere e non mancano mai di stupire e spiazzare.
9) I miei vicini Yamada (Isao Takahata, 1999)
Primo film dello Studio Ghibli realizzato con il supporto del digitale (per i colori acquerellati dei personaggi), I miei vicini Yamada opta per disegni essenziali (parodistici e caricaturali) e ricrea piccole finestre comiche, deliziose e ingenue, che rimandano direttamente alle strisce di fumetti nipponici su cui si basa. Pieno di buffonerie e di eccentrica sincerità, riesce a dare ai ritmi comici della quotidianità una profonda valenza intimista, e ritrova la meraviglia nei piccoli gesti, nell'umorismo familiare, nella piccola grande filosofia di stampo domestico.
8) La storia della principessa splendente (Isao Takahata, 2013)
Tratto dal racconto popolare giapponese Taketori monogatari (letteralmente: “Il racconto di un tagliabambù”), La storia della Principessa Splendente è una delicata poesia in bilico tra fiaba e sguardo storico sul Giappone delle geishe e dell'aristocrazia feudale. La storia di Principessa contiene infatti una lucida analisi sulla figura femminile in un'epoca in cui non esisteva individualità e la donna era considerata un oggetto ornamentale da possedere: una bambolina priva di personalità e vitalità. Impreziosita da uno splendido tratto acquarellato che riprende la tradizione artistica nipponica, la pellicola rappresenta un colto e raffinato sguardo su un Paese affascinante ma pieno di contraddizioni, dolce e amaro, sensibile e brutale al contempo.
7) Nausicaä della Valle del vento (Hayao Miyazaki, 1984)
È il Miyazaki più pacifista ed ecologista quello di Nausicaä della Valle del vento, che rappresenta un mondo inquinato e un'umanità ridotta e regredita a livello medievale, infondendo speranza sotto le mentite spoglie della principessa Nausicaä, eroina salvatrice. Invece di attaccare brutalmente la giungla velenosa, risultato delle azioni dell'uomo, la ragazza decide di utilizzare metodi pacifici e cercare un compromesso, scoprendo così che, dietro all'aspetto mefitico, si nasconde la sostanziale purezza della natura.
6) Il castello errante di Howl (Hayao Miyazaki, 2004)
Molti degli elementi della poetica di Hayao Miyazaki sono presenti in questa complessa pellicola dalla trama leggermente intricata: i castelli volanti, le giovani intraprendenti, le stregonerie, le creature della mitologia giapponese, l'amore tormentato tra due giovani. Ma anche il tema della guerra come nemesi dell'uomo è presente: il mago Howl si trasforma in uccello che interviene nei bombardamenti che stanno distruggendo il mondo. Non a caso, Miyazaki dichiarò di essere stato condizionato anche dai fatti tragici della guerra in Iraq.
5) Ponyo sulla scogliera (Hayao Miyazaki, 2008)
Il mare è per la cultura giapponese un nemico terribile e, allo stesso tempo, l'amico più prezioso: per questo Hayao Miyazaki ha voluto raccontarne l'ambivalenza in questo film, in assoluto quello visivamente più ancorato (all'interno della sua opera) alla tradizione illustrata nipponica. Le onde del mare che si accavallano e si inseguono, ipnotiche e terribili a un tempo, sembrano uscite da una stampa di Hokusai e il mondo acquatico è ritratto in modo stilizzato e bidimensionale.
4) Il mio vicino Totoro (Hayao Miyazaki, 1988)
Un delicato inno alla scoperta della natura come elemento taumaturgico e una poesia sull'incanto dell'infanzia che riesce ad abbellire con la sua purezza anche il dolore. Il mio vicino Totoro insegna ai bambini l'ineluttabilità della sofferenza, da affrontare a testa alta, aiutati dalla propria immaginazione. Il nume dei boschi, lo smisurato Totoro (da tororu, l'equivalente giapponese di troll, storpiato dalla piccola Mei) regala alle bambine dei semini da piantare, distraendole dalla condizione della madre e rendendole felici della loro nuova vita all'aria aperta. Poco importa che sia sogno o realtà, Totoro è il compagno protettivo e rassicurante che ogni bambino, e più di un adulto, vorrebbe avere accanto nella vita.
3) Principessa Mononoke (Hayao Miyazaki, 1997)
Scontri violenti e teste mozzate riescono a non disturbare lo spettatore, ma anzi diventano necessari strumenti per le poetiche parabole animate tipiche del regista. La morale pacifista ed ecologista, già presente in Nausicaä della Valle del vento (1984) non è totalmente abbandonata, anzi è ulteriormente approfondita e sviscerata. L'eroina che si aggira per i boschi cavalcando lupi e salvando animali e piante è il simbolo di un'umanità spirituale ancora attenta alla natura. Mononoke è un'eroina femminile, indipendente e forte (topos ricorrente in Miyazaki), protagonista di un ottimo film d'avventura e di azione in cui l'aspetto visivo è importantissimo, ricco di sequenze da ricordare e valorizzato da una grande cura di ogni dettaglio.
