Cesare (Luigi Lo Cascio) è un passeur, uno dei più bravi in circolazione. Per la conoscenza dell'antica arte di chi attraversa le impervie vallate alpine è cercato da criminali, che ne richiedono le prestazioni, ed è ricercato dalla legge, sempre sulle sue tracce. Quando esce di galera, dopo essersi rifiutato di parlare, trova il cadavere dell'amico e rivale Fausto ed è fermamente intenzionato a scoprire cosa sia successo.
Opera prima di finzione del documentarista Nicola Bellucci, Il mangiatore di pietre evidenzia a chiare lettere la vocazione e le dinamiche stilistiche tipiche del cinema del reale, da cui viene mutuato un approccio alla narrazione scarno e asettico, con punte di gelida e congelata intransigenza. Inoltrandosi coi piedi di piombo e con passo fermo e serafico nel confine tra Svizzera, Italia e Francia, oltre che con una manifesta tendenza a lavorare sulla superficie di immagini spoglie e fermissime, Il mangiatore di pietre, per quanto ancorato a buone e interessanti premesse, disperde praticamente tutto il suo potenziale nell’andamento troppo stitico di un racconto sincopato e col freno a mano tirato. La sensazione, man mano che le azioni si giustappongono senza troppa attenzione ai nessi di causa ed effetto, è che il manierismo della confezione e il supposto rigore rappresentino un alibi per coprire, senza troppa fortuna, un’inequivocabile assenza di spunti o guizzi degni di nota, eccezion fatta per una labile riflessione sull’attraversamento dei confini che rimane comunque abbozzata e proposta, un po’ come tutta l’operazione, più in potenza che in atto. Nel cast Vincenzo Crea, interessante e giovane nuovo volto del cinema italiano già visto ne I figli della notte (2016) di Andrea De Sica e Il primo re (2019) di Matteo Rovere. Piccola ma significativa parte per Elena Radonicich.