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Tre contributi su Hitchcock
Riceviamo e volentieri condividiamo questo contributo di Letizia Piredda al termine del weekend dedicato al cinema di Alfred Hitchcock.


Il pensionante (The lodger), 1927 di Alfred Hitchcock

Il primo periodo dei film di Hitchcock, detto periodo britannico, in genere meno conosciuto al grande pubblico, include diversi film muti, di cui solo alcuni con un sottofondo musicale. In questi film in cui si può toccare con mano l’influenza di Murnau e dell’espressionismo tedesco, non ci sono solo thriller, ma anche commedie drammatiche, come The Ring e The Manxman, dove restiamo sospesi per tutto il tempo sul possibile finale della storia. The Lodger è considerato dallo stesso Hitchcock  il primo film alla Hitchcock. Ecco come lo introduce ne Il cinema secondo Hitchcock:
Partendo da una trama semplice, sono stato costantemente animato dalla volontà di presentare per la prima volta le mie idee in forma puramente visiva. Infatti Hitchcock ci fa seguire il percorso della notizia della ragazza uccisa all’inizio del film: seguiamo un giornalista che parla al telefono con la propria agenzia, la notizia viene battuta sulla macchina dell’agenzia, poi è ritrasmessa e arriva sulle telescriventi…Nei club la gente ne prende conoscenza, poi è annunciata alla radio e appresa da coloro che l’ascoltano, infine passa sul giornale luminoso nella strada come a Times Square; a ogni passaggio aggiungo un’informazione supplementare, così se ne ricava un quadro sempre più ampio…Quest’uomo uccide soltanto le donne…Invariabilmente le bionde…Sempre il martedì…Quante volte l’ha fatto... Poi il giornale della sera è stampato e venduto nelle strade  e poi prosegue riprendendo l’effetto della notizia sui diversi lettori.
Con questa sequenza puramente visiva Hitchcock ci dà un esempio incisivo di quanto le immagini parlino di più e meglio di qualsiasi messaggio verbale: infatti attraverso le immagini è possibile reiterare le informazioni che si ritengono fondamentali e man mano ampliarle in modo che lo spettatore le possa cogliere e progressivamente consolidarle. 
Ma il gusto che dà la lettura di questo libro insostituibile per conoscere ed apprezzare Hitchcock sono le curiosità, i dettagli, la scena che non è riuscito a girare…
Proprio in questo film Hitch voleva ottenere un’inquadratura particolare, ecco il suo racconto: questo è il furgone (Hitch sta disegnando per far capire la scena a Truffaut) del giornale ripreso dal di dietro e poiché i vetri posteriori sono ovali, si possono distinguere i due uomini seduti davanti, il guidatore e il suo compagno; è visibile solo la parte posteriore delle loro teste e, siccome il furgone ondeggia per le curve, si ha l’impressione di un volto con due occhi e le pupille che si muovono. Sfortunatamente non ci sono riuscito.
Non a caso questo film viene considerato il primo film alla Hitchcock: infatti contiene il tema tipicamente hitchcockiano che ritornerà in quasi tutti i suoi film: l'uomo che viene accusato ingiustamente di un delitto che non ha commesso. Hitchcock spiega così il motivo di questo tema ricorrente: In effetti il motivo dell'uomo accusato ingiustamente procura allo spettatore una sensazione di pericolo più forte, perchè ci si immedesima più facilmente con quest'uomo che non con un colpevole in procinto di evadere. Tengo sempre presenti le reazioni del pubblico.
Un'altra nota interessante è che l'attore protagonista del film Ivor Novello era una vedette del teatro di Inghilterra, e all'epoca lo star system non permetteva assolutamente che un divo recitasse la parte di un delinquente. Ovviamente questo influenzava notevolmente la dinamica della storia: non solo il divo non poteva impersonare l'assassino, ma se era sospettato di omicidio, come in questo caso, si rendeva necessaria un'affermazione esplicita della sua innocenza. 
In questo film iniziano le apparizioni di Hitchcock è seduto dietro una scrivania nella redazione di un giornale; ma è meglio identificabile in una successiva apparizione, in mezzo ai curiosi che assistono alla cattura di Ivor Novello. Porta un berretto e si appoggia alla famosa ringhiera.
“ Queste apparizioni, spiega a Truffaut, all'inizio sono funzionali al film, perchè era necessario riempire lo schermo, successivamente diventano una superstizione e alla fine una gag.” 
Hitchcock è apparso in 39 dei suoi film, numero che ricorda la sua pellicola Il club dei trentanove (The 39 Steps) del 1935.