2) La tomba delle lucciole (Isao Takahata, 1988)
Dalla delicata mano di Isao Takahata, uno dei racconti più dolorosi e struggenti dell'intera storia del cinema d'animazione (e, forse, non solo). La tomba delle lucciole, che si apre con la morte del protagonista e si svolge come un lungo flashback, non fa sconti nel rappresentare la sofferenza della popolazione civile durante e dopo la guerra: ai bombardamenti segue la fame, mostro spietato e implacabile, che riesce a spegnere con la sua forza maligna anche il sorriso più vitale e puro, quello dei bambini. Impossibile non piangere calde lacrime per il destino dei due fratellini che diventa metafora del cammino, spesso impervio e insensato, dell'umanità.
1) La città incantata (Hayao Miyazaki, 2001)
È Chihiro, l'unica umana “normale”, a essere l'outsider della città incantata, guardata con sospetto e curiosità dai suoi bizzarri abitanti. In nome dell'amore, per i genitori ma anche per il nuovo amico Haku, la ragazzina imparerà a mettere da parte le proprie esigenze e addirittura la propria identità, costretta a prendere in mano le redini della situazione e, dunque, a crescere. Il geniale contesto dell'impianto termale per divinità diventa così lo sfondo per le frenetiche avventure di Chihiro, ma anche il pretesto per una serie di gag esilaranti che parodizzano in qualche modo il business degli umani. Un'immersione totale in un mondo fantastico che renderà assai arduo il ritorno alla realtà, una volta finiti i titoli di coda. Forse il titolo della filmografia del cineasta giapponese che presenta il maggior numero di riferimenti culturali occidentali, come dimostrano le suggestioni visive e tematiche che richiamano a Alice nel paese delle meraviglie o Il mago di Oz, il tutto filtrato attraverso la poetica personalissima e la straordinaria inventiva di Miyazaki.
10) Il castello nel cielo (Hayao Miyazaki, 1986)
Il regista incentra la costruzione della sua opera intorno a due passioni che ritorneranno prepotentemente nella sua filmografia: quella per il volo e quella per i bizzarri macchinari steampunk. Nonostante la storia piuttosto lineare e poco popolata dai simpatici personaggi della fantasia dell'animatore giapponese, la dimensione avventurosa funziona, regalando alla pellicola un ottimo esito nonostante la lunga durata. L'apparato visivo, inoltre, è sublime, ulteriore tassello di una maturità espressiva e di una fecondità creativa che di film in film non fanno altro che crescere e non mancano mai di stupire e spiazzare.
9) I miei vicini Yamada (Isao Takahata, 1999)
Primo film dello Studio Ghibli realizzato con il supporto del digitale (per i colori acquerellati dei personaggi), I miei vicini Yamada opta per disegni essenziali (parodistici e caricaturali) e ricrea piccole finestre comiche, deliziose e ingenue, che rimandano direttamente alle strisce di fumetti nipponici su cui si basa. Pieno di buffonerie e di eccentrica sincerità, riesce a dare ai ritmi comici della quotidianità una profonda valenza intimista, e ritrova la meraviglia nei piccoli gesti, nell'umorismo familiare, nella piccola grande filosofia di stampo domestico.
8) La storia della principessa splendente (Isao Takahata, 2013)
Tratto dal racconto popolare giapponese Taketori monogatari (letteralmente: “Il racconto di un tagliabambù”), La storia della Principessa Splendente è una delicata poesia in bilico tra fiaba e sguardo storico sul Giappone delle geishe e dell'aristocrazia feudale. La storia di Principessa contiene infatti una lucida analisi sulla figura femminile in un'epoca in cui non esisteva individualità e la donna era considerata un oggetto ornamentale da possedere: una bambolina priva di personalità e vitalità. Impreziosita da uno splendido tratto acquarellato che riprende la tradizione artistica nipponica, la pellicola rappresenta un colto e raffinato sguardo su un Paese affascinante ma pieno di contraddizioni, dolce e amaro, sensibile e brutale al contempo.
7) Nausicaä della Valle del vento (Hayao Miyazaki, 1984)
È il Miyazaki più pacifista ed ecologista quello di Nausicaä della Valle del vento, che rappresenta un mondo inquinato e un'umanità ridotta e regredita a livello medievale, infondendo speranza sotto le mentite spoglie della principessa Nausicaä, eroina salvatrice. Invece di attaccare brutalmente la giungla velenosa, risultato delle azioni dell'uomo, la ragazza decide di utilizzare metodi pacifici e cercare un compromesso, scoprendo così che, dietro all'aspetto mefitico, si nasconde la sostanziale purezza della natura.
