In un durissimo carcere sudamericano, il vetrinista Molina (William Hurt), rinchiuso per la sua omosessualità, passa il tempo raccontando al proprio compagno di cella, il rivoluzionario Valentin (Raul Julia), la trama di un romantico film ambientato a Parigi durante l'occupazione nazista. Il racconto sognante di Molina affascina sempre più il tormentato Valentin, il quale non sospetta che in realtà sia vittima di un tranello ordito per ottenere preziose informazioni politiche. Tratto dall'omonimo romanzo (1976) del drammaturgo argentino Manuel Puig e sceneggiato da Leonard Schrader, un dramma da camera quasi interamente ambientato nell'angusto spazio della cella che divide i due protagonisti, che amplifica la messa in scena di matrice teatrale. Sullo sfondo dei giochi di suggestioni speculari tra Valentin e Molina, si affaccia timidamente la dimensione storica in cui è calata la vicenda, rappresentata (senza troppo mordente) dalla bestialità dei carcerieri che obbediscono a un regime dittatoriale. Per contrasto, i flashback desaturati sul film-nel-film costituiscono un momento di effimera evasione e una finzione costruita per ritrovate un bagliore di umanità. La regia di Babenco è troppo ordinaria per fare della pellicola un kammerspiel postmoderno, la dura realtà si scontra in maniera scontata con l'immaginazione, l'amore diventa un collante approssimativo che permette una fuga dalla tragedia solo in una dimensione metafisica. Non privo di pregi, ma prolisso e anche un po' ridondante. Oscar, Palma d'oro come miglior attore a Cannes e David di Donatello per William Hurt, impegnato in una prova di dolente intensità inizialmente pensata per Burt Lancaster.