 
Psycho: un film di Natale!

Se qualcuno vi chiedesse a bruciapelo cosa pensate di Psycho, cosa direste?
Provo a indovinare: che è un film classico, uno dei più sensazionali di Hitchcock, con una suspense superlativa, con una scena, quella della doccia, tra le più famose del cinema di tutti i tempi.
Ma inserito come ottavo percorso nel libro di Alberto Crespi Shortcuts,2022, Psycho diventa l’incredibile: un film di Natale, un film con delle trovate pubblicitarie inimmaginabili, un film che va contro ogni regola del cinema classico, un film che ha cambiato molte cose nella storia del cinema.
Ma andiamo con ordine.
Le riprese della scena più famosa di Psycho iniziano il 18 dicembre del 1959 e proseguono fino al 23 dicembre dello stesso anno. Ma la troupe che a Phoenix doveva fare delle inquadrature della città riprende senza volerlo delle decorazioni natalizie. Non c’è il tempo per girarle di nuovo: lo scenografo decide allora di aggiungere la data nei titoli all’inizio. Psycho: un film di Natale! Un accostamento davvero insolito: il diavolo e l’acqua santa! 
Naturalmente le riprese vengono fatte a porte chiusissime, con tanto di guardiani dietro la porta! Ma una sapiente campagna di stampa ha fatto trapelare la notizia che si gira una scena in cui violenza ed erotismo si mescolano in modo insolito per gli anni’ 50. Giornalisti e paparazzi, disposti pure a uccidere pur di entrare, devono accontentarsi di fotografare i guardiani piazzati da Hitchcock dietro la porta. 
E’ una delle tante trovate pubblicitarie legate a Psycho, film che ha cambiato molte cose nella storia del cinema e, tra queste, il modo di far parlare di un film.
Per la prima volta non si può entrare a spettacolo iniziato! Prima di Psycho, un tentativo simile era stato fatto per Les diaboliques (I diabolici, 1955 di Henri-Georges Cluzot); ma la stampa si era limitata a consigliare di entrare all’inizio della proiezione…Hitch trasforma il consiglio in ordine!
E ancora: per impedire che trapelasse qualcosa sulla trama, vengono fatte sparire tutte le copie del romanzo di Robert Bloch, al quale il film si ispira. Non solo vengono messe in circolo notizie ironiche: ad esempio che Hitch ha fatto scrivere su una sedia da regista Mrs Bates e che si diverte a farsi fotografare seduto su di essa!
“I film cambiano la storia e la storia cambia i film” dice Alberto Crespi. Oggi Psycho è considerato un classico ed è uno dei film più famosi di Hitchcock. Ma nel 1960, quando esce, è un film che va contro ogni regola del cinema classico.
E’ violento ed erotico in modo assolutamente imprevedibile. Inoltre fa morire la protagonista a un terzo della proiezione, e Janet Leigh è già una star!
La fotografia è in un aspro bianco e nero, quando Hitchcock negli anni ’50 ha già girato diversi film a colori. Gode di una pubblicità diffusa grazie a una serie di scelte rivoluzionarie ( viene da chiedersi che uso avrebbe fatto Hitchcock dei social, se ne avesse potuto disporre…).
Ma l’aspetto rivoluzionario sta nella produzione: girarlo come se fosse un episodio lungo della serie TV Alfred Hitchcock Presents.
Psycho è diventato una pietra di paragone imprescindibile per tutti i thriller successivi, anche se prima che i serial killer diventino popolari e raggiungano l’Oscar devono passare ancora molti anni.
“A posteriori Psycho è un punto nodale della storia del cinema ed è uno dei motivi per cui il 1960 è un anno di svolta. Allora viene percepito come un film rivoluzionario, ma pur sempre un film di serie B, costruito su pulsioni primarie e su un’idea di spavento che appaiono indegne del cinema di serie A.”
E qui arriviamo al merito centrale di Psycho: quello di aver ribaltato i concetti di “alto” e di “basso”, di serie A e di serie B.
“La fioritura dell’horror, che diventa il genere dominante negli anni ’70 insieme alla fantascienza post-2001 e post-Star Wars è tutta merito di Hitchcock. Senza di lui non esisterebbero Brian De Palma, Wes Craven, Mario Bava, John Carpenter. Come per 2001 e per pochissimi altri film, esiste un cinema prima di Psycho e un cinema dopo Psycho”.