6) Il castello errante di Howl (Hayao Miyazaki, 2004)
Molti degli elementi della poetica di Hayao Miyazaki sono presenti in questa complessa pellicola dalla trama leggermente intricata: i castelli volanti, le giovani intraprendenti, le stregonerie, le creature della mitologia giapponese, l'amore tormentato tra due giovani. Ma anche il tema della guerra come nemesi dell'uomo è presente: il mago Howl si trasforma in uccello che interviene nei bombardamenti che stanno distruggendo il mondo. Non a caso, Miyazaki dichiarò di essere stato condizionato anche dai fatti tragici della guerra in Iraq.
5) Ponyo sulla scogliera (Hayao Miyazaki, 2008)
Il mare è per la cultura giapponese un nemico terribile e, allo stesso tempo, l'amico più prezioso: per questo Hayao Miyazaki ha voluto raccontarne l'ambivalenza in questo film, in assoluto quello visivamente più ancorato (all'interno della sua opera) alla tradizione illustrata nipponica. Le onde del mare che si accavallano e si inseguono, ipnotiche e terribili a un tempo, sembrano uscite da una stampa di Hokusai e il mondo acquatico è ritratto in modo stilizzato e bidimensionale.
4) Il mio vicino Totoro (Hayao Miyazaki, 1988)
Un delicato inno alla scoperta della natura come elemento taumaturgico e una poesia sull'incanto dell'infanzia che riesce ad abbellire con la sua purezza anche il dolore. Il mio vicino Totoro insegna ai bambini l'ineluttabilità della sofferenza, da affrontare a testa alta, aiutati dalla propria immaginazione. Il nume dei boschi, lo smisurato Totoro (da tororu, l'equivalente giapponese di troll, storpiato dalla piccola Mei) regala alle bambine dei semini da piantare, distraendole dalla condizione della madre e rendendole felici della loro nuova vita all'aria aperta. Poco importa che sia sogno o realtà, Totoro è il compagno protettivo e rassicurante che ogni bambino, e più di un adulto, vorrebbe avere accanto nella vita.
3) Principessa Mononoke (Hayao Miyazaki, 1997)
Scontri violenti e teste mozzate riescono a non disturbare lo spettatore, ma anzi diventano necessari strumenti per le poetiche parabole animate tipiche del regista. La morale pacifista ed ecologista, già presente in Nausicaä della Valle del vento (1984) non è totalmente abbandonata, anzi è ulteriormente approfondita e sviscerata. L'eroina che si aggira per i boschi cavalcando lupi e salvando animali e piante è il simbolo di un'umanità spirituale ancora attenta alla natura. Mononoke è un'eroina femminile, indipendente e forte (topos ricorrente in Miyazaki), protagonista di un ottimo film d'avventura e di azione in cui l'aspetto visivo è importantissimo, ricco di sequenze da ricordare e valorizzato da una grande cura di ogni dettaglio.
2) La tomba delle lucciole (Isao Takahata, 1988)
Dalla delicata mano di Isao Takahata, uno dei racconti più dolorosi e struggenti dell'intera storia del cinema d'animazione (e, forse, non solo). La tomba delle lucciole, che si apre con la morte del protagonista e si svolge come un lungo flashback, non fa sconti nel rappresentare la sofferenza della popolazione civile durante e dopo la guerra: ai bombardamenti segue la fame, mostro spietato e implacabile, che riesce a spegnere con la sua forza maligna anche il sorriso più vitale e puro, quello dei bambini. Impossibile non piangere calde lacrime per il destino dei due fratellini che diventa metafora del cammino, spesso impervio e insensato, dell'umanità.
1) La città incantata (Hayao Miyazaki, 2001)
È Chihiro, l'unica umana “normale”, a essere l'outsider della città incantata, guardata con sospetto e curiosità dai suoi bizzarri abitanti. In nome dell'amore, per i genitori ma anche per il nuovo amico Haku, la ragazzina imparerà a mettere da parte le proprie esigenze e addirittura la propria identità, costretta a prendere in mano le redini della situazione e, dunque, a crescere. Il geniale contesto dell'impianto termale per divinità diventa così lo sfondo per le frenetiche avventure di Chihiro, ma anche il pretesto per una serie di gag esilaranti che parodizzano in qualche modo il business degli umani. Un'immersione totale in un mondo fantastico che renderà assai arduo il ritorno alla realtà, una volta finiti i titoli di coda. Forse il titolo della filmografia del cineasta giapponese che presenta il maggior numero di riferimenti culturali occidentali, come dimostrano le suggestioni visive e tematiche che richiamano a Alice nel paese delle meraviglie o Il mago di Oz, il tutto filtrato attraverso la poetica personalissima e la straordinaria inventiva di Miyazaki.