“L’età non è clemente con nessuno. Si può solo andare avanti”
È la “nuova” Regina Elisabetta (Olivia Colman) a pronunciare queste parole, guardando sé stessa e una sua immagine da giovane (Claire Foy) in due francobolli, osservando malinconica e quasi rassegnata il passare del tempo.
Verrebbe da dire “bentornati a Buckingham Palace”, se non fosse che la terza stagione di The Crown si svolge per la maggior parte del tempo lontano dalle mura del palazzo.
Una stagione quasi antologica, differente dalle precedenti, e non solo perché è passato del tempo e i volti dei protagonisti sono cambiati: ogni episodio si concentra su un argomento in un arco narrativo che copre più di 10 anni, e l’elemento in comune è sempre uno. La corona.
Poggiata sul capo di una Colman strepitosa, assume ora una valenza ancora più simbolica, diventando quasi un personaggio a sé, elemento capace di influenzare decisioni anche dolorose e di portare con sé, attraverso il suo potere, sofferenza e sacrificio, a volte solitudine, crisi.
Il fil rouge della terza stagione è probabilmente questo: che si tratti della Regina, di sua sorella Margaret (impeccabile Helena Bonham Carter) e del suo matrimonio finito con Antony (Ben Daniels) o della monarchia stessa, messa in discussione da un’Inghilterra desiderosa di cambiamento.
Il principe Carlo (Josh O’Connor) merita un discorso a parte: è quasi toccante la sua sofferenza e il suo disperato grido per far sì che la sua voce sia considerata, almeno in qualche modo, invece che essere vittima (così come viene dipinto) di intrighi di potere più grandi di lui, al punto da impedirgli ogni sogno, in primis quello d’amore con Camilla (Emerald Fennell).
Sin dal primo episodio, tuttavia, ci si rende conto che per fortuna il cambiamento non ha toccato la serie. La qualità visiva ammirata nelle due stagioni precedenti è rimasta intatta: regia e fotografia delicatissime e ricercate si sposano alla perfezione con la sceneggiatura, aumentando l’efficacia di un racconto che, episodio dopo episodio, si fa sempre più interessante.
Immagini e inquadrature che si ergono a metafore efficaci di un riflesso ormai decadente, rimasto ormai fuori tempo. Dall’insediamento di Wilson alla morte di Winston Churchill e di Edoardo VIII, passando per il viaggio in America di Margaret e per la strage della Pantglas Junior School, arrivando alla St. George’s House e al giorno del Giubileo.
“La corona non è solo un ornamento da indossare. È un privilegio”: non manca il passato, naturalmente, con cui fare i conti, per una corona tanto agognata da Margaret quanto indesiderata da Elisabetta, una croce che viene esplicitata in un parallelismo interessante con i riflettori cui è esposto Neil Armstrong, incontrato da Filippo poco tempo dopo l’allunaggio.
Incantevole anche quando sferra colpi duri, The Crown 3 conferma e probabilmente supera anche quanto visto nelle due stagioni precedenti, aprendo la strada a una quarta stagione in cui Gillian Anderson sarà Margaret Thatcher.