Rana (Silvia D’Amico) e Marti (Daphne Scoccia) decidono di improvvisarsi dogsitter per guadagnare un po’ di soldi extra. Il bulldog francese affidatogli da una ricca signora (Anna Bonaiuto) viene però rapito dal dottor Mopsi (Edoardo Pesce), un sedicente veterinario di origine svedese il quale scatenerà un folle inseguimento nelle periferie romane.

Non manca sicuramente inventiva a Fulvio Risuleo, regista romano premiato più volte a Cannes con i suoi cortometraggi e creatore di quella che può essere considerata la prima serie interattiva prodotta nel nostro paese, Il caso Ziqqurat. Il suo secondo lungometraggio quindi non fa altro che confermare questo identikit di autore emergente e a suo modo innovativo. Con Il colpo del cane egli infatti decide di sfidare quella classicità narrativa che, sempre più spesso sembra rappresentare, più che un’eredità da accogliere, un peso da accettare per i giovani registi italiani. L’idea su cui si basa l’intera pellicola, mutuata da certo cinema postmoderno americano (Tarantino in primis), è quella di un cambio repentino di prospettiva il quale, riavvolgendo il racconto, lo modifica e lo esplicita agli occhi dello spettatore. Se alcuni punti oscuri della vicenda vengono effettivamente resi più chiari, l’effetto generale rimane piuttosto insufficiente. La seconda parte non riesce ad aggiungere senso alla totalità dell’opera, e anzi ne toglie alla prima, la quale diventa sostanzialmente insignificante per la nuova direzione intrapresa. A tutto ciò va aggiunto un finale che, prendendo un’ulteriore via, sembra dimostrare la disunità di un’opera divertente ma profondamente sconnessa, contemporanea ma sgangherata. Neanche le interpretazioni degli attori, coerenti ma troppo poco incisive per questo genere di film, riescono a elevarlo dallo status di esperimento non riuscito.