Tunisi, estate 2010. Farah (Baya Medhaffer) è una diciottenne che canta in un gruppo underground politicamente schierato per opporsi alla dittatura e difendere i diritti civili. La sua battaglia per l’indipendenza, però, non è affatto semplice: sia il regime che la famiglia sembrano volerla ostacolare con ogni mezzo. Raccontando il classico cammino di formazione di una diciottenne appassionata e determinata nel provare a scardinare le regole di una società retrograda e claustrofobica, Leyla Bouzid firma un lungometraggio dagli spunti interessanti e sinceri, ma che non riesce a sfuggire alle trappole di una narrazione canonica e scontata. Provando a radiografare un clima politico e sociale ben preciso, ricco di fermento e tensioni quotidiane, l'opera mette troppa carne al fuoco nello scegliere come protagonista un'adolescente alle prese, tra l'altro, con i primi amori e i severi scontri familiari covati da una madre fin troppo premurosa. Così, preferendo approfondire ogni singolo aspetto in maniera superficiale invece che focalizzarsi con attenzione sugli snodi più significativi, la regista riesce a incuriosire lo spettatore ma propone un affresco solo abbozzato senza mai varcare la soglia del già visto. Buona la prova del cast, soprattutto della giovane Baya Medhaffer, capace di reggere senza esitazioni un ruolo delicato e controverso.