Un gruppo di studenti attivisti, tra cui la candida Justine (Lorenza Izzo), intraprende una pericolosa missione nel cuore della giungla amazzonica per sensibilizzare il mondo sullo scempio della deforestazione. Raggiunto lo scopo, i ragazzi precipitano a causa di un guasto all'aereo nel nulla della foresta sottostante: ad accoglierli, una violenta tribù di selvaggi cannibali.

A distanza di ben sei anni dall'ultimo lungometraggio (Hostel: Part II, 2007), Eli Roth torna dietro la macchina da presa per omaggiare dichiaratamente un sottogenere cinematografico italiano, il cannibal movie, in voga tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta. Il titolo, che cita esplicitamente il mockumentary incluso nel celebre Cannibal Holocaust (1980) di Ruggero Deodato, lascia presagire quantomeno un recupero citazionista di soluzioni estetiche estreme: speranze vanificate da un aberrante guazzabuglio di banalità e stereotipi, a cominciare da una trama costruita su un abbozzo di satira inerente all'interventismo statunitense, condita da un fastidioso pistolotto sul complottismo che non risparmia nemmeno il cliché dell'11 settembre. A una prima parte lenta, verbosa e inutile segue l'attesa ma deludente esplosione di violenza che, tra defecazioni coatte, demenziali atti masturbatori ed effetti gore poco originali, dimostra l'incapacità, da parte di Roth, di andare al di là dei propri limiti. Pellicola funestata da una mancanza di direzione e di qualsivoglia identità, oltre che da una recitazione al limite dell'amatoriale, sequenze superflue e un ridicolo finale aperto. Soggetto a firma dello stesso Roth, che collabora alla sceneggiatura con Guillermo Amoedo.