Luce
2024
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
95 min.
Formato
Colore
Registi
Silvia Luzi
Luca Bellino
Attore
Marianna Fontana
Durante una festa di famiglia, una ragazza (Marianna Fontana) si trova di fronte un drone e le nasce un’idea. Attraverso quell’oggetto potrà contattare il padre che è in carcere da diversi anni.
Nasce da un’idea potente Luce, secondo film di Silvia Luzi e Luca Bellino dopo Il cratere del 2017. Alla base c’è infatti un rapporto padre-figlia di grande forza, (ri)creato unicamente attraverso due voci che si parlano al telefono, mentre i rispettivi corpi si trovano in luoghi tanto simili quanto diversi: il carcere da un lato e una fabbrica dall’altro. Si sente quanto quest’ultimo sia l’universo, sociale e claustrofobico, su cui si concentra la cinepresa dei due registi, sempre attenti a stare vicinissimi alla protagonista interpretata da Marianna Fontana, per cercare di cogliere ogni sfumatura della sua notevole recitazione. Luce è un racconto di una (doppia) solitudine che si muove in maniera interessante sul confine tra realtà e finzione, verità e fantasia, rimanendo saggiamente ambiguo per quasi tutta la durata. Ed è per tutte queste basi che è davvero un peccato notare di come tante idee vadano a sfumare sempre più col passare dei minuti, fino a raggiungere un finale decisamente non all’altezza delle aspettative. Anche inizialmente il film fatica un po’ a carburare, ma poi cresce senza però riuscire mai a elevarsi del tutto. Qualche guizzo in più avrebbe giovato a un prodotto che finisce per risultare un po’ troppo altalenante, nonostante qualche dialogo sia scritto molto bene e ci sia spazio anche per alcuni passaggi toccanti al punto giusto. Presentato in concorso al Locarno Film Festival.
Nasce da un’idea potente Luce, secondo film di Silvia Luzi e Luca Bellino dopo Il cratere del 2017. Alla base c’è infatti un rapporto padre-figlia di grande forza, (ri)creato unicamente attraverso due voci che si parlano al telefono, mentre i rispettivi corpi si trovano in luoghi tanto simili quanto diversi: il carcere da un lato e una fabbrica dall’altro. Si sente quanto quest’ultimo sia l’universo, sociale e claustrofobico, su cui si concentra la cinepresa dei due registi, sempre attenti a stare vicinissimi alla protagonista interpretata da Marianna Fontana, per cercare di cogliere ogni sfumatura della sua notevole recitazione. Luce è un racconto di una (doppia) solitudine che si muove in maniera interessante sul confine tra realtà e finzione, verità e fantasia, rimanendo saggiamente ambiguo per quasi tutta la durata. Ed è per tutte queste basi che è davvero un peccato notare di come tante idee vadano a sfumare sempre più col passare dei minuti, fino a raggiungere un finale decisamente non all’altezza delle aspettative. Anche inizialmente il film fatica un po’ a carburare, ma poi cresce senza però riuscire mai a elevarsi del tutto. Qualche guizzo in più avrebbe giovato a un prodotto che finisce per risultare un po’ troppo altalenante, nonostante qualche dialogo sia scritto molto bene e ci sia spazio anche per alcuni passaggi toccanti al punto giusto. Presentato in concorso al Locarno Film Festival.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare