Ecco gli elaborati degli iscritti al nostro workshop.
GRETA PASSERI
Memento
Leonard Shelby (Guy Pearce), in seguito ad un trauma, perde la capacità di assimilare nuovi ricordi. Per sopperire a questa mancanza annota ovunque, anche sul proprio corpo, tutto ciò che deve memorizzare. Memento è il secondo film di Christopher Nolan ed è basato sul racconto del fratello Jonathan. La peculiarità dell’intera opera è la struttura narrativa non lineare data da un montaggio complesso caratterizzato da due linee narrative opposte: una a colori che procede a ritroso e l’altra in bianco e nero che avanza. Lo spettatore è disorientato da questa struttura frammentata, privo di certezze si impegna ad analizzare le immagini che passano davanti ai suoi occhi cercando di capirne il significato. Tramite questo cervellotico meccanismo narrativo Nolan porta sullo stesso piano protagonista e spettatore. Il montaggio diventa quindi metafora della psiche dello stesso protagonista. Così come Leonard soffre di amnesia retrograda, allo spettatore è negata la conoscenza. Le sequenze che compongono Memento sono dei tasselli di un puzzle che lo spettatore è chiamato ad incastrare ed unire per arrivare alla soluzione finale. Nolan mostra come sia fondamentale avere dei ricordi per poter continuare a vivere e come la stessa identità individuale sia mantenuta della memoria. Finita la prima visione di Memento lo spettatore ne esce dubbioso e, alimentato dalla necessità di maggiore chiarezza, sentirà il bisogno di una seconda visione e poi una terza per riuscire a comprendere l’opera nella sua complessità. Nolan concepisce il cinema come una provocazione fin dai suoi primi lavori, ogni suo film è una sfida allo spettatore da Following ad Interstellar. Chi si avvicina alle sue opere deve essere attivo e attento per cercare di trovare un’uscita dai labirinti che il regista si diverte a creare.