La sposa in nero, 1968 di Francois Truffaut

Ho fatto due film paralleli dice Truffaut in un’intervista sul film. E questo ci fa ricordare che Truffaut fa parte della Nouvelle Vague e che i suoi esperimenti non sono mai eclatanti come quelli di Godard, che, al contrario, ci restano molto bene impressi nella memoria.
Ma questo film è considerato anche il più hitchcockiano dei film di Truffaut. E qui il collegamento ce l’abbiamo molto presente: la lunga intervista di 50 ore a Hitchcock diventò un libro che ha cambiato la storia dell’arte filmica e ha influenzato generazioni di registi. 
Ma andiamo con ordine e ritorniamo al primo punto.
Cosa vuol dire che ha fatto due film paralleli? Diciamo che si è divertito a operare uno scollamento tra immagine e sonoro: le immagini, infatti, ci fanno vedere una donna che fa vari spostamenti, incontra degli uomini e li uccide. Diversamente se ascoltiamo il sonoro, non c’è mai un riferimento all’azione, ma sentiamo delle conversazioni sull’amore, sul modo in cui gli uomini (ogni uomo in un modo diverso) vedono le donne.
Inutile dire che ci troviamo spiazzati e non poco: ma allora è un thriller o è un film d’amore? Volevo fare un film d’amore senza che ci fosse neanche una scena d’amore aggiunge Truffaut, sempre nella stessa intervista, e infatti non c’è un bacio, niente.
E allora? E’ un film d’amore che utilizza una trama poliziesca molto semplice e lineare.
Ma in che senso è un film hitchcockiano?
Il prologo dove Julie, dopo aver tentato il suicido, finge una falsa partenza, salendo su un treno e scendendo dalla parte opposta, è molto hitchcockiano, oltre che un diretto omaggio a Marnie.
La struttura ellittica del film, che unisce i singoli episodi, non dice nulla su come ha fatto Julie a rintracciare i 5 uomini, e a individuarne la condizione sociale e la psicologia. Truffaut come Hitchcock non si preoccupa in nessun modo della verosimiglianza.
Ma la componente hitchcockiana più importante che Truffaut riprende in questo film, sta nel modo in cui procede la narrazione, e cioè basandosi continuamente sul ragionamento del pubblico. Ecco come ce lo spiega Truffaut: il primo uomo Claude Rich: “Che cosa vuole lei da lui?” “Guarda, lo uccide!” Il secondo uomo, Michel Bouquet: “Caspita sta per ucciderlo.” Il terzo uomo, Daniel Boulanger: “Guarda, non sta andando come sembrava.” Alla fine: “ Si farà prendere, ma no, sembrava che…”. “Gli faremo credere che…” che si innamorerà di Charles Denner, per esempio.
Ci sono però altri elementi che sono in totale antitesi con l’universo hitchcockiano.
Prima di tutto la protagonista è una che si fa giustizia da sé, e non ha nulla a che vedere con i personaggi di Hitchcock, innocenti ritenuti ingiustamente colpevoli.
Inoltre la suspence viene volutamente ridotta da Truffaut che si sofferma sui particolari creando dei tempi morti, cosa che Hitchcock non poteva sopportare.
E infine, contravvenendo alle regole del thriller, al secondo omicidio, ci svela cosa spinge Julie a uccidere con tanta determinazione ed efferatezza, facendoci vedere il primo flashback sulla morte di David, il marito di Julie.
Quando ho visto questo film non mi è piaciuto molto, ma mi ha molto incuriosito, perché non riuscivo a incasellarlo e cercando di approfondire ho capito meglio il perché: un film d’amore senza una scena d’amore, con una trama poliziesca, dove le immagini seguono un filo, e i dialoghi un altro, che per alcuni versi utilizza il modello hitchcockiano, ma che per altri lo contraddice…
Direi che l’insieme di queste riflessioni ci porta ad una considerazione finale: con questo film forse riusciamo a cogliere come l’incontro tra la Nouvelle Vague, con tutto il suo bagaglio creativo di sperimentazione e la forma filmica hitchcockiana potesse produrre una combinazione esplosiva e foriera di soluzioni nuove, altamente originali e atipiche, come in tutti i movimenti artistici d’avanguardia.
Non sarà un caso che il film è del 1968!



Letizia Piredda
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