Atlantique
Atlantique
2019
Paesi
Senegal, Francia, Belgio
Genere
Drammatico
Durata
104 min.
Formato
Colore
Regista
Mati Diop
Attori
Ibrahima Mbaye
Abdou Balde
Mame Bineta Sane
Aminata Kane
Ibrahima Traoré
Lungo la costa atlantica, in una zona suburbana di Dakar, la diciassettenne Ada (Mame Bineta Sane), promessa sposa a un ricco giovane del luogo, è innamorata di Souleiman (Ibrahima Traoré), umile operaio. Il ragazzo perde la vita tragicamente nell'oceano, nel tentativo di raggiungere le coste spagnole, ma, dopo pochi giorni, riappare misteriosamente insieme agli altri naufraghi che hanno perso la vita insieme a lui...
Mutuando il soggetto dal suo cortometraggio Atlantiques (2009), la regista franco-senegalese Mati Diop (classe 1982) esordisce nel lungometraggio con un racconto a metà strada tra realismo e sospensione magica, che mette al centro della narrazione il dramma dei migranti e la loro ricerca di un futuro migliore. Il tema, di grande attualità, viene affrontato in maniera tangenziale, attraverso una storia di amore (negato) che si fa veicolo di suggestioni, spesso elementari, legate al tragico destino di chi prova a uscire da una condizione di estrema difficoltà. Non esente da ingenuità nella gestione dei sentimenti, nel rapportare la tragedia alla quotidianità e nel restituire sullo schermo il divario tra realtà urbana rivolta al futuro e zona periferica segnata dal degrado, il film dimostra però una significativa personalità nel contrapporre senso di speranza e presagio di morte, con l'oceano che diventa un non-luogo carico di misticismo e, al tempo stesso, di orrore. La trovata più interessante è, senza dubbio, il tentativo di azzardare una via cinematografica tra il kitsch e il coraggioso, riportando in vita i migranti attraverso suggestioni oniriche e una forte componente magica. La storia d'amore tra la protagonista Ada e Suleiman ha il pregio di non cadere mai in eccessi melodrammatici, ma verso il finale l'enfasi prende il sopravvento. Alcune parentesi in cui la fiction sovrasta la sensibilità della storia sono imperdonabili, ma il fatto che si tratti di un'opera prima rende il tutto più accettabile. Il titolo si riferisce al nome della futuristica torre che domina il quartiere più ricco di Dakar. Generosamente premiato con il Grand Prix al Festival di Cannes.
Mutuando il soggetto dal suo cortometraggio Atlantiques (2009), la regista franco-senegalese Mati Diop (classe 1982) esordisce nel lungometraggio con un racconto a metà strada tra realismo e sospensione magica, che mette al centro della narrazione il dramma dei migranti e la loro ricerca di un futuro migliore. Il tema, di grande attualità, viene affrontato in maniera tangenziale, attraverso una storia di amore (negato) che si fa veicolo di suggestioni, spesso elementari, legate al tragico destino di chi prova a uscire da una condizione di estrema difficoltà. Non esente da ingenuità nella gestione dei sentimenti, nel rapportare la tragedia alla quotidianità e nel restituire sullo schermo il divario tra realtà urbana rivolta al futuro e zona periferica segnata dal degrado, il film dimostra però una significativa personalità nel contrapporre senso di speranza e presagio di morte, con l'oceano che diventa un non-luogo carico di misticismo e, al tempo stesso, di orrore. La trovata più interessante è, senza dubbio, il tentativo di azzardare una via cinematografica tra il kitsch e il coraggioso, riportando in vita i migranti attraverso suggestioni oniriche e una forte componente magica. La storia d'amore tra la protagonista Ada e Suleiman ha il pregio di non cadere mai in eccessi melodrammatici, ma verso il finale l'enfasi prende il sopravvento. Alcune parentesi in cui la fiction sovrasta la sensibilità della storia sono imperdonabili, ma il fatto che si tratti di un'opera prima rende il tutto più accettabile. Il titolo si riferisce al nome della futuristica torre che domina il quartiere più ricco di Dakar. Generosamente premiato con il Grand Prix al Festival di Cannes.
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