Muna Moto
Muna Moto
1975
Paese
Camerun
Generi
Sentimentale, Drammatico
Durata
89 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Jean-Pierre Dikongué Pipa
Attori
Philippe Abia
Arlette Din Beli
Ngando (Philippe Abia) e Ndom’e (Arlette Din Beli) si amano e vorrebbero sposarsi. Lo zio di lui, invece di offrirgli la dote che gli spetta, decide di convolare lui stesso a nozze con la ragazza, nella speranza di avere un figlio che non è riuscito a concepire con le sue altre quattro mogli.
Il regista camerunense Jean-Pierre Dikongué Pipa dirige il primo lungometraggio prodotto nel suo Paese, scegliendo un’opera che mescola con maestria temi universali con il contesto sociale locale. Il tema della poligamia viene inserito all’interno di un dramma di stampo shakespeariano dove l’amore di due giovani viene ignorato e combattuto dalle famiglie che prediligono l’utilitarismo ai sentimenti. La tragedia non arriva però con una resa dei conti sanguinolenta, ma con la riconferma dello status quo, all’apparenza inamovibile e ineluttabile. Il risultato è un sentito e rabbioso monumento visivo al senso d’impotenza, acuito dallo scontro tra due generazioni che non riescono a comunicare. Il regista racconta con realismo le tradizioni del Camerun, ma utilizza anche uno stile narrativo che sa destreggiarsi pure su terreni più sperimentali. Bellissima la colonna sonora e splendido bianco e nero, che non fanno che aumentare il fascino di un film intenso e urgente, allora come oggi. Buone anche le interpretazioni dei protagonisti, dal cui corpo Dikongué Pipa sa evocare grande sensualità nelle (poche) scene di idillio romantico. Primo premio al Festival di Ouagadougou e Tanit d’argento alle Giornate di Cartagine.
Il regista camerunense Jean-Pierre Dikongué Pipa dirige il primo lungometraggio prodotto nel suo Paese, scegliendo un’opera che mescola con maestria temi universali con il contesto sociale locale. Il tema della poligamia viene inserito all’interno di un dramma di stampo shakespeariano dove l’amore di due giovani viene ignorato e combattuto dalle famiglie che prediligono l’utilitarismo ai sentimenti. La tragedia non arriva però con una resa dei conti sanguinolenta, ma con la riconferma dello status quo, all’apparenza inamovibile e ineluttabile. Il risultato è un sentito e rabbioso monumento visivo al senso d’impotenza, acuito dallo scontro tra due generazioni che non riescono a comunicare. Il regista racconta con realismo le tradizioni del Camerun, ma utilizza anche uno stile narrativo che sa destreggiarsi pure su terreni più sperimentali. Bellissima la colonna sonora e splendido bianco e nero, che non fanno che aumentare il fascino di un film intenso e urgente, allora come oggi. Buone anche le interpretazioni dei protagonisti, dal cui corpo Dikongué Pipa sa evocare grande sensualità nelle (poche) scene di idillio romantico. Primo premio al Festival di Ouagadougou e Tanit d’argento alle Giornate di Cartagine.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare