Il labirinto del silenzio
Im Labyrinth des Schweigens
2014
Paese
Germania
Generi
Drammatico, Storico
Durata
124 min.
Formato
Colore
Regista
Giulio Ricciarelli
Attori
Alexander Fehling
André Szymanski
Friederike Becht
Johannes Krisch
Johann von Bülow
Robert Hunger-Bühler
Francoforte, 1958. Johann Radmann (Alexander Fehling), giovane procuratore che cerca di scalare un importante studio legale, guidato da una soffiata lavora ossessivamente accanto al giornalista Thomas Gnielka (André Szymanski) e a un ebreo sopravvissuto, Simon Kirsch (Johannes Krisch): lo scopo è quello di scoprire le prove che collegano migliaia di soldati delle SS, molti dei quali ora hanno una carriera di successo nel servizio pubblico, alle atrocità commesse ad Auschwitz.
Esordio dietro la macchina da presa di Giulio Ricciarelli (italiano cresciuto in Germania), Il labirinto del silenzio non riesce a sfruttare fino in fondo il suo ricchissimo potenziale. La decisione di raccontare le terribili vicende connesse all’Olocausto, attraverso la parabola di chi per primo ha iniziato a dare la caccia ai responsabili di simili massacri, è sicuramente una scelta tanto coraggiosa e forte quanto ancorata al presente storico; oggi come allora, il silenzio è la strada più comoda e chi combatte per abbattere quel muro di bugie e ipocrisie finisce per rimanere isolato. Nonostante il soggetto sia a dir poco interessante, la pellicola non riesce mai a ingranare come dovrebbe: Ricciarelli gira in maniera scolastica e televisiva, preoccupandosi di accontentare in prima istanza un pubblico il più eterogeneo possibile e finendo così per donare al suo progetto un’estetica elementare e a tratti fastidiosa (fotografia tipicamente retrò, montaggio prevedibile e sceneggiatura più che didascalica). Nella seconda parte il ritmo appare più calzante e vivace, ma non basta per poter nascondere i limiti di una confezione piuttosto stucchevole. Anche il cast si adegua alla resa mediocre della pellicola.
Esordio dietro la macchina da presa di Giulio Ricciarelli (italiano cresciuto in Germania), Il labirinto del silenzio non riesce a sfruttare fino in fondo il suo ricchissimo potenziale. La decisione di raccontare le terribili vicende connesse all’Olocausto, attraverso la parabola di chi per primo ha iniziato a dare la caccia ai responsabili di simili massacri, è sicuramente una scelta tanto coraggiosa e forte quanto ancorata al presente storico; oggi come allora, il silenzio è la strada più comoda e chi combatte per abbattere quel muro di bugie e ipocrisie finisce per rimanere isolato. Nonostante il soggetto sia a dir poco interessante, la pellicola non riesce mai a ingranare come dovrebbe: Ricciarelli gira in maniera scolastica e televisiva, preoccupandosi di accontentare in prima istanza un pubblico il più eterogeneo possibile e finendo così per donare al suo progetto un’estetica elementare e a tratti fastidiosa (fotografia tipicamente retrò, montaggio prevedibile e sceneggiatura più che didascalica). Nella seconda parte il ritmo appare più calzante e vivace, ma non basta per poter nascondere i limiti di una confezione piuttosto stucchevole. Anche il cast si adegua alla resa mediocre della pellicola.
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