Hustle
Hustle
2022
Netflix
Paese
Usa
Genere
Commedia
Durata
117 min.
Formato
Colore
Regista
Jeremiah Zagar
Attori
Adam Sandler
Ben Foster
Robert Duvall
Queen Latifah null
María Botto
Dopo aver scoperto un giocatore eccezionale ma dal passato turbolento, un talent scout del basket (Adam Sandler) in cerca di riscatto decide di convincere il fenomeno sportivo a trasferirsi negli Stati Uniti senza chiedere l'approvazione della squadra. Contro ogni previsione, i due avranno un'ultima occasione per dimostrare di essere all'altezza dell'NBA...
Cinema e sport: un connubio non sempre prerfetto, che tuttavia ha regalato innumerevoli pellicole spaziando sul tema sportivo in senso lato, interessando ogni disciplina e indagando in diverse profondità i soggetti proposti. Seguendo questo filone, Hustle si propone di raccontare una storia che intrecci vita privata e sportiva, un incontro tra due outsiders – ciascuno a suo modo – che coltivano un sogno, una passione che ha nella NBA la meta finale comune: Stanley Sugerman – un sorprendente Adam Sandler – un talent scout dei Philadelphia 76ers che scommette tutto sul giovane Bo Cruz (Juan Hernangómez), un ragazzo che di giorno lavora in cantiere e di notte incanta le folle negli scontri uno contro uno sotto canestro. Prodotto da LeBron James e ambientato nella Philadelphia che fu di Rocky, il film di Jeremiah Zagar immerge lo spettatore portandolo a tutto tondo nel mondo della pallacanestro: a livello superficiale, basterebbe la parata di stelle presenti, a partire dal protagonista, ala grande degli Utah Jazz, passando per Luka Doncic e Anthony Edwards, fino ad arrivare a leggende come Dirk Nowitzki, Allen Iverson, Shaquille O’Neal e Charles Barkley. Presenze non ingombranti e ben gestite da una regia equilibrata, che pone le fondamenta su un intreccio solido, capace di muoversi su due binari principali, percorrendoli in maniera semplice, lineare, ma mai banale: il rapporto tra aspirante coach e un talento da passato burrascoso, che sfocia quasi nella dimensione di maestro/allievo e padre/figlio, ma anche una dimensione più manageriale che tenta di mostrare quel che si nasconde dietro alle carriere dei giocatori dell’NBA. Niente di rivoluzionario, ma una commedia sportiva ben costruita, in cui la vera forza non sta nella ricerca forzata della spettacolarizzazione dell’evento, quanto in un’indagine del background, senza tralasciare l’aspetto emotivo, vero motore che accomuna sport e la settima arte.
Cinema e sport: un connubio non sempre prerfetto, che tuttavia ha regalato innumerevoli pellicole spaziando sul tema sportivo in senso lato, interessando ogni disciplina e indagando in diverse profondità i soggetti proposti. Seguendo questo filone, Hustle si propone di raccontare una storia che intrecci vita privata e sportiva, un incontro tra due outsiders – ciascuno a suo modo – che coltivano un sogno, una passione che ha nella NBA la meta finale comune: Stanley Sugerman – un sorprendente Adam Sandler – un talent scout dei Philadelphia 76ers che scommette tutto sul giovane Bo Cruz (Juan Hernangómez), un ragazzo che di giorno lavora in cantiere e di notte incanta le folle negli scontri uno contro uno sotto canestro. Prodotto da LeBron James e ambientato nella Philadelphia che fu di Rocky, il film di Jeremiah Zagar immerge lo spettatore portandolo a tutto tondo nel mondo della pallacanestro: a livello superficiale, basterebbe la parata di stelle presenti, a partire dal protagonista, ala grande degli Utah Jazz, passando per Luka Doncic e Anthony Edwards, fino ad arrivare a leggende come Dirk Nowitzki, Allen Iverson, Shaquille O’Neal e Charles Barkley. Presenze non ingombranti e ben gestite da una regia equilibrata, che pone le fondamenta su un intreccio solido, capace di muoversi su due binari principali, percorrendoli in maniera semplice, lineare, ma mai banale: il rapporto tra aspirante coach e un talento da passato burrascoso, che sfocia quasi nella dimensione di maestro/allievo e padre/figlio, ma anche una dimensione più manageriale che tenta di mostrare quel che si nasconde dietro alle carriere dei giocatori dell’NBA. Niente di rivoluzionario, ma una commedia sportiva ben costruita, in cui la vera forza non sta nella ricerca forzata della spettacolarizzazione dell’evento, quanto in un’indagine del background, senza tralasciare l’aspetto emotivo, vero motore che accomuna sport e la settima arte.
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