Dellamorte Dellamore
1994
Paesi
Italia, Francia, Germania
Generi
Horror, Grottesco
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Michele Soavi
Attori
Rupert Everett
Anna Falchi
François Hadji-Lazaro
Stefano Masciarelli
Barbara Cupisti
Mickey Knox
Fabiana Formica
Custode in un cimitero dove i defunti si risvegliano dopo sette giorni, il solitario Francesco Dellamorte (Rupert Everett) si innamora di una bella vedova (Anna Falchi) che muore in circostanze tragiche. La ritroverà, sempre per perderla, altre due volte, a scapito della propria sanità mentale.
«Mi chiamo Francesco Dellamorte. Strano nome, vero? Ho anche pensato di farmelo cambiare all'anagrafe. Andrea Dellamorte sarebbe molto meglio, per esempio». Michele Soavi mette in scena l'omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, ispirandosi (anche e soprattutto) all'estetica del fumetto Dylan Dog, vero fenomeno di costume asceso agli onori delle cronache agli inizi degli anni Novanta. La sceneggiatura, firmata da Gianni Romoli, mira in alto, tentando di sviluppare tematiche ambiziose quali la crisi identitaria (nelle intenzioni degli autori, il film sarebbe null'altro che una metafora adolescenziale), l'interscambio tra vita e morte («Morti viventi, vivi morenti»), l'intreccio tra eros e tanathos. Presuntuoso e maldestro, con più di un limitante riferimento alle idiosincrasie sclaviane, Dellamorte Dellamore si perde tra filosofia spicciola (le sequenza finale, simbolo di una fuga utopica e irrealizzabile) e inserti (in)volontariamente demenziali; anche la rivisitazione del morto vivente (o “ritornante”), contaminato all'elemento naturale grazie ai trucchi di Sergio Stivaletti, risulta gratuita e pretestuosa. In ogni caso, il personaggio di Gnaghi (interpretato da François Hadji-Lazaro) regala momenti esilaranti e le atmosfere malsane suscitano un fascino ipnotico al quale è difficile sottrarsi. Bella e monoespressiva Anna Falchi; Stefano Masciarelli è il sindaco Scanarotti. Musiche di Manuel De Sica.
«Mi chiamo Francesco Dellamorte. Strano nome, vero? Ho anche pensato di farmelo cambiare all'anagrafe. Andrea Dellamorte sarebbe molto meglio, per esempio». Michele Soavi mette in scena l'omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, ispirandosi (anche e soprattutto) all'estetica del fumetto Dylan Dog, vero fenomeno di costume asceso agli onori delle cronache agli inizi degli anni Novanta. La sceneggiatura, firmata da Gianni Romoli, mira in alto, tentando di sviluppare tematiche ambiziose quali la crisi identitaria (nelle intenzioni degli autori, il film sarebbe null'altro che una metafora adolescenziale), l'interscambio tra vita e morte («Morti viventi, vivi morenti»), l'intreccio tra eros e tanathos. Presuntuoso e maldestro, con più di un limitante riferimento alle idiosincrasie sclaviane, Dellamorte Dellamore si perde tra filosofia spicciola (le sequenza finale, simbolo di una fuga utopica e irrealizzabile) e inserti (in)volontariamente demenziali; anche la rivisitazione del morto vivente (o “ritornante”), contaminato all'elemento naturale grazie ai trucchi di Sergio Stivaletti, risulta gratuita e pretestuosa. In ogni caso, il personaggio di Gnaghi (interpretato da François Hadji-Lazaro) regala momenti esilaranti e le atmosfere malsane suscitano un fascino ipnotico al quale è difficile sottrarsi. Bella e monoespressiva Anna Falchi; Stefano Masciarelli è il sindaco Scanarotti. Musiche di Manuel De Sica.
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