In una campagna brasiliana isolata vive un’umile famiglia composta da una madre amorevole, un padre contadino e un vispo figlioletto. Le difficoltà della vita costringono il padre a lasciare la casa per cercare lavoro, ma il piccolo non si rassegna alla sua assenza. Una notte scappa di casa deciso a ritrovare il genitore, dovesse attraversare tutto il Brasile. Un film d’animazione che è in realtà l’evoluzione di un progetto documentario sulla storia e la società latino-americana, dove il menino (“bambino” in portoghese) è inteso come una sorta di narratore che con ingenuità si affaccia allo spettacolo del mondo, gioioso e crudele al tempo stesso: dai campi di cotone all’immancabile carnevale; dagli artisti di strada delle favelas all’industria rapace. Il registro documentario ha poi ceduto il passo, durante i cinque anni di lavorazione, al racconto del viaggio formativo del bambino protagonista, lasciando solo un retrogusto della sua origine retorica e un po' moralista. Lo stile, coloratissimo e di buona forza espressiva, intende nobilitare il disegno dei bambini, sempre pronti a dare libero sfogo alla loro fantasia. La fascinazione visiva supera quella della parola (il menino non parla; gli adulti raramente e in una lingua incomprensibile, il “portoghese rovesciato”). In definitiva, l'opera seconda del giovane animatore brasiliano Alê Abreu è un effervescente carosello di disegni e fondali realizzati in diverse tecniche d’animazione, ravvivato anche da una colonna sonora ricercata e funzionale al racconto. Vincitore del Festival del cinema d'animazione di Annecy nel 2014.