All'inizio del '900, l'inventore Andrew (Woody Allen) e sua moglie Adrian (Mary Steenburger) ospitano altre due coppie nella loro tenuta di campagna per trascorrere un romantico weekend. In un clima di magia, si consumeranno liti, scappatelle e dissertazioni filosofiche. L'undicesimo lungometraggio di Woody Allen è un disteso, ironico, rilassante divertissement in cui il regista abbandona le consuete nevrosi metropolitane per rifugiarsi nella placida tranquillità di una sognante atmosfera agreste, senza però rinunciare all'analisi delle schermaglie di coppia. Molto riuscita la compenetrazione tra la natura (fonte di pace e serenità) e la presenza umana, caratterizzata da un composito gruppetto di persone in cui ogni componente ha una chiara ascendenza allegorica (sapere umanistico, scienza, purezza virginale, trasgressione). In un clima fiabesco di effervescente eccitazione, si consumano le boccaccesche avventure di un variegato microcosmo dedito al corteggiamento provocatorio tanto quanto alla dissertazione intellettuale. Il sesso diventa la panacea di tutti i mali, un atto catartico simbolo di libertà. Doppi giochi, appuntamenti galanti e tentativi di riconciliazione scandiscono il ritmo di una vicenda in cui l'eccellente confezione (fotografia di Gordon Willis, scenografie di Mel Bourne, musiche di Felix Mendelssohn) conta più dell'intreccio, rapsodico e non sempre interessante al punto giusto. Il riferimento che Allen omaggia ironicamente è Sorrisi di una notte d'estate (1955) di Ingmar Bergman.