I figli degli altri
Les enfants des autres
2022
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Rebecca Zlotowski
Attori
Virginie Efira
Roschdy Zem
Chiara Mastroianni
Callie Ferreira-Goncalves
Frederick Wiseman
Rachel (Virginie Efira) è una donna di quarant’anni, senza figli. Ama la sua vita: gli studenti del liceo in cui insegna, gli amici, il suo ex, le lezioni di chitarra. Quando si innamora di Ali (Roschdy Zem), stringe un legame profondo anche con Leila, la figlia di quattro anni dell’uomo.
Parte da un tema forte e non semplice da trattare Rebecca Zlotowski, regista francese arrivata al suo quinto lungometraggio, che prende ispirazione direttamente da un’esperienza che ha vissuto per questo suo lavoro. Al centro c’è una quarantenne senza figli che si innamora di un padre single e, mentre cerca di trovare spazio nella famiglia dell’uomo, incomincia a sentire il desiderio di avere una famiglia sua: la base narrativa è credibile, sentita e importante, ma l’autrice dimostra una carenza di idee impressionante su come riuscire a raccontarla al meglio. È quasi sempre presente un tappeto musicale in questo film in cui l’autrice sembra non farcela con le sole parole per provare a emozionare come vorrebbe: la regia è essenziale solo in apparenza, ma invece costantemente attraversata da scelte irritanti, a partire dai costanti mascherini circolari che vogliono fare tanto nouvelle vague (così come la presenza dei luoghi simbolo di Parigi fin dai primi minuti) ma che finiscono soltanto per dimostrare una pochezza stilistica non accettabile. Se il “cosa” di questo film è sempre interessante, è il “come” a risultare quasi sempre sbagliato, anche a causa di dialoghi eccessivamente studiati a tavolino. Si salva l’ottima prova di Virginie Efira, mentre il resto del cast non è all’altezza. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
Parte da un tema forte e non semplice da trattare Rebecca Zlotowski, regista francese arrivata al suo quinto lungometraggio, che prende ispirazione direttamente da un’esperienza che ha vissuto per questo suo lavoro. Al centro c’è una quarantenne senza figli che si innamora di un padre single e, mentre cerca di trovare spazio nella famiglia dell’uomo, incomincia a sentire il desiderio di avere una famiglia sua: la base narrativa è credibile, sentita e importante, ma l’autrice dimostra una carenza di idee impressionante su come riuscire a raccontarla al meglio. È quasi sempre presente un tappeto musicale in questo film in cui l’autrice sembra non farcela con le sole parole per provare a emozionare come vorrebbe: la regia è essenziale solo in apparenza, ma invece costantemente attraversata da scelte irritanti, a partire dai costanti mascherini circolari che vogliono fare tanto nouvelle vague (così come la presenza dei luoghi simbolo di Parigi fin dai primi minuti) ma che finiscono soltanto per dimostrare una pochezza stilistica non accettabile. Se il “cosa” di questo film è sempre interessante, è il “come” a risultare quasi sempre sbagliato, anche a causa di dialoghi eccessivamente studiati a tavolino. Si salva l’ottima prova di Virginie Efira, mentre il resto del cast non è all’altezza. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia.
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